– Report fotografico di
Simone Pezzolati –
A fine novembre a Padova c’è stata la festa di Dischi Sotterranei. Tutto è avvenuto ben prima che arrivasse il freddo polare del nord d’Italia, che ci costringesse in casa avvolti in sciarpe e coperte, ridicoli calzini e tè caldo sempre pronto per non morire (mia personalissima situazione attuale). A Padova pioveva ma si portavano ancora le all star, i cappotti slacciati e si fumava ancora volentieri all’aperto, nonostante tutto.
Dischi Sotterranei ha deciso di festeggiare i propri sei anni di attività e l’inizio ufficiale dell’inverno, l’ultimo weekend prima dei mesi in cui i piedi che si congelano negli anfibi. Il Centro Sociale Occupato Pedro, due palchi, sette o più band a sera, una pizzeria che non si fermava mai, ha ospitato una piccola rivoluzione.
Giorno 1 – Venerdì
Suonano gli Orange Car Crash, Vipera, Vanarin e tanti altri. Ma il mio cuore andrà sempre agli Halley DNA (band che non avevo mai sentito nominare e che pensavo di vedere con una birra in mano parlando con gli amici, una band “riempitivo” sul palco minore che invece mi ha fatto innamorare) che hanno scatenato un pogo assurdo, di quelli che non si vedevano da tempo, di quelli che pensavamo aver lasciato nel lontanissimo 2019. Ed eccoci lì, tutti schiacciati, sudati, decisamente schifosi, ad abbracciarci sotto un riff di chitarra ferroso e ipnotico. Mi ero dimenticato di come fosse trovarsi in un centro sociale a farsi male.
Giorno 2 – Sabato
Una giornata affrontata con stanchezza atroce, di quella che si infila nelle ossa, di quella tipica di quando si dorme su un divano di amici, e ci si rende conto di essere troppo vecchi per farlo. Di nuovo al Centro Sociale Pedro, per una nuova carrellata di band: MIVERGOGNO!, Pietro Berselli, Visconti accompagnato dai Giallorenzos i miei preferiti, ma soprattutto un immenso Jesse the Faccio, grande aggregatore, malinconico estremista che fa piangere e ballare nello stesso identico momento. Vorrei solo non aver dimenticato quanto mi erano piaciuti i due album di Jesse, consumati nelle orecchie a furia di viaggi in pullman. E adesso eccolo lì, che mi si butta addosso dal palco come se la pandemia non fosse mai arrivata, dai tempi di quel lontano MI AMI inconsapevole. Che meraviglia infinita!
Il risultato?
Una nostalgia infinita per i tempi in cui un concerto era scontato, in cui era normale. Due giorni del genere, oggi, nel 2021, mi è sembrata una conquista. Quella di Dischi Sotterranei è stata una festa di resistenza, dove ci siamo ritrovati come sepolti in un bunker sotterraneo, a riprenderci la nostra vita da concertari incalliti. Speriamo replichino l’anno prossimo, perchè mi manca già tutta quella meraviglia padovana.