– di Riccardo De Stefano –
Quando ieri Morgan e Bugo hanno sceso le scale, con il primo un paio di metri avanti il secondo, nessuno se lo sarebbe aspettato. Morgan, visibilmente agitato, ha urlato – più che cantato – un testo inedito, agitando un foglio e rivolgendosi verso Bugo, che, avvicinatosi a Morgan, strappa via un altro foglio, si gira e sfruttando la profondità di campo della camera, abbandona il palco togliendosi l’auricolare, chiudendosi in attrezzeria fino a tarda notte.
Un fintamente stupito Morgan si domanda dove Bugo sia andato. Si allontana anche lui. Arriva Amadeus visibilmente frastornato, gettano sul palco Fiorello tappabuchi. Si sente qualcuno dire “hanno litigato ancora” (o qualcosa del genere). Poi la squalifica.
Nel momento più straniante di questa edizione, in un colpo Morgan è riuscito a strappare via ad Achille Lauro lo scettro dell’hype, con un gesto mai successo prima. In 70 anni, infatti, una scena del genere non si era mai vista.
L’ultima volta che ho visto dal vivo Morgan era al ‘Na Cosetta in solo, e fu una serata strana e disturbante (che racconto qui). Concludevo, però, dicendo:
“Morgan è – comunque – sempre performance, show, spettacolo. Puoi accettarlo, puoi combatterlo, ma non puoi fingere che ti lasci indifferente. È come vedere una stella cadente, che sparisce all’improvviso ma la cui scia ci rimane negli occhi in mezzo a tutto quel buio”.
Morgan e Bugo era un’accoppiata frizzante fin dall’inizio. Chi conosce un po’ i due soggetti sa che Bugo è solito a sparate esasperate e Morgan – beh – Morgan è Morgan, ormai lo sappiamo.
Negli ultimi giorni Morgan ha dimostrato segni di squilibrio. Il punto di non ritorno è stato il giorno dei duetti: prove in cui si presenta in ritardo, arrangiamenti orchestrali improvvisati e poi accuse di un misterioso “sabotatore” che modificava i suoi arrangiamenti rendendoli cacofonici e insuonabili, mettendogli contro l’orchestra. Poi l’esibizione serale in cui Morgan – che aveva dato lui specifiche direttive alla regia – di fatto accentra tutto su di sé, rendendo Bugo inutile suppellettile, su quel palco non si sa bene perché. La posizione finale nella classifica dell’orchestra – pare – inevitabile punizione per il caos delle prove e le accuse di Morgan fatte contro gli orchestrali.
La rottura è insanabile. Bugo – e il suo staff, della Mescal – rivendica il fatto di essere lui l’artista in gara e non Morgan, che ha un altro staff a seguirlo. Morgan punta il dito dicendo di essere sabotato anche da Bugo, che vuole “liberarsi di lui”, così organizza quella pantomima in diretta televisiva di cui sopra.
Quanta tristezza, quanto squallore.
Il duo, è chiaro, è stato messo insieme per reggere il palco, ed è vero che Bugo senza Morgan non avrebbe partecipato, così come è probabilmente vero il contrario. Morgan infatti ormai da anni è incapace di affrontare qualsiasi situazione professionale, schiacciato dalle sue scelte di vita sbagliate e da un ego ipertrofico.
Morgan era un grande artista. Autore ottimo di brani, musicista talentuoso e creativo. Vedere la fine di questo personaggio fa davvero male: utilizzare quel palcoscenico come teatro delle proprie frustrazioni è sicuramente troppo. L’intento era quello di rovinagli il gioco a Bugo, rinfacciandogli tutto il proprio malessere accumulato in questa situazione.
Il suicidio artistico di Morgan non sembra conoscere fine: il suo modo tossico di vivere la propria carriera artistica lo fa sprofondare ogni giorno sempre più in basso. Da anni nessuno vuole produrgli album, data la sua impossibilità di reggere una posizione professionale, e l’occasione occorsagli con l’invito di Bugo era la possibilità di dimostrare invece di poterci ancora “essere”. Così non è stato, e nella Storia del Festival rimarrà questo episodio da Blob che rivedremo di nuovo ogni volta che penseremo a Morgan in futuro.
Che cosa ci rimane di questa storia? Che Sanremo è un ambiente strano, malato, e se non hai la cura giusta finisci per rimanerci secco. Tra vincitori e vinti, spiace dirlo, Morgan prende sicuramente il posto del secondo. Bugo invece vince per effetto simpatia, per essere comunque dignitosamente – e coraggiosamente – essersene andato senza neanche rivolgergli uno sguardo nella serata di ieri sera.
Nel Festival delle polemiche e delle gaffe, rimane un senso di malessere in fondo alla gola. L’immagine di qualcuno a cui vuoi bene che non ce la fa a riscattarsi, ad alzarsi in piedi e recuperare la propria dignità. Quella di Morgan è una brutta storia dal bruttissimo finale, un film in cui speri sempre di avere il lieto fine e invece – stile HBO – la Vita, così come l’Arte, ti schiaccia di fronte alla sua disarmante brutalità.
Salviamo Morgan da se stesso, prima che sia troppo tardi.