Il 28 Giugno i Tre Allegri Ragazzi Morti sono stati ospiti dell’iFest di Roma. Da poco è uscito il loro nuovo singolo, “La Grana”, un brano dalle sonorità smaccatamente sudamericane, incluso nella compilation Istituto Italiano di Cumbia Vol. I. Ma non si tratta dell’unica novità in casa della band di Pordenone: quest’estate i tre allegri cadaveri saranno protagonisti di un mini-tour che vagherà per la penisola e che si concluderà allo Sziget Festival di Budapest il 15 agosto. Ad accompagnarli, ci saranno moltissimi gruppi de La Tempesta. E sempre in tema Tempesta, c’è un’altra buona novella. La casa discografica, infatti, ha appena inaugurato una nuova divisione: La Tempesta Sur, che si occuperà di promuovere in Italia le sonorità del sud del mondo. Abbiamo approfittato del concerto romano dei TARM, per fare due chiacchiere con Davide Toffolo e farci raccontare progetti vecchi e futuri.
Come è nata l’idea di questo mini-tour? C’è un nuovo progetto dietro o avevate semplicemente voglia di tornare a girare?
Sì, sicuramente c’è la voglia di tornare a fare concerti quest’estate, ma a prescindere da questo, ci sembrava bello portare in giro uno spettacolo con gli altri artisti de La Tempesta, dato che come etichetta abbiamo prodotto tantissima musica quest’anno.
Che rapporto di lavoro c’è fra la band madre dell’etichetta e le band più giovani?
Noi siamo un collettivo, la nostra non è un’etica verticistica. Ognuno ha il suo gruppo di lavoro. L’unica cosa che cambia fra noi e quelli giovani è che loro sono più giovani, beati loro.
Che idea c’è dietro un pezzo come “La Grana”? Quanto impegno politico c’è e quanto c’è invece di leggero e ironico?
Tu che dici? Si chiama ironia, ed è un’arma che abbiamo usato tanto, soprattutto agli inizi della nostra scrittura. È un pezzo chiaramente ironico, su un problema che, ahimè, è di molti, e anche mio! (ride)
Ad un certo punto canti: “E chi l’ha mai vista la grana”. Quanta grana gira nella musica italiana, specialmente in quella più indipendente? Ci sono investimenti, o il quadro è piatto?
Dipende da cosa intendi per indipendente. Se parli di investimenti pesanti, non ne ho visti tanti nell’indipendente vero e proprio. Ma posso dirti che gli investimenti umani sono sempre alti, e alla fine sono sempre quelli più i importanti. La grana di cui parlavo non era molto legata alla musica. Sembra che tutto ruoti intorno a quella cosa lì, ma alla fine il nostro è un pezzo ironico. Noi senza grana abbiamo fatto tante cose.
Con questo brano segna un’ulteriore liaison con sonorità appartenenti al sud del mondo. Siete prima passati per il reggae (penso a “La Faccia della Luna”) e poi siete arrivati alla cumbia con “In questa grande città” e, adesso, con “La Grana”. Da cosa nasce questa fascinazione?
“La Grana” è un pezzo particolare, perché non è un pezzo dei Ragazzi Morti, ma di Quanti, perciò è una cover. Tra l’altro suonata dagli Ucronic. Noi ci abbiamo messo la voce, le chitarre e l’idea. “La Grana” è all’interno di una compilation che si chiama Istituto Italiano di Cumbia Vol. I, che segna la nascita di una nuova scena di cumbia prodotta in Italia. Seguo quest’idea di musica da qualche anno, perché secondo me ci sono delle cose interessanti, ma non è e non sarà il nuovo passo dei Ragazzi Morti.
A La Tempesta avete appena inaugurato La Tempesta Sur. C’è già qualche nome?
I primi nomi sono quelli che fanno parte della compilation Istituto Italiano di Cumbia Vol. I. Ci sono i Cacao Mental, un gruppo mezzo peruviano e mezzo milanese, i Malagiunta, a metà strada fra Torino e Buenos Aires, i Sonora Maddalena, che sono di Genova ma hanno una cantante cilena, e Mr. Island. I primi nomi sono questi.
Come pensi che reagirà il pubblico italiano a questa nuova scena che si sta creando?
Le prime esperienze sono state molto positive. Abbiamo fatto un concerto a Milano, al MI AMI, ed è stato molto bello. Adesso ne abbiamo fatto un altro a Genova e ne faremo altri. La scena è molto composita, ogni città sviluppa una sua dimensione. Adesso cercheremo di portare i gruppi in giro a suonare, ma io prevedo solo gioia.
Il 1° Luglio siete all’Umbria Che Spacca di Aimone Romizi dei Fast Animals And The Slow Kids. Qual è il tuo giudizio sul nuovo indie italiano?
Io non ho giudizi, sennò sarei andato a XFactor! Scherzi a parte, sono felicissimo che ci sia un passo nuovo. L’anno scorso è stato un anno molto particolare. C’è stato un forte ricambio generazionale delle voci della musica rock italiana. I Fast Animals sono bravissimi e sono anche quelli più vicini all’attitudine de La Tempesta di qualche anno fa. In realtà la musica italiana è in grandissimo movimento. Ad esempio, la settimana scorsa è uscito, sempre per La Tempesta, l’EP di un artista milanese che si chiama Miss Keta. Penso che sia uno degli artisti più potenti che ci siano in questo momento sulla scena italiana.
La scelta dell’anonimato ormai è diventata quasi un clichè, basti pensare a I Cani, Liberato e chi più ne ha più ne metta. Quali pensi che siano le differenze fra quelle che erano le vostre motivazioni e quelle di un artista nuovo?
Mah, Liberato è un progetto bello, complesso, che gioca sulla dimensione del situazionismo che a me, personalmente, è sempre piaciuta. Poi mi piacciono pure la musica napoletana e quella elettronica, quindi su Liberato sono proprio fregato! (ride). Io penso che la discussione sulla gestione della propria immagine, che noi abbiamo cominciato a fare vent’anni fa, sia centrale rispetto all’idea di merce e anche rispetto all’idea di esistenza. Adesso, con i social, viviamo una quotidianità fatta di messa in scena della propria immagine, perciò penso che questo resti uno dei temi centrali della comunicazione artistica, da quando abbiamo cominciato noi fino a dove arriverà. Non so quali possano essere le differenze fra la nostra scelta e quella degli altri, ma alla fine quello che è importante è mettere in moto la discussione.
Come va la carriera fumettistica? C’è qualche novità in cantiere?
Ci sono le nuove storie dei ragazzi morti, che spero di riuscire a finire a breve, e Graphic Novel Is Dead 2 che è quasi pronto. Gli ultimi mesi li ho passati a capire se ero ancora capace di disegnare!
Noi ci auguriamo di sì.
Lo spero anche io.
Giovanni Flamini