– di Matteo Giacchè –
Nuovo disco per Guglielmo Bruno, in arte Willie Peyote che, con Iodegradabile, pubblicato a fine ottobre, apre nuovi orizzonti alla sua produzione musicale in continua evoluzione, con un romanticismo molto personale e il solito acume nel dipingere le dinamiche del nostro paese, senza trascurare quelle della vita quotidiana.
Abbiamo avuto il piacere di parlare con lui trattando vari argomenti: il suo nuovo album, ma anche il suo stile musicale, di scrittura e tanto altro.
LEGGI LA NOSTRA RECENSIONE DI “IODEGRADABILE”
Partiamo dal titolo, perché già da questo si capiscono parecchi temi del disco, almeno alcuni si intuiscono: la situazione dell’Italia, i conflitti interni di ognuno di noi. Quindi, innanzitutto ti chiedo se ci sono altri significati nascosti, oltre a quelli citati sopra, e soprattutto come ti è venuta in mente la parola Iodegradabile?
Mah, guarda in realtà la parola mi è arrivata nel dormiveglia. È stata letteralmente un’illuminazione perché stavo disperatamente cercando il titolo del disco e non ne trovavo uno abbastanza catchy e interessante, che riuscisse a riassumere il concept che poi è “l’obsolescenza programmata”, anche negli esseri umani. Di questo nostro rapporto con la fine delle cose e con le scadenze. Il titolo quindi mi è venuto in mente da solo, non saprei spiegarti il perché, ci ho messo tanto. È forse il disco in cui ho impiegato più tempo a scegliere il titolo, che è arrivato addirittura dopo la chiusura del master, e dopo che avevamo scelto le grafiche. L’ultima cosa fatta per questo disco è stata proprio quella di trovare il titolo, però quando è arrivato ho capito che era quello giusto.
Il tema è esattamente quello che dicevamo: il nostro rapporto con il tempo e con la fine delle cose in un’epoca in cui tutto dura molto meno.
Infatti è arrivato così, ma sembra un titolo studiato a tavolino.
Sì, in effetti era lì. Abbiamo lavorato molto al disco, al concept, alle grafiche, quindi era sottopelle e doveva solo essere tirato fuori. Certe volte le idee escono da sole, son sempre state lì. Probabilmente era già lì, ma non avevo trovato la chiave per tirarla fuori.
Ho notato che già nel tuo disco precedente, Sindrome di Tôret, hai iniziato ad evolverti anche dal punto di vista musicale. Non è più un semplice cantare sul classico beat, ma ci sono molti strumenti, e ho visto che in Iodegradabile questa tendenza è aumentata ulteriormente. Ci ho sentito molto Rage Against the Machine, Beastie Boys, Gorillaz.
Quindi, innanzitutto ti chiedo se ci sono altre ispirazioni oltre a queste e se la sperimentazione musicale farà parte anche del tuo futuro, se continuerai così, insomma.
Beh, per adesso penso che continueremo così, anche perché ho la fortuna di collaborare con tanti musicisti bravissimi e grandi compositori, quindi ho la possibilità di andare in luoghi per me inesplorati, perché le mie conoscenze tecniche non me lo avrebbero concesso. Quindi è grazie alle persone con cui lavoro che posso sperimentare. A me la musica è sempre piaciuta in tanti modi diversi, quindi prima era più difficile per noi, per me, Kavah e Frank, arrivare in certi posti. Oggi con i musicisti ci si arriva più facilmente e posso dirti che sì, farà ancora parte del nostro percorso, perché ci divertiamo. Perché ci piace tanta musica diversa, le ispirazioni son quelle che hai detto tu, ma potremmo aggiungere anche Anderson .Paak e Mc Miller, che sono due artisti contemporanei che ci hanno molto influenzato, qualcosa di Kendrick Lamar, J. Cole dal quale personalmente, nella scrittura del rap, ho preso molto spunto. Quindi, sai, ci sono tanti artisti diversi. Però lo posso fare proprio perché non sono da solo e ci sono dei musicisti che sanno suonare e mi danno questa possibilità.
Invece per quanto riguarda il tuo stile, non nel senso musicale, ma dei tesi e di quello che dici, ho notato che c’è una cosa che ti contraddistingue: il fatto di riuscire a dire delle cose che assumono un significato e un valore, solo perché le stai dicendo tu. Ad esempio, in La Tua Futura Ex Moglie dici: “non so il tuo nome, ma la tua risata abbinata a quel culo basta già”.
Penso che una frase del genere, detta da un altro rapper, sarebbe passata come una cosa da “coatto”, o da rapper autocelebrativo. Invece, detta da te, risulta estremamente romantica.
Ah beh, grazie. Non saprei dirti perché, è una cosa che mi dici tu per la prima volta, ma non so perché succede. Probabilmente perché, anche quando faccio il coatto poi, in fondo in fondo, coatto non sono, e quindi rimane quella patina lì… È come sentire usare dei francesismi da una persona da cui non te l’aspetti, non sembrano di classe, ma non so dirti perché.
Quindi, semplicemente metti nero su bianco quello che hai dentro. Esprimi te stesso, senza costruzioni.
No, no, quella frase è più o meno quello che ho detto alla ragazza per la quale ho scritto la canzone. Dal momento in cui l’ho vista mi è piaciuta e ho semplicemente provato a riassumere il fatto che non mi serviva nient’altro che vederla per decidere di andare ovunque in sua compagnia. Era un modo di riassumerlo cercando di prendersi poco sul serio, di metterla su un piano giocoso, senza essere troppo volgare. È esattamente quello che sono, senza troppi sforzi, nel senso che poi cerco la forma migliore, ma comunque è sempre espressione di quello che sono e di quello che ho dentro. Non c’è così tanta ricerca.
Infatti, oltre a trattare la situazione politica italiana, come hai fatto molto spesso anche negli album precedenti, in questo disco in particolare poni molto il focus sulle relazioni amorose, visto quello che dicevamo, e lo fai in maniera molto reale, non proprio a voler togliere completamente la poesia, che comunque c’è, ma concentrandoti molto di più sugli aspetti reali, che chiunque può vivere e nei quali tutti si possono rispecchiare.
Certo, perché in fondo alla fine è quello. Nel senso che è bello parlare dell’amore come se fosse sempre perfetto come lo raccontano nei film. Però poi in fondo la vita non è un film, e noi ci troviamo tutti, in un modo o nell’altro, a vivere delle relazioni che non sono come quelle che ci raccontano nelle canzoni. È una forma di neorealismo. Perché raccontare storie che non esistono? Cerchiamo di raccontare quello che succede veramente. Io personalmente come ascoltatore sono un po’ stufo che mi vengano raccontate cose che poi non vedo davvero, e quindi: o sono io che sono sbagliato o qualcuno si inventa le cose.
Io preferisco la realtà. Non c’è nulla di male nel contrario, parlo di una relazione che per molto tempo è stata importante e credo di averla descritta nel massimo rispetto. Dopodiché non è tutto perfetto, anche perché risulterebbe noioso. Provo sentimenti importanti per la persona alla quale sono rivolte le mie canzoni, anche se non è andata bene, però non è stata la storia di un film, perché noi non siamo personaggi di un film.
In questo senso, visti i due temi principali dell’album, mettendo insieme le due sfere: quanto la situazione socio-politica che viviamo in Italia influisce sui rapporti tra le persone?
Beh, tanto. Per colpa del fatto che è tutto troppo polarizzato. È tutto un discorso a squadre, di schieramenti opposti, dove c’è poco confronto, poco approfondimento e molta contrapposizione formale. Cioè, si finisce spesso a trovarsi in disaccordo, in modo anche veemente, con persone con cui magari, se si fosse presa la questione in modo laterale, non si sarebbe arrivati a scontrarsi così. Mentre c’è questa tendenza, ma dappertutto, non solo in Italia, a polarizzare tutte le questioni. Ma io ce l’ho anche per chi, anche pensandola come me, polarizza gli argomenti. Infatti, in Mostro c’è un riferimento a personaggi di cui ho stima, ma che trovo abbiano una comunicazione sbagliata nel rivolgersi alla gente, perché secondo me acuiscono ancora di più questo momento di difficoltà del nostro paese. Però sì, sicuramente la situazione politica influenza anche la vita di tutti i giorni. Perché, in fondo, se sbraitano tutti quelli che vediamo in televisione o sui giornali, poi va a finire che sbraitiamo anche noi. Siamo tutti influenzati da ciò che ci circonda.
Visto che poi, di motivi per sbraitare, ultimamente ce ne sono.
Ce ne sono! Ma ce ne sono sempre! Il punto è che, secondo me, sfogare la propria rabbia non è un’azione consapevole. È una conseguenza automatica, ma non c’è pensiero, mentre il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di usare questa rabbia per fare qualcosa e migliorare la nostra condizione. Non sfogarci e basta, perché tanto la rabbia non passa, se non solo momentaneamente.
Bene, cambiando argomento, all’interno del disco a volte fai riferimento ad alcune città, spesso anche senza nominarle. Ovviamente c’è Torino, ma c’è anche Bologna. Che rapporto hai con queste città?
Mah, sono innamorato di entrambe. Torino, vabè, perché è casa e Bologna perché lo è stata. Perché la persona di cui parlo nelle canzoni è bolognese e mi ha fatto sentire a casa. Poi è la prima città all’infuori di Torino in cui ho suonato, in cui sono stato accolto in un certo modo, musicalmente parlando, quindi ho sempre avuto un bellissimo rapporto con questa città, e poi forse questo mi ha portato molto spesso a delle frequentazioni bolognesi, nella fattispecie, la ragazza di cui ti parlavo è proprio di Bologna, quindi ho un rapporto molto stretto con entrambe.
Che poi Torino e Bologna sono tra le date che hai già in sold-out in vista del tour. A proposito di città, sono anche quelle in cui preferisci esibirti? O ce ne sono altre in cui ti diverti e hai molto seguito?
Io mi diverto spesso dappertutto, perché suonare è divertente, soprattutto quando c’è partecipazione della gente. Milano, per esempio, è una bella città in cui suonare perché c’è tanta gente sotto il palco, c’è una bella partecipazione ed è figo. Ma anche Napoli e Bari sono due città in cui suono sempre volentieri. Bologna e Torino, ma anche Padova… Firenze mi ha dato sempre tante soddisfazioni. Il sud, in generale, mi piace tanto ma è più difficile suonarci in inverno, è più facile che ci si vada in estate, quindi bisognerà aspettare un po’ per tornarci. Però non ho preferenze, mi piace tutto e mi piace comunicare nel miglior modo con i locals.
Ultima domanda: negli ultimi due anni, secondo me, in Italia sono usciti parecchi dischi molto validi nel rap. Quali sono quelli che ti sono piaciuti di più?
Beh, Scialla Semper (Massimo Pericolo) e Persona (Marracash) sono due dischi recenti che più mi hanno colpito, mi hanno riavvicinato al genere, devo dirti la verità. Mi stavo un po’ allontanando, mentre l’ultimo disco di Marra e il primo disco di Massimo Pericolo mi hanno assolutamente illuminato e mi hanno fatto tornare una gran voglia di fare rap. Poi, secondo me, anche Regardez Moi di Frah Quintale è un bel disco, anche se non so se si possa definire propriamente “rap” in senso stretto, però questi dischi sono quelli che mi hanno riconciliato con la musica italiana.