– di Giacomo Daneluzzo –
Giovanni Cerrati, in arte Vipra, classe 1992, inizia il suo percorso nel mondo della musica come rapper con il nome di Varna Vipra, con cui partecipa a gare di freestyle e pubblica l’EP B-boysmi, nel 2011. In seguito forma il gruppo Vangarella Country Club, più vicino al mondo dell’indie pop, esperienza a cui segue la nascita del trio Sxrrxwland, con cui tra il 2017 e il 2019 pubblica diversi singoli e due EP. Nel 2020 pubblica il suo primo singolo da solista, “Ragazzino”, cui seguono altri singoli che anticipano il suo album d’esordio, Simpatico, solare, in cerca di amicizie, che esce il 28 maggio 2021 – e che ho recensito per ExitWell qui. L’ho intervistato per approfondire questo nuovo capitolo del suo percorso artistico e la sua storia personale e professionale.
Ciao, Giovanni! Piacere di conoscerti. So che hai scritto anche tu per ExitWell, un tempo…
Sì, ho scritto per ExitWell! È passato un po’ di tempo, il rap non andava ancora di moda, per dire, ma ricordo un’intervista a un live dei Pop X: erano completamente ubriachi, io ero un ragazzino fissato, mi piacevano un sacco e facevo domande del tipo: «Siete stati influenzati da questa cosa?» e loro rispondevano: «Eh, non lo so…». Bel periodo. Non avevo idea di come si facesse un’intervista, ma bazzicavo l’ambiente musicale e facevo qualche recensione di dischi che uscivano.
Che effetto fa essere “dall’altra parte”?
Magari capiterà pure a te, tra cinque anni farai musica e t’intervisterà un ragazzo che scrive su ExitWell… Guarda, in realtà sia per la conoscenza della testata che per il fatto che ho sempre avuto a che fare con il giornalismo musicale, l’ho fatto un po’, anche in radio all’università, sono piuttosto a mio agio. Su alcuni modi di fare giornalismo musicale sono sempre stato un po’ critico, perché quella funzione che a volte ha di semplice ripresa di una notizia non mi piace. Per me scrivere un articolo è fare qualcosa che può essere divertente o interessante per qualcuno che lo legge. E mi rendo conto anche che sia un mondo che è cambiato un sacco, ma con ExitWell ho una certa familiarità, mi fa un effetto bello, come rivedermi con un amico che non vedo da tanto tempo!
Io ero tra i molti dispiaciuti per la fine del progetto Sxrrxwland e mi ha fatto molto piacere vedere che Osore figura tra i produttori di Simpatico, solare, in cerca di amicizie. Com’è avere questo progetto solista, rispetto al lavoro di gruppo? Che differenze ci sono?
Come tengo a sottolineare noi non abbiamo deciso di stoppare il progetto perché non volevamo più fare musica insieme né niente del genere. Per esempio un tuo collega di Deer Waves [Sebastiano Orgnacco, che non conosco ma che è un ottimo autore e che saluto, ndr] una volta ha fatto quest’attacco di un articolo che diceva che i Sxrrxwland non se ne sono mai andati ma si fanno i cazzi loro finché non avranno qualcosa di nuovo da dire, che mi sembra la sintesi migliore, che ha centrato meglio il punto. Gli altri ragazzi del progetto volevano dedicarsi ad altre cose su cui stavano lavorando, che usciranno prossimamente, io volevo continuare a fare musica e abbiamo deciso di collaborare reciprocamente ai nostri progetti, com’è stato. Per quanto riguarda il progetto solista io ho sempre fatto tutto con altra gente, mi è sempre piaciuto dividere l’attenzione del pubblico con altri, come accadeva con i Sxrrxwland: io cantavo, ma eravamo tutt’e tre sul palco, alla stessa distanza dal pubblico. È un effetto un po’ strano, perché mettendoti davanti sei più esposto. Anche se ci sono altre persone che hanno lavorato al progetto la faccia la metti tu, in copertina ci sei tu e sul disco non c’è scritto “Vipra e i suoi amici”, ma “Vipra”. Da quel punto di vista dà la sensazione di essere meno coperto. Però ti dico anche che alla tenera età di ventott’anni mi sento di dire: «È quello che volevo fare, va bene». Una volta che hai avuto tutto questo supporto ti senti comunque le spalle abbastanza coperte: altre persone hanno partecipato al progetto, l’apprezzano e sono contente del risultato finale, quindi non è come fare tutto da solo, anche se tu stai davanti. Non è così diverso da prima, dai.
Mi sembra che ci sia stata una crescita a livello di scrittura. La tua scrittura è sempre stata piuttosto riconoscibile in questo disco mi sembra che parli più di te, come individuo.
Indubbiamente quando avevo un gruppo non parlavo di me: volevamo comunicare con una sorta di voce unita, anche dal punto di vista dell’immagine, la mia personalità insieme a quella di altre due persone. Ho chiamato il disco Simpatico, solare, in cerca di amicizie perché volevo parlare, seppure con un’ironia e un sarcasmo di fondo, di ciò che sono io, che in questo caso sono in primo piano. È un disco molto ironico e molto sarcastico, ma parla soprattutto di me, di come vedo il mondo. Non so se parlerei di crescita ma sicuramente di cambiamento: è uno sguardo più personale.
Questa risposta mi fa pensare a come questo disco rifletta il tuo sguardo sul mondo e sulle cose: negli ultimi anni c’è stato uno spostamento del focus dallo “straordinario” al “quotidiano”, nella scena musicale, e mi sembra che i tuoi testi, pur essendo molto in linea con il modello contemporaneo e ci siano riferimenti al quotidiani, esprimano uno sguardo comunque pronto a cogliere lo straordinario dalla realtà che ci circonda.
Io ho sempre pensato che la straordinarietà delle cose sia una cosa molto incidentale: è molto fugace, molto breve, e vale la pena di intercettarlo finché dura, se riesci a catturarla in un testo ben venga, ma cercare di forzarla e di “esagerarla” non mi appartiene. C’è una scuola di pensiero che va in questa direzione di rendere il più possibile straordinario e bello ciò che appartiene alla quotidianità, ma a me è sempre piaciuto quel modo di riportare la quotidianità nel modo più crudo e forse anche meno poetico possibile, proprio perché in questa forma documentaristica uno può cogliere qualcosa che senza nessun trucco particolare, senza nessuna coincidenza particolare, può risultare comunque molto bello. Penso che ci siano degli istanti di bellezza e straordinarietà in ogni cosa, ma non c’è bisogno di tirarli fuori e renderli il centro della propria scrittura.
In questo mi è sembrata molto azzeccata la scelta delle collaborazioni: Margherita Vicario, Fulminacci e cmqmartina sono artisti molto eterogenei, legati a mio parere dall’essere in controcorrente, per certi versi, rispetto alla tendenza maggioritaria.
Tranne gli PSICOLOGI, con cui c’è un rapporto di amicizia da un po’ di tempo, gli altri non li conoscevo di persona: ascoltando le loro canzoni sono riuscito a intercettare la linea dei vari artisti e sapevo che artista andare a cercare per ogni traccia, quindi ho scritto a ognuno di loro e c’è stata un’affinità, una simmetria di pensiero. Sono molto contento di poter dire che grazie a questo disco ho iniziato tre rapporti di amicizia con tre persone che non conoscevo.
Per quanto riguarda le produzioni anche queste sono estremamente variegate, c’è spazio per vari generi. Quali sono stati i tuoi riferimenti all’interno di questa ricerca sul suono?
Io mi sono sempre diviso tra rock e la black music (rap ma anche r’n’b e soul), i generi che ascolto fin da piccolo. Recentemente, sentendo come si è evoluto il gusto in altri paesi, ho trovato degli artisti che stavano sperimentando molto con i generi, senza fossilizzarsi. A me piace moltissimo Dominic Fike, un artista super talentuoso “scoperto” dai BROCKHAMPTON, un collettivo che è sicuramente tra i riferimenti del disco e che potremmo definire hip hop, ma se vai a sentire dischi come SATURATION ti accorgi che non sono strettamente legati a un genere. Nella scrittura invece Joji, che mi piace un sacco per come riesce a comunicare con linearità delle cose interessanti, come accade sia nell’EP In Tongues che negli album BALLADS 1 o Nectar, l’ultimo; mi interessa anche e soprattutto il modo in cui utilizza la musicalità nelle singole parole. E poi Oliver Tree, che mi piace moltissimo: ha la mia età e il suo secondo disco, Ugly Is Beautiful, album interessantissimo, è uscito l’anno scorso, imponendosi in un momento in cui l’interesse sembrava essere su tutt’altro genere; mi ha fatto pensare: «Voglio fare anch’io una cosa “diversa” che può essere interessante per gli altri». Loro tre mi hanno influenzato molto in Simpatico, solare, in cerca di amicizie.
Quindi comunque guardi più all’estero, giusto?
Sì, mi rendo conto che le realtà underground in Italia sono sempre poche, piccole; è un mondo che in Italia fa un po’ fatica a fiorire e a prosperare. Te lo dico anche dal punto di vista di uno che ha fatto i Sxrrxwland, un progetto underground che è andato bene ma forse meno di come sarebbero potuti andare in un altro paese. Joji è un artista mainstream (magari non in Italia, ma nel mondo sì), però già Dominic Five e Oliver Tree, ma anche gli stessi BROCKHAMPTON, sono artisti underground ma con un pubblico molto più ampio, con numeri molto più grandi. Penso a progetti come quelli di IC3PEAK o Tommy Cash, artisti dell’est che non sono affatto mainstream, ma hanno numeri da mainstream. Quindi anche solo per una questione numerica è più facile trovare spunti fuori dall’Italia.
Con le domande abbiamo finito, vuoi aggiungere qualcosa?
Sono contento di aver ritrovato ExitWell, sono felice che continui a fare roba, perché ci sono tante realtà di cui ho fatto parte che sono finite, invece trovarvi che state bene mi fa molto piacere. Vedo che c’è un cambiamento, soprattutto in Italia, all’occhio con cui si guarda alla musica; penso alla vittoria dei Måneskin all’Eurovision e alla conseguente attenzione che hanno avuto da un panorama musicale che si muove su altri generi. Questo mi fa pensare che ci sarà ulteriore cambiamento nel prossimo futuro, cosa di cui sono molto contento. Spero che il mio disco possa collocarsi in un momento del genere, anche in una realtà che a volte può apparire provinciale come quella italiana.
Grazie, Giovanni, è stato un piacere chiacchierare con te! Quando pubblico il mio disco allora m’intervisti tu per ExitWell, ok?
Assolutamente! Piacere mio, buona giornata e buon lavoro. Ciao!