Un piccolo gioiello che esce fuori dai seminati costruiti dal commercio e dalle tradizioni. Oggi vi segnaliamo un disco davvero importante che richiede e pretende a gran voce la massima attenzione, di ascolto ma soprattutto di immersione spirituale. Pianista ma anche avanguardista (mi piacerebbe poter usare questa parola) del suono: Katia Pesti pubblica “Abyss” per la RadiciMusic – label che si conferma sempre attentissima ai contenuti. Un disco strumentale, per quanto, di quando in quando, preziose voci vadano a dipingere e supportare il tutto. Un disco di pianoforte certamente ma anche di silenzi, di respiri, di trasgressioni al suono stesso – meraviglioso equilibrio nel suo piano preparato. Composizioni di abissi ovviamente come in “Rolling Bones” dove la voce di Elaine Trigiani sembra cucire segreti nel buio di una qualche alcova, in un buio intimo destrutturato da percussioni. La rinascita o quanto meno la coscienza che leggo in “Gleams” sa di primavera e di risvegli come anche vivo la scoperta di una città straniera che dovrà portarci nuove cose in “Fingerprint” che ospita la meravigliosa voce di Gabin Dabire. E poi il dubbio e la paura di “Iris” fino al gran finale di “Rythmic Moon” di celebrazioni “barocche” e di variazioni in tema di suono, dove le corde del pianoforte saranno libere e saranno costrette, saranno nude di suonare e rivestite di apparenza. Insomma un disco che ci porta inevitabilmente a scriverne di fantasia e con la fantasia a volare oltre, in un oltre dove Katia Pesti ci insegna ad arrivare con un disco davvero importante. Felici di farvelo conoscere.
Abbiamo già parlato di questo disco, ma oggi vogliamo approfondirlo assieme a te. Un disco che dal pianoforte parte per evolversi in visioni e in suoni. Raccontacelo, cosa troviamo dentro “Abyss”?
“Abyss” è il mio modo di avvicinarmi alla musica.
La musica rappresenta l’evoluzione dello spirito.
Sul disco posso dire che ho affidato la ripresa audio al musicista e Sound engineer Francesco Paolo Maimone che è riuscito a mantenere inalterati i colori e le dinamiche originali della musica, senza alcun artificio tecnico, mentre la parte grafica è dell’artista Daniele Alef Grillo, che con la sua fotografia rigorosa ed essenziale, ha saputo ritrarre il paesaggio visivo cui la musica sottende e tradurlo in progetto grafico. All’interno del disco un po’ nascosto un foglio ripiegato. Su un lato del foglio un albero fotografato di notte, e sul retro invece il testo di Rolling Bones.
Elaine Trigiani, Gabin Dabire… Insomma ci sono anche delle voci a corredo ma ho la sensazione che siano esse stesse strumenti inseriti nel tutto più che voci portanti che conducono la melodia. Vero?
La voce di Elaine Trigiani e quella del cantante africano Gabin Dabirè sono una testimonianza della timbrica del genere umano.
C’è anche tanto silenzio in questo disco. Quanto è importante il silenzio per te?
Direi sospensioni e risonanze più che vero e proprio silenzio.
A questo punto se ti nominassi John Cage o Stockhausen, tu cosa mi diresti?
Illuminati e illuminati!
Mi piace molto che nei loro nomi risultino la lettera C e la lettera K.
Il piano preparato è un ingrediente importante per la tua produzione artistica, non solo per questo disco, vero? Cosa significa per te allontanarsi o rivoluzionare o trasformare il suono reale di uno strumento come il pianoforte?
Significa esplorare e scoprire soluzioni timbriche nel campo della fonicità pianistica. Il timbro rappresenta un fatto strutturale. Durante l’esecuzione di un brano introduco gomme o altri oggetti sulle corde e sovrappongo a pedali o note tenute, un fraseggio ritmico, che eseguo simultaneamente con un tamburo. A volte lo stesso pianoforte diventa un tamburo e spesso chi ascolta non capisce la provenienza del suono.
È vero che, durante i miei concerti, chi mi vede suonare rimane un po’ affascinato dai vari movimenti che faccio durante l’esecuzione; ad esempio spesso devo alzarmi per raggiungere le corde, alcune volte invece, mentre suono la tastiera con la sinistra uso la mano destra per prendere un tamburo ed altre “diavolerie”, per dirla come un amico musicista. Quel che conta è quel che la musica rappresenta e trasmette, il resto necessità di azione.
Chiudiamo questa chiacchierata con l’immagine di un abisso. Questo disco racconta di un percorso che dagli abissi arriva in cielo. Un disco quindi di rinascita? Che significato dai agli abissi?
Una dimensione esplorativa sconosciuta.
“Abyss” è al tempo stesso memoria e dimenticanza.