I Keaton Pure. ‘Cci loro.
Pensi a loro, così belli e dritti, e ti viene da insultarli.
Ci sono 3 o 4 tipologie di musicisti/band che noi potremmo così riassumere: coloro i quali vogliono ostinarsi a sentirsi portati, destinati, senza il minimo accenno di talento; quelli che propongono un mix di cose carine (nella media) e che quindi in Italia rischiano di sfondare; gli eclettici smanettoni sposati col metronomo ed il g3 e, infine, quelli come i Keaton Pure: che non fanno pressoché nulla ma ti arriva, non si sa bene come e per conto di chi, la loro musica.
Non è che non studiano. È che non si applicano ed io, al Liceo, lo vedevo sempre come un gran bel complimento.
Premesso che in musica, ci fosse bisogno di ribadirlo, tutto è opinabile (a cominciare dal fatto che i Whitesnake siano un gran gruppo), mi metto in primis io nella posizione di chi vuole dosare parole e tesi: volendo esser razionale vi direi che Ovvero dell’Età Avvilita è una delle cose più belle che ho sentito nell’ambito della musica diciamo “nuova”; se invece mi lasciassi andare ai sentimenti vi direi la stessa identica cosa. Non avrei, altrimenti, sentito il bisogno di scriverne una recensione d’altronde.
Semplice, diretto, avvolgente: avrei difficoltà ad aggiungere altro. Ogni cosa perfettamente al suo posto, senza la benché minima concessione a qualche riempitivo che, vista la legittima immaturità dei protagonisti, sarebbe stata
più che comprensibile: “Borderline”, “Come No”, “L’avvenire delle Uova”, “Gastrite”, “Tutto Il Tempo Perso”, “Un Inverno Ancora” sono effettivamente forse un pizzico al di sopra degli altri brani ma non aspettatevi alcun pericoloso testa coda.
A Daniele, Matteo, Andrea e Mario – qualora possa permettermi di dar loro del “tu” – intimerei di sbrigarsi, darsi da fare: senza voler quindi sostenere che finora non l’abbiano fatto ma chiedendo un supplemento, uno sprint.
Quest’album è troppo bello perché qualcuno possa permettersi il lusso di non ascoltarlo: scendete nelle piazze, armatevi di baionette, fate incetta di complimenti e strage di qualsiasi opposizione e cercate di ascoltare il suono del mondo, senza limitarvi a guardarlo girare.
Le mie orecchie vi vogliono bene.
Valerio Cesari (L’Urlo – Radio Rock)
ExitWell Magazine n° 2 (maggio/luglio 2013)