Uscito il 12 aprile per Panico Dischi e Dischi Sotterranei, l’esordio di Gaia Morelli è l’inizio di una nuova vita artistica.
– di Roberto Callipari -–
Lasciatasi alle spalle l’esperienza dei Baobab!, Gaia Morelli con La natura delle cose crea un nuovo mondo immaginifico e lontano, ma comunque ben piantato nella realtà. Il nuovo album, infatti, trasuda vita, nelle sue luci quanto nelle sue ombre, ed è in grado di mostrare in maniera ampia le sfaccettature di una personalità artistica che ha abbracciato quella umana, in un percorso musicale che è, in realtà, quasi un lavoro di autoanalisi, rievocazione di luoghi, persone e momenti che, chiaramente, intuitivamente, sono stati importanti nella vita di Gaia.
Per un disco così intimo un suono solo non basta. Anche se è chiaro che non siamo davanti a un lavoro con una gamma sonora così ampia (la palette è comunque una e ben definita), è altrettanto evidente come ci sia uno studio dietro alle soluzioni, oltre che alla ricerca del suono e del genere. Non credo che si inizi a fare musica con la consapevolezza o la certezza di fare un certo genere: chiaramente l’idea, l’ispirazione, delle reference di massima ci saranno sempre e altro non potrebbe essere, ma al tempo stesso non credo che Gaia Morelli, all’inizio di questo viaggio, proprio come per le lyrics, fosse totalmente cosciente del percorso che stava intraprendendo. Ed è un bene.
È un bene soprattutto perché gli arrangiamenti sono molto suonati e non troppo prodotti, che può essere letto come una ricerca andata avanti per lungo tempo, magari in sala prove con la band che l’ha affiancata in questo lavoro; è un bene, anche perché questo le ha dato una libertà palese in tutto quello che è stato il vagare nella sua testa prima di arrivare a chiudere La natura delle cose, dandole modo magari di scoprire alcuni angoli della mente rimasti in ombra per parecchio tempo, dando modo a noi di avere un mondo più ampio nel quale girare, potendoci perdere nel nostro vagare tra una traccia e l’altra.
La natura delle cose è uno dei pochi dischi di recente uscita capitato in questi canali (le mie cuffie, e se il campione in esame risulta esageratamente ridotto o fazioso chiedo scusa fin da subito) che mi senta di chiamare autenticamente indie. È stato chiaro, fin da subito, che l’orizzonte al quale rifarsi era quello, e se l’indie non è un genere ma un’attitudine, allora Gaia Morelli quest’attitudine ce l’ha e la sa sintetizzare in un suono perfettamente identificativo di qualcosa, qualsiasi cosa essa sia. Le chitarre scombinate e scomposte, la voce difficilmente avanti nel mix (preferendo quindi un mix dal sapore più internazionale) che magari alle volte dice anche qualcosa difficilmente intelligibile, una parte ritmica presente e forte, ma che non suona in maniera artificiosamente perfetta, tutto ci riporta a un’atmosfera musica di rock indipendente molto poco nostrano e molto più lontano dai nostri confini, con qualche rara eccezione sparsa qua e là (leggi alla voce Rareş con il suo Curriculim Vitae, per esempio), a riconferma di come, quando si vuole, riusciamo a fare bene anche cose così diverse da quelle che più sembrano appartenerci.
Nella sua totalità, La natura delle cose è un album riuscito, nella dimensione in cui riesce ad adempiere al suo compito, ovvero quello di creare un ponte. La musica, e a volte ci si dimentica questo particolare, che forse dovremmo tenere più spesso a mente, non è solo intrattenimento fine a se stesso, divertissement (anche se è importante che esista anche questo aspetto), ma è anche e fortemente un modo di comunicare e di esprimersi, un modo per accorciare le distanze e avvicinare le persone, anche quando sono lontane chilometri o anni. Gaia Morelli in questo è riuscita molto bene, non tanto perché sapeva cosa dire, ma perché sapeva come dirlo, sapeva quale sarebbe stato il modo migliore per dare questa notizia e per far sì che arrivasse nel modo migliore. O forse nemmeno lo sapeva, forse ha solo “fatto“, ma l’ha fatto nel modo giusto.
La natura delle cose allora va ascoltato, se vi va anche abbracciato e, proprio come si farebbe con un buon vino, gli va dato il tempo di depositarsi, nelle orecchie quanto nella mente e nei cuori, concedendogli lo spazio per esprimere al meglio tutto il suo potenziale, qualunque esso sia. Il tutto riporta a una dimensione molto naturale, una visione molto umana del mondo nella quale dovremmo tutti imparare ad aspettare, ogni tanto, a coltivare un universo interiore che, alle volte, ha solo bisogno di trovare il modo di esprimersi al meglio.