Ricordi. Passato. In un suono pop d’autore che solletica l’appetito dentro soluzioni che restano in bilico tra il modo antico di pensare alle canzoni e questo futuro digitale dove la voce si trascina appena come fosse pesante del cemento della grande industrializzazione che viviamo ogni giorno. Iosonocobalto in realtà è Serena Manueddu. Non è solo un moniker il suo ma anche un modo di stare al mondo. Non è solo un esordio, un disco questo: “Non avere paura del buio” è proprio una dichiarazione di intenti che tutto dovremmo abbracciare. Il buio diviene un riparo e non un pericolo. E questa canzone, questo suono, questa forma… somigliano a sentieri battuti più che a piste verso l’ignoto.
Sarà la suggestione di alcune tue immagini ma ci trovo molto ghiaccio, molti colori freddi… come se vi fosse una distanza dalla passione sfrenata. Cosa ne pensi?
Ha perfettamente senso, anzi direi che traspare un tratto del mio carattere che mi porto dietro sin da bambina..! Sono una persona molto cerebrale, ho bisogno di elaborare e rielaborare le emozioni perchè “sento” molto, e in passato gestire l’empatia è stato molto difficile. Nel tempo ho adottato una sorta di distacco come forma di protezione, non è sempre così facile, ma la scrittura e la musica per me sono curative. Quando vedo le mie sensazioni nero su bianco, il cerotto è già tolto. Non mi considero una persona fredda, anzi, ma sicuramente sono molto riflessiva.
Il cobalto per te cosa rappresenta? Un elemento, un modo di essere, un modo di non sembrare?
Diciamo una somma di molte cose. Il cobalto, inteso come elemento e utilizzato in alcune forme di terapia olistica, “intensifica l’esigenza di cambiamento, risveglia la curiosità e la naturale attitudine verso una visione spirituale dell’esistenza, genera gioia di vivere, attenua la malinconia e la nostalgia”, che è un po’ l’atmosfera che cerco di ricreare quando scrivo un brano. Inoltre il cobalto è una sfumatura molto intensa e accesa di blu, il mio colore preferito da sempre. Iosonocobalto perché è così, mi ci vedo proprio dentro.
Parliamo della produzione affidata a Filippo Cornaglia. Col senno di poi quanto ti somigliano questi suoni e quanto sono distanti dalle tue idee?
Lavorare con Filippo Cornaglia è stato veramente stimolante e c’è stata un’ottima intesa, tant’è che sarei felice di continuare ad affidare a lui le produzioni dei miei brani. Ha una sensibilità artistica che si avvicina molto al mio modo di vedere la musica, difatti sono bastate poche reference perchè riuscisse a entrare nella mia dimensione ed è stato accogliente nei confronti delle mie idee, così che all’ultimo ascolto, i brani che erano nati dalla mia voce e i miei strumenti, mi sono sembrati ancora più miei, nonostante fossero ormai un po’ “nostri”.
Mi piace quando dici che il buio non è più un “uomo cattivo” di cui aver paura ma uno stato di cose dentro cui ci si ritrova. Che sia il vero rifugio di questo futuro?
Non ho la presunzione di pensare che possa essere per tutti così, ma per me lo è. Il buio è diventato quello stimolo che mi ha spinto a cercare la luce negli ultimi posti in cui avrei pensato di trovarla… nei ricordi felici, negli odori familiari, sul soffitto della mia camera, nella nostalgia. Soprattutto mi ha insegnato che la luce non viene quasi mai da fuori.
Un video ufficiale? Te lo chiedo perché questo è un disco molto visionario…
Ci sto pensando… Mi piacerebbe, più che il classico videoclip, un videoracconto illustrato che riporti le parole delle canzoni alle immagini che le hanno ispirate.