I Koo non sono “indie”. O meglio sono talmente indipendenti che non vogliono essere definiti così. Anche la scelta stessa del proprio nome deriva dalla volontà di non essere necessariamente legati all’attuale scena. Non per mero snobismo, ma perché i Koo esistono per durare al di là di questo particolare momento e delle sue mode. Pur suonando insieme già da qualche anno, la band ha iniziato solo negli ultimi tempi a farsi avanti in maniera decisa, ritenendosi finalmente arrivata ad una maturità sufficiente per offrire qualcosa di valido. Lezione che dovrebbero imparare molte altre band, che per la fretta di suonare tra amici finiscono per contribuire all’intasamento dei locali nostrani ancora prima di avere tra le mani un prodotto interessante (oppure addirittura ancor prima di avercelo, un “prodotto”). Al contrario la cura del tempo e dei dettagli è al centro del pensiero dei Koo, e ciò si riflette sia nella loro personalissima ricerca del sound, sia nell’approccio ai live assolutamente unico. Per quanto riguarda lo stile musicale, siamo in presenza di un riuscitissimo mix di grunge, progressive ed elettronica, il tutto condito da una rara sapienza cantautoriale nei testi, a volte quasi recitati. Peculiare è l’utilizzo di tastiere ed effetti di voce, che variano spesso sia da canzone a canzone che all’interno dello stesso brano. Dal punto di vista dello spettacolo invece, chi ha avuto la fortuna di assistere a un loro concerto, o ancor meglio a più di uno, sa che è lecito aspettarsi sempre qualche sorpresa. Non sono rare le trovate sceniche quali cambi d’abito del cantante, uso di torce elettriche, maschere e scenografie; una delle più curiose è stata senz’altro la distribuzione di bicchieri di vino rosso durante il loro pezzo dal titolo “Un Altro Giro”. A marzo la band entrerà in studio per registrare un disco che uscirà presumibilmente dopo l’estate. Affrettatevi se volete intercettarli dal vivo, perché in vista delle registrazioni annunciano di voler interrompere per qualche tempo l’attività live, con lo scopo di trovare la maggior concentrazione possibile. E ci saremmo stupiti del contrario.
Matteo Rotondi
ExitWell Magazine n° 1 (marzo/aprile 2013)