Parlando de La Sfera trattiamo di un progetto multiforme nato ormai già da qualche anno e che arriva a noi nel 2013, con questo Where man breaks: uscito giusto il 22 ottobre, quindi veramente fresco di stampa. Comincerò dicendo che, contrariamente a quanto ci si attende solitamente da qualunque band esuli dal seminato del rock tradizionale, La Sfera non mi sembra avere la pretesa di voler inventare nulla: dalla prima “Sixther”, i “nostri” sembrano più aver fatto tesoro di quanto ascoltato e metabolizzato nel corso della loro (giovane) vita artistica. Se qualcuno mi costringesse gioco forza ad avere un rimando, esclamerei non senza qualche esitazione “Porcupine Tree!”, ma sarebbe evidentemente una semplificazione dettata più dalla costrizione (appunto) che da una ferma convinzione.
Già dalla successiva “First sunrise” le carte vanno sparigliandosi sul tavolo, donando al disco un sapore comunque greve, quasi underground, che non tutti i gruppi – per così dire – “metal” dimostrano di avere, quanto piuttosto rifuggire a gambe levate non si sa bene per quale insano timore. “Oh mother” ha il riff assassino che tutti vorremmo – almeno una volta nella vita – scrivere senza disdegnare quella giusta dose di melodia che prevale, nel sound de La Sfera, sia nelle linee vocali che negli arrangiamenti veri e propri. La parte più introspettiva e per certi versi minimalista è affidata al duo “A key for me” – “Their path”, prima che la seguente “D-Kado” dia modo all’ascoltatore di sedersi con fermezza onde evitare di cadere a terra vittima dei tanti stop and go presenti in questo strumentale. “Predictable nature” parte tronfia per poi affidarsi praticamente alla sola sezione ritmica, lasciando che Daniel Pucci vi costruisca sopra tele di armonia che i suoi sodali provvedono sapientemente a disfare e ricomporre in una lotta dal sapore vagamente post-rock; sulla stessa lunghezza d’onda anche “Kado”, penultimo brano, che introduce la conclusiva “A gray sky”: un commiato – per ora – dovuto ma tutt’altro che prevedibile, cadenzato da un piano-voce leggiadro in continuo crescendo verso l’estasi finale, di quello che possiamo – in tutta semplicità – definire un esordio più che convincente.
Valerio Cesari
(RadioRock/L’Urlo/Il Fatto Quotidiano)