• di Riccardo De Stefano •
Foto di Nicole Vecchia
Quello che ho visto all’Auditorium Parco della Musica, il 14 marzo, ad opera di Iosonouncane e Paolo Angeli, è qualcosa che è difficile descrivere a parole.
C’è un fascino discreto dietro un certo tipo di Musica, quella al confine tra Canzone e Sperimentazione. Certo, se accendi la radio, sai già cosa aspettarti, le sorprese sono poche: quel ritornello, quel beat sentito milioni di volte.
Manca ad oggi la voglia di provarci, di guardare oltre la siepe, anche di fallire, in caso.
Per questo quando nel 2013 uscì DIE, il secondo album di Iosonouncane, molti – compreso me – gridarono al miracolo. DIE era un disco che scavalcava i generi, riscriveva le regole del gioco, si lasciava cantare e atterriva nei suoi suoni così diversi, così “altrove”. C’era la Sardegna, l’elettronica, la canzone d’autore italiana: insomma, uno dei pochi veri capolavori di questi anni.
Dopo tanti anni dall’uscita del disco, Iosonouncane chiude il cerchio presentando un nuovo spettacolo in collaborazione con un amico e musicista, Paolo Angeli, già presente sul sopracitato DIE con la sua chitarra sarda preparata.
Per quelli che non lo sanno chi è, Paolo Angeli, né cos’è una “chitarra sarda preparata” possiamo solo dire che è il metodo migliore per avere una orchestra sottomano (e “sottopiedi”): uno strumento praticamente unico al mondo, che si può suonare come una chitarra normale o con l’archetto, con oltre 20 corde, martelletti percussivi, molle rumoriste e uscite separate per ogni corda tradizionale.
L’incontro avviene nella cornice dell’Auditorium, sicuramente più indicato rispetto a qualsiasi altro, rumoroso e molesto, live club italiano. Iosonouncane si agita tra le console e i pc, ogni tanto suonando una chitarra elettrica (ma anche lì, non ci si ispira certo a Clapton), mentre Paolo Angeli è concentrato sulla sua chitarra sarda, in moto perpetuo tra le corde e gli effetti.
Partono dal silenzio, come costruendo nota per nota il senso della musica. Cercano accordi, scale, melodie. Poi arrivano le canzoni – molte da La macarena su Roma – così come gli omaggi alla tradizione sarda. Alla fine della prima suite emerge anche un tributo a De André, nelle note senza parole di una “Amico fragile”.
I brani si dilatano a misura, nella sovrapposizione di voci e suoni, come nella straniante “Summer on a spiaggia affollata”, oppure mutano di senso, come “Tanca”, smussata nel suo tribalismo ritmico. Paolo Angeli, fedele alla sua ricerca musicale, si concede ampi spazi nell’improvvisare, muovendosi tra le linee ritmiche e melodiche lasciategli da Iosonouncane, quasi in cerca della giusta melodia da imbrigliare.
Quando il concerto sfuma in una strumentale “Buio” – prima collaborazione su disco per i due ai tempi di DIE – la sensazione è quella di aver visto qualcosa di storicamente importante: due dei migliori artisti italiani su uno stesso palco, senza la squallida retorica facilona del pop a costringerli in decadenti karaoke, né le velleità sperimentali dei musicisti-scienziati d’Accademia, completamente avulsi dalla musica viva.
Iosonouncane e Paolo Angeli invece condividono gli stessi orizzonti musicali e geografici: sono diversi negli strumenti ma sulla stessa direttrice sonora, in modo che possano inseguirsi, trovarsi ed allontanarsi senza perdersi mai. Il loro show è tutto quello che mancava in Italia da anni e per questo non potete farveli scappare.