– di Assunta Urbano
foto di Riccardo Michelazzo –
Padovano di nascita e residenza, Jesse the Faccio non abbandona mai i suoi ascolti internazionali. Tuttavia, proprio nella sua provincia, l’attività musicale è in continuo fermento, soprattutto grazie a Dischi Sotterranei.
Il cantautore ha già pubblicato due dischi, “I soldi per New York”, del 2018, e “Verde”, del 2020. Oggi, 26 novembre 2021, esce il suo terzo lavoro, l’EP “Le cose che ho”, in cui non ha perso le sue sonorità lo-fi rock e la sua attitudine punk. Tuttavia, ha temporaneamente accantonato le ambientazioni oniriche con cui l’abbiamo conosciuto per mostrare al suo pubblico un altro volto di sé, più intimo e profondo.
Abbiamo chiacchierato con Jesse the Faccio poco prima delle prove per la festa di Dischi Sotterranei, che colorerà la città di Padova nel weekend del 26, 27 e 28 novembre.
Prima di parlare del tuo percorso musicale, mi piacerebbe ci raccontassi di Padova e della scena che si sta delineando in tutto il Nord-Est Italia, anche grazie a Dischi Sotterranei.
Padova ha avuto da sempre un suo fermento musicale. Essendo una piccola provincia, ha difficoltà a spiccare. Negli ultimi anni, Dischi Sotterranei è riuscita a tirare fuori svariate band venete e non solo. La nostra comunità è diventata una sorta di famiglia. Ci siamo io, Ulisse Schiavo, Pietro Berselli, i Post Nebbia, che insieme all’etichetta abbiamo voglia di fare tante cose. C’è stata una crescita reciproca e sta avendo rilevanza a livello nazionale.
Sarebbe interessante partecipare ad una serata della crew di Dischi Sotterranei, magari anche a Roma o Milano.
È vero. Le città più grandi hanno le loro scene underground, invece Padova è già di nicchia di suo. Se si riuscisse a rimbalzare la nicchia a livello nazionale, avremmo un risultato ancora più alto.
Come molti altri dello stesso ambiente, il tuo progetto punta tanto all’estero. Che manca in Italia nel mondo della musica, secondo te?
Non manca qualcosa, è che tutti gli emergenti si appoggiano molto a quello che “va” in Italia. Si tratta soprattutto di chi punta a entrare nella playlist, a fare il mezzo milione su Spotify. Penso che il mio lavoro e quello degli artisti di Dischi Sotterranei non abbia questo obiettivo. Anzi, si tenta una sorta di educazione musicale. Io ascolto molta più musica internazionale, da sempre, e provo a portare in italiano un tipo di sonorità che a me piace tantissimo. Trovo molto affascinante che nella nostra lingua sia possibile ritrovare un certo sound. È allo stesso modo un tentativo di far scoprire novità a ragazzi più giovani che si approcciano alla musica, così come al pubblico stesso. Magari chi ascolta Mac DeMarco e i Beach Fossils cerca nel nostro Paese un riferimento in italiano e non riesce a trovarlo.
Insomma, bisogna solo saper cercare i riferimenti italiani.
Esatto. Ad esempio, Giorgio Poi ha fatto questo tipo di lavoro, soprattutto con il primo disco [“Fa niente”, del 2016, ndr]. Sicuramente è stato segnato dalla sua esperienza con i Cairobi, ex Vadoinmessico, quando viveva a Londra. Poi è diventato più pop, ma sono comunque un suo grande fan.
Passiamo ora a Jesse The Faccio, che venerdì 26 novembre pubblicherà il suo nuovo EP, terzo lavoro discografico. Di cosa narra “Le cose che ho”?
L’EP nasce nel primo lockdown, quando mi sono trovato in una situazione personale abbastanza complicata. La pandemia di certo non ha aiutato. Sono caduto in un periodo di depressione, che mi ha impedito di dedicarmi alla mia arte. Poi, sono riuscito ad iniziare a lavorare ai suoni di questi brani, con un grandissimo blocco alla scrittura. Così, ho fatto tutto al contrario rispetto a come sono abituato: prima mi sono dedicato agli arrangiamenti e poi, verso la fine dell’anno, sono arrivato ai testi. “Le cose che ho” è quello che mi mancava e che volevo, ma contemporaneamente ciò che avevo e non mi bastava in quel momento.
Una sorta di resa dei conti, un fissarsi allo specchio cercando le risposte alle proprie domande?
Esattamente. È stato tradurre una sensazione negativa, quando stavo già meglio.
A differenza dei due lavori precedenti, in queste quattro canzoni ti metti a nudo. In “Che resta”, Jesse the Faccio canta: «Vorrei non avere niente da dire». Cosa ha significato, per te, quest’apertura nei confronti di te stesso e del pubblico?
Avevo la necessità di essere più diretto. Volevo che arrivasse in modo nitido quello che è stato il periodo e quello che avevo passato. Mi sono trovato a scrivere di getto. A differenza dei precedenti, come dicevi anche tu, in cui era tutto onirico e più metaforico. «Vorrei non avere niente da dire», ma invece ti butto in faccia ciò che sento dentro.
Solitudine, ansia, paranoia e depressione. Tuttavia, in uno dei brani, “Come posso (collo)”, si vede una luce in fondo al tunnel.
È andata proprio così. Questo è stato l’ultimo pezzo che ho scritto ed è anche quello che si avvicina di più ai miei brani precedenti. Dimostra che ad un certo punto sono tornato in me abbastanza al 100%. Ho lavorato tanto su questa canzone, soprattutto dal lato strumentale. C’è una liberazione, un ritrovarsi per andare avanti, voltare pagina. Finisce qualcosa, ma ne inizia un’altra. La fine è anche un grande inizio, non soltanto un buco in cui si è incastrati.
«Non voglio più restare nelle cose che ho», questo invece lo riprendo da “Cose che ho”, che segna una continua ricerca. Come è avvenuto a questo proposito il cambio di sonorità?
Ero in un momento in cui avevo bisogno di comfort zone totale e i miei ascolti erano molto ripetitivi. Andavano da “Anima Latina” di Lucio Battisti, a “In Rainbows” dei Radiohead, Lil Peep in generale e Alex G, che è uno dei miei artisti contemporanei preferiti. Sono partito a giocare su un arpeggio in particolare e su tanta ripetizione, che caratterizzava il pensiero. In fase di produzione ho cercato di riprendere quelle influenze al meglio e lavorare con archi, con fiati e con arrangiamenti completamente differenti rispetto ai dischi precedenti. Il primo era fatto in casa, il secondo aveva la sua attitudine punk. Questo vuole avere un approccio più complesso.
L’approccio punk non ti abbandonerà, però, giusto?
Mai.
Alla fine di quest’intervista: quali sono le cose che Jesse The Faccio ha e quali quelle che non ha e vorrebbe avere?
Non sono legato alle cose materiali, quindi, le cose che ho le associo alle persone, ciò che mi danno, la somma di emozioni che ricevo conoscendo tanti individui diversi. Sono, per me, fonte massima di ispirazione. Quello che non ho, è ancora una alta percentuale di serenità personale. Vorrei stare bene e basta. Mi manca che sia duraturo. Poi, la mia chitarra è molto importante! [Ride, ndr]
Ecco, se qualcuno toccasse i miei dischi, impazzirei.
Esatto, non si può.