– di Paolo Pescopio –
IRA: il grande compromesso con la storia messo in atto da Jacopo Incani, in arte Iosonouncane, si pone in dialettica non soltanto con il mondo della contemporaneità post-pandemica, ma anche con quello della contemporaneità discografica, rinnegando e rigettando quegli stilemi che fino a questo momento lo avevano gettato, forse contro la sua volontà, nel mare magnum del cosiddetto indie pop (o itpop o pop cantautorale), facendo sì che il pubblico di riferimento di Incani fosse il bacino d’utenza di questo tipo di musica: ma se c’è una cosa che IRA non è, quello è un album indie pop. Che cosa significa andare contro il proprio pubblico? Un ottuagenario, premio Nobel per la letteratura, ce l’ha insegnato circa cinquant’anni fa; in una maniera sicuramente diversa, Iosonouncane con IRA compie la stessa operazione.
IRA rappresenta quanto di più moderno sia mai accaduto nel mercato discografico italiano. Il che ci fa naturalmente domandare: «A che punto siamo con la musica, in Italia?». Siamo in un momento storico in cui, ancora, è più importante guardare “al di fuori”, piuttosto che scoprire che cosa ci riserva l’interno dei nostri confini nazionali. La parabola dei Måneskin ci insegna che anche il mondo esterno guarda all’Italia e a quello che facciamo non soltanto con una grande attenzione, ma anche con una buona dose di curiosità. Se i Måneskin sono attualmente i massimi esponenti del mainstream italiano al di fuori dei confini, Incani, invece, rappresenta il massimo esponente del mondo alternativo italiano al di fuori dei confini. Entrambi i progetti, infatti, sono proiettati nel mondo dei festival internazionali, un mondo che dopo un lungo periodo di stop si appresta a ripartire: non a caso proprio IRA di Iosonouncane sarà uno dei protagonisti del prossimo Primavera Sound Festival – sempre che si faccia.
Ma qual è il contenuto di quest’album? IRA di Iosonouncane rappresenta un importante manifesto politico, prima ancora che musicale. Intendiamoci: non c’è nessuna reale rivoluzione sonora, per quello che riguarda il materiale proposto dall’artista sardo, quanto piuttosto una specifica presa di posizione nei confronti dell’avvilente panorama del mondo radiofonico, ormai standardizzato e sterilizzato. Rigettare qualcosa, però, significa comunque riconoscerne un’importanza di qualche tipo. Non possiamo evitare di ripensare a questi dieci anni di carriera di Iosonouncane, che hanno rappresentato quanto di più innovativo ci sia stato nel panorama musicale nostrano; ma se dovessimo paragonare i suoi tre album dell’artista – La macarena su Roma, DIE e IRA – ci sembrerebbe di trovarci di fronte a tre persone completamente diverse. Chiaramente anche uscire a ridosso di Mainstream di Calcutta, ciò che successe all’uscita di DIE, inevitabilmente ha avuto l’effetto di creare una divisione tra l’una e l’altra proposta musicale: la direzione presa da Incani era quantomeno diversa rispetto a quella che, negli anni a venire, sarebbe stata la direzione in cui il mondo musicale italiano e il mercato discografico sarebbero andati.
IRA è la risposta a una domanda rimasta sottesa in tutti questi anni: «Che cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo disco di Iosonouncane? Un figlio illegittimo di “Stormi” o l’esasperazione della ricerca strumentale di “Tanca”?». Ed ecco arrivata, con un anno di ritardo rispetto ai piani, una risposta, più vicina alla seconda opzione che alla prima. In quest’anno IRA sarebbe dovuto uscire ed essere presentato dal vivo; invece è rimasto un prodotto dapprima profetizzato, poi annunciato, per poi essere, infine, eternato nei solchi di un vinile e pubblicato, ma molto dopo rispetto al previsto. Questo ci dimostra come Incani abbia captato la necessità di investire ancora sull’attenzione e sulla pazienza dell’ascoltatore, in controtendenza rispetto a un mondo digitale che, in questo anno di lockdown e pandemie, sembra non aver insegnato nulla a questo pubblico, un pubblico ormai completamente impigrito, asservito all’estetica anestetizzante dell’ormai tristemente proverbiale “singolo di tre minuti”.
Ho usato da sempre la musica a mo’ di palombaro, per esplorare i miei fondali interiori… Ira centra appieno l’obiettivo…dentro sono fatta così e nel tempo non sono cambiata affatto, me ne sono accorta ascoltando questo album