Johnny DalBasso torna in scena e lo fa promettendo sin dal titolo un disco ruvido e viscoso, di punk e stoner, di distorsioni e critica sociale. Un disco che troverà la sua versione completa in autunno e che ora si fa gustare solo nella sua prima parte. Mettiamo in circolo “Lo Stato Canaglia (Pt. I)” anticipato dal singolo “Andalusia” che in qualche modo fa il verso a quella scena milanese ampiamente collegata al nome dei Guignol. Lo stato sociale delle cose, i social netwrok, la nuove normalità. Tutto sotto l’occhio di un ciclone che sa di punk… e non potevamo aspettarci risposte meno interessanti…
Io partirei dal singolo che comunque un poco, sembra uscire fuori dai canoni degli altri brani. Siamo quasi in un altro scenario sonoro. Perché questa scelta stilistica?
“Andalusia” è nata con l’intento di raccontare una storia on the road, come se fosse un film, in cui i due protagonisti evadono di prigione e affrontano questo viaggio che dall’Andalusia li porta fino in Africa. Mi piaceva raccontare di un viaggio che oggi nessuno affronterebbe, un viaggio al contrario, una fuga dalla nostra vita “occidentale” verso una realtà come quella dell’Africa del nord, oggi più che mai ferita e abbandonata al proprio destino da parte degli Stati (canaglia?) del G20. Riguardo alla musica non credo si distacchi molto dal resto del disco e da quelli che sono dei miei riferimenti forti, nello specifico è solo parte della musica che amo riletta a modo mio: ci sono i Litfiba di Tex, i Clash di Spanish bomb e il desert blues di Bombino. A livello sonoro è leggibile il passaggio dalla Spagna all’Africa e infatti la canzone è idealmente divisa in due.
E perché due cani come protagonisti del video ufficiale? So che probabilmente sarebbe stato incoerente anche con il messaggio del brano, ma d’istinto mi sarei atteso più due pecore… un branco… una massa…
Ho scelto due cani come protagonisti perché un po’ stanco dei protagonismi dei cantanti nei videoclip e sinceramente non avevo proprio voglia di rivedere la mia faccia in video. I cani in macchina mi hanno sempre trasmesso un senso di libertà ma anche di clausura e ho voluto legare questa sensazione al brano. Questi sono cani pastore, altro che pecore.
“Stato Canaglia”… oggi esce la prima parte. Una release che ci aspettiamo in vinile visto il taglio anni ’90 del suono. O magari in cassetta… oppure? Cosa accadrà?
Per me quando si parla di “taglio anni 90” legato alle mie produzioni sono sempre orgoglioso, perché fondo le mie basi in quel suono pur essendo andato poi a scovare, prima e dopo quel periodo storico, tantissima musica che mi ha ispirato. Riguardo al formato la cosa bella è che forse questo disco uscirà solo in digitale, un modo ultramoderno per ribadire che la musica, come l’arte, è sincronica e non diacronica e il supporto spesso è un mero cruccio borghese da accumulatore seriale. Meglio un disco realmente ascoltato in digitale piuttosto che un vinile comprato e abbandonato ancora con il cellophane su qualche mensola da chi magari non ha neanche il piatto a casa… Se mai farò il vinile non sarà venduto online ma soltanto nei negozi di musica indipendente, detta serie: “Lo vuoi? Alza il culo”.
E perché questa pubblicazione in due step… e perché la prima parte proprio ora che siamo in un periodo difficile per la promozione? Non sarebbe stato più idoneo attendere un autunno più fertile?
Credo ci sia un disinteresse totale per le uscite discografiche e soprattutto per il formato disco. Quindi divide “Lo Stato Canaglia”, come una serie tv, potrebbe dare la possibilità a questo disco è al suo autore, realmente indipendente, di farsi ascoltare con più attenzione. Poi in autunno uscirà il resto del disco, e questo potrebbe riservare qualche sorpresa.
Elettronica. Che rapporto ha avuto nella scrittura e nella produzione del disco?
In realtà in questo disco c’è molta elettronica, ci sono molti synth che però sono stati suonati da me come strumenti percussivi, quindi in modo da fonderli alle chitarre e alle batterie. Ho usato anche loop tratti da interviste e film, ma questi li sentirete nella parte due del disco, in uscita a settembre. Non sono razzista nei confronti dell’elettronica e infatti il disco è stato registrato e missato tutto in digitale, alla faccia di chi dice che certe sonorità possono raggiungersi solo con l’analogico, tutte (o in parte) pippe mentali.
Che poi troviamo tra i crediti il Termina 2 Studio… e qui Silvestri e Gazzè sono i padroni di casa. Com’è stato lavorare in quel piccolo angolo di paradiso?
Registrare al Terminal è stato molto interessante. Io e Tilly Terrinoni abbiamo registrato in due giorni chitarre e batterie, tutte dal vivo, e poi ho integrato in un secondo momento le tracce base con registrazioni fatte in casa e al Verde Studio, ex abitazione di Renzo Arbore. Grazie a Daniele “Mafio” Tortora, che ha poi missato Andalusia e Berlin Burning, ho potuto collaborare con Rondanini, batterista immenso, con cui ho registrato alcuni brani proprio al terminal e un giorno, finite le registrazioni, ci è scappata una cena con Daniele Silvestri, di cui mi ha colpito l’umanità infinita e il suo interesse per le canzoni altrui, in quel caso per le mie.