Italia, America, India e chissà cos’altro dentro ed attorno al suo DNA, di uomo e di chitarrista. Si chiama Krishna Biswas, fiorentino acquisito, chitarrista fingerstyle che ci regala un’opera di vaste proporzioni, in lunghezza quanto in larghezza. Il disco di cui vi parliamo si intitola “Panir” pubblicato dalla RacidiMusic. Sono 15 composizioni per sola chitarra acustica dunque preparatevi ad un ascolto tutt’altro che immediato e “pop” nel mero senso del termine. Niente voci, niente ritornelli, niente forme. Sono racconti in musica che Biswas ci consegna. Strutture lunghe di chitarra acustica che narrano di luoghi e di persone, immaginari e reali. Sono 3 suite e tre grandi temi tra cui mi incuriosisce quello dedicato al gusto del cibo tutt’altro che commerciale di grandi consumi. E poi le dinamiche che si evolvono, implodono, sussurrano, si lasciando andare a frenesie cinetiche. Tantissima tecnica che onestamente si allontana dalla nostra competenza e dunque non ci avventuriamo per non inciampare in modo maldestro. Ma la musica indipendente italiana è anche questa e noi la segnaliamo con una bella intervista a Krishna Biswas, che sia di bandiera e dimostrazione per tantissimi. Lo sguardo aperto non solo al pop digitale di oggi. In rete anche un vide, semplice ed efficace. L’arti pittorica è dell’artista Fresnopesciacalli.
Un lavoro difficile. Un lavoro “alto” per molti versi. Musica “colta” come la definirebbe un accademico. Esiste un dialogo tra questa musica e il popolo delle mille sfumature di genere della forma canzone?
A mio avviso esiste una relazione tra gli insiemi musicali che amiamo separare in territori riconoscibili in modo evidente.
La musica che presento è figlia del contatto con molti stimoli culturali e di moventi artistici dei più disparati. Non sono mai stato un asso in matematica né posso autoproclamarmi un musicista abile nella comunicazione del proprio universo interiore; quel che posso dire è che non posso azzardare equazioni né formule rassicuranti.
Un disco visionario. Non ci sono parole, non c’è una forma riconoscibile. Come si sviluppa il “dialogo” musicale? Cioè come costruisci e arrivi a scrivere un brano?
I brani nascono da un contatto fisico con lo strumento e la frequentazione delle scelte musicali plasmate il più aderentemente possibile all’immagine od il momento evocato. Sono presenti delle formule e forme geometriche, in modo meno evidente che negli schemi della musica pop probabilmente.
Le suite di questo lavoro attingono a colori, oggetti, personaggi, luoghi e sensazioni. Sono loro ad aver ispirato il singolo brano oppure hai scritto qualcosa che poi hai dovuto decifrare?
I brani musicali che propongo hanno una valenza narrativa per me, si intrecciano quindi ad un contesto verbalizzato; probabilmente dopo un primo momento esplorativo completamente libero emerge una scelta ed una direzione che inevitabilmente mi conduce ad un nesso.
L’immagine quanto conta per te? Bellissimo il video con Fresnopesciacalli che disegna. Quanto sono legate le due cose?
Le immagini sono un innesco decisivo nella mia poetica, grazie a loro riesco a scegliere delle forme su cui costruire un brano; sono felice di lavorare con un artista che stimo molto e che trovo affine per diversi aspetti qual è Frenopersciacalli. Un contatto questo nato da un’occasione di incontro artistico e poi esteso ad una collaborazione attiva che mi auguro possa prolungarsi nel tempo.
Dopo “Panir”? Cosa accade ora?
Cercherò di affinare la mia poetica ed estetica e proporre in futuro un lavoro migliore che è già in fase di composizione da più di un anno.