– di Riccardo De Stefano e Martina Zaralli –
È nei momenti di tensioni, di lotte per la parità e di difficoltà sociali che c’è più bisogno di voci forti, capaci di farsi sentire in alto e di arrivare a tutte le persone in difficoltà.
È quello che sta cercando di fare EQUALY, una community composta da cantautrici, interpreti, musiciste, producer, foniche, tour manager, direttrici di produzione, addette stampa, promoter, a&r, legal, product manager, licensing manager, studentesse che vogliono unirsi per fare rete e per far sentire la loro voce contro la discriminazione di genere.
La community è la naturale evoluzione, tutta Made in Italy, di shesaid.so, arrivata in Italia alcuni anni fa e oggi autonoma e indipendente.
L’obiettivo è quello di sensibilizzare il mondo dei professionisti – ma non solo – sul ruolo che le donne hanno in questo momento nella musica italiana.
Il 9 settembre Equaly ha aperto la campagna di adesione che permette di entrare a far parte della rete, sottoscrivere il manifesto e ricevere aggiornamenti su ogni iniziativa. Per maggiori informazioni potete andare sul sito di Equaly .
Abbiamo parlato con Equaly di com’è la situazione in Italia oggi e di quanto ancora si può, anzi si deve fare, per migliorare l’ambiente musicale. E non solo.
Da shesaid.so a Equaly, solo un cambio di nome o anche un cambio di direzione?
Senz’altro un cambio di direzione. Dopo qualche anno di sviluppo della community di shesaid.so in Italia, nel 2021 tutto il direttivo ha deciso di creare EQUALY, una nuova realtà autonoma e indipendente che si concentra principalmente sulle dinamiche e le problematiche del music business italiano, molto diverso ad esempio da quello americano per struttura, fatturato e cultura.
EQUALY è nata proprio per rispondere all’esigenza di raggiungimento della parità in Italia.
Disparità di genere nella musica: in che modo vengono “raccontate” e mostrate le musiciste rispetto gli uomini? Qual è la percezione comune intorno le artiste in Italia?
Viviamo in un Paese in cui la cultura patriarcale è ancora dominante e racconta gli esseri femminili come figure ancillari, decorative e funzionali; questo sistema permea qualsiasi ambito della nostra società, e la musica non fa eccezione.
Le artiste sono sempre state raccontate a partire dal loro aspetto fisico, nessuna esclusa, cosa che per gli artisti e i musicisti viene fatta molto raramente. Esiste un pregiudizio cognitivo per cui se un brano è scritto e/o cantato da una donna gli si attribuisce un valore immediatamente inferiore; si ritiene che le artiste siano un genere musicale a sé, che siano relegate al ruolo di interprete, che nei loro brani raccontino un punto di vista parziale e non universale (come è invece considerato quello maschile). Questo accade in tutte le arti, non solo nella musica. Quante volte abbiamo pensato o sentito dire l’espressione “per essere una donna è brava!” o “è brava come un uomo”?.
La realtà dei numeri dà ragione a tutto questo: “Se guardiamo alla classifica del 2019 [le donne] non sono presenti nella top-ten (1 donna è Elisa al 18° posto) [Dati FIMI 2019]. Se guardiamo alle incisioni complessive la forbice è innegabile: 91,85% di brani maschili contro l’8,15% di brani femminili [dati IMAIE 2020]”
(fonte: Micalizzi A (2021). #Womeninmusic. Una ricerca esplorativa sul ruolo delle donne nell’industria musicale italiana.)
Verrebbe da dire, come dichiarato da Michela Murgia “o le donne cantano peggio degli uomini o qualcuno ne è convinto”.
Negli ultimi anni grazie alla nuova ondata di femminismo le cose stanno migliorando e alle artiste è permesso anche non essere considerate belle o sexy, si comincia ad ascoltare quello che dicono o scrivono, ma abbiamo ancora moltissima strada da fare.
Lavorare nella musica, dietro le quinte, quali sono i numeri e le percentuali delle donne nel settore musicale?
Non ci sono studi che prendano in considerazione solo le donne che lavorano dietro le quinte ma possiamo dire che, parlando delle aziende del settore, la presenza femminile in termini numerici non è tanto distante da quella maschile, a saltare all’occhio sono il tipo di mansione e la differenza del livello di responsabilità tra ruoli ricoperti da maschi e femmine.
Parlando di job description, alle donne che lavorano dietro le quinte sono riservati nella maggior parte dei casi ruoli minori, di middle-management o prettamente operativi. Ci sono poi delle vere e proprie attività considerate “femminili” come la promozione, il marketing, la comunicazione, l’ufficio stampa e le attività amministrative di back office. Di fatto le donne sono escluse quasi sempre da ruoli artistici o di management.
Parlando invece di livello di responsabilità, la percentuale di donne che ricoprono ruoli dirigenziali è davvero molto bassa, lontanissima da un equilibrio numerico.
Tra le diverse professioni della musica, dove si registrano le maggiori difficoltà? Perché?
All’interno degli “uffici” della musica, come dicevamo ci sono poche figure femminili che ricoprono ruoli dirigenziali e che (e non è un dettaglio) lo facciano favorendo un riequilibrio dei ruoli e scardinando quei meccanismi che hanno portato a questa disparità.
C’è poi una grande difficoltà per le donne a ricoprire ruoli tecnici (tecniche del suono, luciste ecc.) e, fatta esclusione per le cantanti, prettamente musicali come autrici, strumentiste, sound designer, producer ecc.
Nel primo caso si tratta sempre del solito motivo, ovvero che alle donne è automaticamente assegnato un ruolo operativo e funzionale ma raramente decisionale, non vengono proprio prese in considerazione e non si vogliono cambiare le regole del lavoro, che al momento sembrano rispondere solo alle esigenze della popolazione maschile, non tenendo conto della flessibilità che tutto il lavoro domestico e di cura richiede per accudire bambini/e e anziani/e. Questo, il gender pay gap (per cui in Italia le donne sono pagate in media il 12% in meno rispetto ai colleghi maschi che ricoprono lo stesso ruolo) e il soffitto di cristallo creano la situazione attuale.
Nel secondo caso, a questi fattori si aggiunge la difficoltà di accesso da parte delle bambine e delle ragazze allo studio delle cosiddette materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e degli strumenti musicali non come semplice hobby ma per farne una vera e propria professione. Anche qui, pensiamo a quante volte abbiamo sentito pronunciare frasi come “essendo una donna io di computer non ci capisco niente”
Negli ultimi anni diverse volte sono usciti fuori casi in cui professioniste sono state trattate diversamente, a volte insultate e persino molestate, denotando un malessere interno all’ambiente di cui spesso non si sente parlare. Cosa si può fare a riguardo?
Parlarne, parlarne, parlarne e ancora parlarne. Noi ci siamo sempre per ascoltare storie, per offrire un luogo sicuro a tutte quelle donne che hanno subito casi di mobbing o molestie. Nei nostri incontri negli anni passati e in questo nuovo corso di Equaly abbiamo raccolto tante storie, alcune anche molto tristi; alcune donne non ne parlano con nessuno perché hanno paura di ritorsioni, perché si vergognano o perché pensano di essere addirittura giudicate male. Allo stesso tempo, poi, è importante portare avanti corsi di formazione costanti per professionisti e professioniste che permettano di capire il perché certi atteggiamenti non sono l’espressione della “natura maschile” ma aggressioni, perché certe frasi non sono “battute” ma molestie e perché le parole non sono solo parole ma lo specchio di un pensiero, consapevole o inconsapevole, che porta alla fine dei conti a prendere delle decisioni discriminatorie.
Cosa dovrebbe quindi significare la parola “inclusione” nella società del 2021?
inclusione dovrebbe significare la comprensione della realtà per com’è davvero, del fatto che le diversità sono infinite e che, per questo motivo, sia profondamente ingiusto e poco utile che le decisioni in tutti i campi (artistico, politico, finanziario ecc.) siano nelle mani di un club molto ristretto che, per forza di cose, penserà prima di tutto ai propri interessi.
Quali sono gli strumenti più efficaci per aumentare consapevolezza intorno al gender gap? Che azioni pensate di mettere in campo?
La consapevolezza si aumenta con la condivisione delle esperienze e delle conoscenze, con la formazione, con la creazione di un senso comune che favorisca la presa di coscienza che questo sistema dà alle donne pochi vantaggi e molti svantaggi. Anche per gli uomini non è solo rosa e fiori e sempre più ragazzi se ne stanno accorgendo.
EQUALY lavora proprio su questo, sulla creazione di una community che dia un senso di appartenenza, sulla formazione specifica su temi di music business, su programmi di mentoring tra professioniste riconosciute e figure junior.
Forniamo consulenze a festival, conferenze, rassegne, scuole di musica, scuole professionali e università costruendo insieme progetti e suggerendo nomi di professioniste e/o artiste per panel e corsi. Offriamo anche consulenze artistiche per la definizione di line up più inclusive e segnaliamo alla nostra community bandi e concorsi per artiste, compositrici e musiciste.
Tutte le nostre attività incluse le membership che abbiamo appena lanciato, le trovate sul nostro sito www.equaly.it dove vi invitiamo a sottoscrivere il nostro manifesto.