Sono le 17.30, è appena finito il sound check pomeridiano e gli Youarehere si ritirano nel salone riservato a staff e artisti. Il rinfresco a quest’ora è solo un aperitivo e il trio deve anche affrontare tra pochi minuti il servizio fotografico. Un po’ per stanchezza e un po’ per comodità, si decide di mettersi tutti seduti sui divanetti della sala a discutere di cosa è stato e di quel che sarà del loro progetto.
La band elettronica romana è composta da: Claudio Del Proposto, Patrizio Piastra e Francesco Stefanini.
La partenza di questo progetto era pensata in senso locale, per arricchire il panorama musicale della penisola, o avete da subito lavorato per andare fuori.
PP: Siamo andati immediatamente fuori, perché comunque le prime etichette, i primi uffici stampa, le organizzazioni di booking che abbiamo contattato erano tutte estere; poi ci siamo dovuti un attimo ridemensionare, perché eravamo ancora un gruppo agli inizi e ci conveniva partire da qui per intanto farci le ossa.
CDP: Sì, diciamo che la volontà e l’ambizione del progetto nasce per l’estero e ancora adesso abbiamo questa volontà internazionale. Pur conoscendo i limiti, perché l’essere italiano non ti dà tutta questa credibilità aprioristicamente parlando per i diversi progetti, ma comunque siamo riusciti a fare qualche data all’estero.
Quindi quale è stato dunque l’ostacolo che avete trovato all’estero e che vi ha portato a legarvi all’etichetta Bomba Dischi?
CDP: Originariamente abbiamo cominciato a mandare demo a tutte le etichette, piccole e non. All’estero abbiamo trovato un’accoglienza tiepida, con qualche buona recensione, ma è stato molto difficile guadagnare credibilità, non avendola in principio qui in patria; è stata quindi una necessità quella di ripartire dalle basi. Il primo disco è stato prodotto da una label milanese che ha fatto un lavoro discreto, fino ad un concerto fatto allo Youthless di Rieti dove abbiamo conosciuto i ragazzi di Bombadischi. Da qui in poi c’è stato un ep e poi infine Propaganda nel 2015.
Prima è stata citata l’ambizione: quanto per un gruppo o per un artista ci deve essere ambizione in quello che fa? Ultimamente molti progetti che nascono puntano sull’autoironia e in generale a non prendersi sul serio, risparmiando magari sulla produzione che tende più sul lo fi. Quanto quindi di questi due elementi credete ci sia bisogno in un progetto musicale?
PP: Secondo me anche chi parte per goliardia o per gioco comunque ha di fondo un’ambizione che lo porta avanti, anche soltanto quella di portare questo suo atteggiamento nella musica. Nessuno fa musica tanto per passare il tempo.
CDP: Poi per quanto riguarda il nostro caso specifico, l’ambizione è anche il prendere seriamente questo progetto e noi spesso tendiamo a prenderci fin troppo sul serio, che è un pregio e un difetto al tempo stesso. Nella musica quindi tendiamo a prendere tutto molto seriamente.
PP: Conta anche molto ciò che proponi: il nostro è un genere musicale dove c’è poco spazio per lo scherzo e per il prendersi poco sul serio. Più in là dell’intrattenimento non può andare e non c’è proprio margine per fare i buffoni.
FS: Dipende anche da quello che sei tu e da come vuoi presentarti come artista: prenditi sul serio se sei una persona che si prende sul serio, ma se sei una persona giocosa e ironica è giusto che tu faccia musica nel modo in cui ti riesce più naturale. Da ascoltatore io lo sento e lo vedo sul palco: quello che trasmetti è quello che sei.
Rispetto all’ambiente musicale romano, ma anche di Roma in sé come città, quanto è stato stimolante e quanto è stato un freno per la vostra musica e per le vostre influenze?
CDP: Guarda devo dire che Roma ci ha accolto molto bene.
PP: Noi siamo tutti e tre di Roma e la città la viviamo abbastanza.
CDP: Secodo me è stato un vantaggio essere di Roma perché comunque la svolta del concerto dello Youthless è stata possibile anche passando per il passaparola delle conoscenze romane, grazie ad una scena che qui è molto attiva e produce molta gente anche se non del nostro genere. Da questo punto di vista Roma è come Bologna. Ritengo non a caso che le scene più importanti per noi sono due in Italia: Roma e Bologna, ed essere di Roma ci ha permesso di suonare in locali come Circolo degli Artisti.
PP: Rispetto alle difficoltà della Provincia, per dire, siamo stati avvantaggiati, anche se sono dell’opinione che ormai conta sopratutto quello che fai e come lo fai.
CDP: Io invece ritengo che non sia così facile impattare con un locale importante così facilmente allo stesso modo di come può succedere nascendo in una piazza musicale importante e tramite conscienze e colpi di fortuna.
L’ultima domanda a questo punto è: che cosa è cambiato finora e cosa cambierà, ma sopratutto cosa volete cambiare nel vostro percorso?
PP: Intanto è già cambiata l’etichetta. Dal punto di vista musicale c’è una novità nell’approccio di comporre e di proporre anche fra di noi i pezzi. Già il fatto che Francesco in questo disco qua è parte integrante anche nella composizione, sicuramente svilupperà un sound diverso da Propaganda e ancora più distante dagli esordi!
CDP: Auspicheremmo maggiori possibilità per tutte le band. Questa è una cosa che auspichiamo fin dal primo disco. Più accessibilità di ascolti e maggiore interesse nei confronti di chi fa musica e per un motivo o per un altro non riesce ad avere visibilità.
FS: Forse dirà una cosa un po’ scontata, ma l’avvento della musica in televisione ha un po’ creato, un po’ di blocco di più rispetto ad uscire, andare al locale e scoprire il gruppo. Mi ricordo che prima si andava al locale anche solo per prendersi una birra e per caso ti capitava di scoprire un artista o una band; sicuramente c’è da fare uno sforzo in più per scoprire l’artista che magari adesso si vede su Sky e X Factor.
Davide Cuccurugnani
Foto: Gabriele Cananzi