Freddo pomeriggio di pioggia a Roma, “Non pensavo di trovare questo clima, non sono neanche coperto a sufficienza!” esordisce così Alessandro Grazian, classe ’77 e giunto al decennale della sua carriera con l’ultimo album L’età più forte, il suo quarto LP.
Quest’anno festeggi il primo traguardo a doppia cifra. Come lo vivi se ti guardi indietro, e come pensi che sarà il futuro.
È stato un percorso molto intenso, anche se nei miei sogni avrei voluto fare un disco in più. Alla fine il bilancio è più che positivo, ma cerco sempre di alzare l’asticella delle aspettative. Il mio rimane un progetto di nicchia, ne sono consapevole, ma sono stato tenace, ho ancora molte cose da dire e ho voglia di dirle. Per questo non mi sento assolutamente arrivato, è una sorta di nuovo esordio. Rispetto al futuro non so cosa aspettarmi, anche perché in questi 10 anni ho capito che il percorso non dipende solo da noi stessi, ma anche dalle circostanze. Io, quindi, ce l’ho messa tutta.
Sembra che L’età più forte sia una summa del tuo percorso, sia a livello sonoro che compositivo. È così?
È così, io per primo l’ho vissuto così. Lo considero un traguardo proprio per questo. Ho sempre cercato di dare un’identità ben precisa ai dischi precedenti: mi piaceva che fossero dischi monocromi, con dei mondi rappresentati in maniera coerente. In questo album, invece, mi sono lasciato andare ed ho pensato che potevo smettere con le cose monolitiche e iniziare a mischiare tutti i miei mondi, l’acustico con l’elettrico, gli archi con i fiati e l’elettronica. E’ anche più di una summa, però è un disco che fotografa una serie di mondi che ho toccato, senza nascondermi dietro una maschera.
Anche il titolo citazionista è riferito a questa sensazione?
Esattamente: l’età sono proprio i 10 anni, e più forte proprio perché ho mantenuto le redini del progetto e sono riuscito a portarlo avanti. È stato quasi più faticoso del disco d’esordio, poiché cresco io, cresce il nome del progetto, ma le condizioni non vanno sempre di pari passo, e bisogna trovare il modo che tutto sia all’altezza dell’ambizione, che dopo 10 anni è più alta.
In questo contesto, come si colloca la scelta di realizzare il disco con Musicraiser?
Si sta ridefinendo il panorama delle etichette e si stanno mischiando le carte. In questo, l’esperienza su Musicraiser mi ha garantito di fare il disco senza dover aspettare un anno e mezzo in più. Inoltre, mi ha anche permesso di avere un legame diverso con il pubblico: avevo un po’ di pudore a coinvolgere le persone, ma ho ricevuto dei bellissimi feedback, e questo fa sentire meno solitari. Scopri che c’è un numero di persone disposte ad investire su di te, sulla fiducia, ed è una cosa per niente scontata se pensi che il loro investimento è stato a scatola chiusa. Vuol dire che qualcosa ho seminato, e la fanbase è spalmata su tutta Italia, e non solo. Penso che il crowdfunding sia importante in questo momento della nostra discografia, perché permette ai progetti alternativi di andare avanti.
Torniamo al sound dell’album: quanto è stato determinante il clima di fermento dell’underground milanese, per ottenere questo suono caldo e potente? Penso al Rock’n’roll Circus, penso a progetti come I Bellocci con De Rubertis…
Suonare tanto insieme ha influito, sicuramente. Aveva già iniziato ad influire in Armi, ma adesso è stato determinante. A Milano mi sono riappropriato del background rock che avevo da ragazzo e che avevo abbandonato in favore dell’esperienza solista, e in favore di un mood più intimista ed acustico. Con il Rock’n’roll Circus ho ricominciato a suonare la chitarra elettrica dopo quasi 10 anni, e questo mi ha rimesso a mio agio, circondato da persone stimolanti. Voglio scardinare quell’idea che le persone avevano di me, conoscendomi soltanto come il “cantautore con la chitarra acustica”, e vivere a Milano, frequentando queste realtà, mi ha sbloccato.
Però in Corso San Gottardo c’è un riflesso amaro di Milano, un po’ a la Bianciardi…
Io sono di Padova, e appena arrivato a Milano lo stacco è stato violento. Questa canzone racconta il mio arrivo con gli occhi e la consapevolezza di adesso. Vivo a pochi passi da Corso San Gottardo e, appena arrivato, riuscivo a smarrirmi per alcune cose che vedevo. Quella, però, era la vita reale, senza visione romantica: è stata dura, anche perché non mi sono trasferito 18enne, ma a 31 anni, con il carattere già definito e meno plasmabile. Tuttavia amo Milano e ci sto molto bene.
In questo album ho notato una cura quasi maniacale del sound: suona perfettamente e, rispetto ai primi dischi, emerge di più la tua attitudine di produttore. Ha influito l’esperienza di aver prodotto lavori altrui, come il disco di Federico Fiumani?
Quest’attitudine è maturata nel tempo, soprattutto nei cinque anni intercorsi dalla scrittura del primo disco fino alla sua pubblicazione. In quel periodo mi sono scatenato in ascolti feroci, ed è stato una fucina creativa importante. Per me, fare un disco significa occuparsi di tutto, e in questo caso ho trovato un ottimo complice in Cooper, lavorando a 4 mani. Senza la superproduzione è dura, ma abbiamo lavorato bene, e sono contento che si percepisca. Come ascoltatore mi piace godere di produzioni ben fatte. Con Federico è stato bello perché mi ha dato carta bianca, ci siamo trovati d’accordo e ci siamo venuti incontro, io maniacale nei dettagli e lui più attento ad altre cose. È stata un’esperienza che mi ha dato molto anche a livello umano, non avrei mai pensato da ragazzino di produrre un disco di Fiumani!
Uscendo dal disco, la tua attività da pittore prosegue?
Al momento è un po’ ferma, ho dovuto accantonarla perché richiede molto tempo. Adesso voglio concentrarmi sulla musica perché a 50 anni mi vedo bene come pittore, ma devo ancora capire se mi vedo come musicista. In futuro, quando avrò più spazio e più tempo, mi dedicherò di nuovo alla pittura.
Adesso stai promuovendo il disco in acustico in giro per l’Italia. Quando ti vedremo con la band al seguito?
Esatto, per ora sono solo e in acustico, ma dalla tarda primavera inizierò ad andare in giro con la band, e poi vedremo come vanno le cose.
Luca Secondino