– di Assunta Urbano –
Tra i synth della new wave tipici degli anni Ottanta e il punk-rock del decennio successivo, prende il via il progetto electro-pop di I’m Not a Blonde. Il duo italo-americano, formato da Chiara Castello e Camilla Matley, pubblica il disco “Introducing I’m Not a Blonde” nel 2016.
All’esordio fanno seguito “The Blonde Album”, “Under The Rug” e l’EP “Songs from home”.
Nel corso degli anni, le due si sono fatte conoscere soprattutto al pubblico del nord Europa, ma con il loro respiro internazionale hanno aperto i live italiani di grandi band come Franz Ferdinand, Killers e Wolf Alice.
Oggi, venerdì 10 dicembre, solo all’inizio di un inverno gelido, esce per INRI/Metatron “Welcome Shadows”, la prima parte del nuovo lavoro di I’m Not a Blonde. Il secondo capitolo “This is Light”, invece, vedrà la luce nel 2022.
Nell’attesa di poter trovare la luce in fondo al tunnel, gettiamoci nell’oblio. E che l’ascolto di “Welcome Shadows” abbia inizio.
“WELCOME SHADOWS”
PART I
Il lavoro completo, composto da “Welcome Shadows” e “This is Light”, nasce dalle contrapposizioni tra giorno e notte. Ovviamente, in contrasto sono proprio le anime di Chiara Castello, più ottimista, e Camilla Matley, più cupa.
Il progetto I’m Not a Blonde è ricco di questa dualità e di contrasti. Per arrivare davvero a vedere la luce, bisogna tuffarsi nel buio e uscirne da vincitori.
“Welcome Shadows” prende forma nel corso delle varie fasi di lockdown che abbiamo vissuto. Una grande novità per la band riguarda i testi, che, per la prima volta, vedono anche la lingua italiana messa in gioco.
Musicalmente, invece, i pezzi sono molto più elettronici rispetto alla storia del duo.
La prima traccia è “1984”, palesemente ispirata all’opera omonima di George Orwell. Il brano è forse il manifesto dei cinque. Un inno al coraggio di esprimersi liberamente, con il suo turbinio di emozioni, tra paura, scoperta, abbandono, amore e solitudine. Il tutto inserito in una cornice synth-pop, che dà un’altra visione alla canzone stessa.
Una delle ricchezze principali del disco si percepisce nel gioco delle due voci. In “White Roses” questo aspetto diventa ancora più evidente. Le due tonalità diventano a loro volta strumenti e si fondono con i beat e le leggere chitarre.
“WELCOME SHADOWS”
PART II
“Circles” parla del dover ricominciare e sembra l’unica canzone poco cupa nel complesso. «Le cose ritornano e ripartono» appare come una sorte di litania ottimista. Ma i “cerchi”, in realtà, presuppongono un inseguimento infinito della felicità, che non verrà mai raggiunta.
Troviamo in scaletta “Winter is not coming”, in cui si pongono una serie di domande esistenziali ad uno sconosciuto interlocutore. Il brano tratta il tema dell’ambientalismo, fino a gettarci al futuro catastrofico che ci attende fuori dalla porta.
Quinto e ultimo pezzo, è arrivato momentaneamente il tempo di dirsi addio. Con “Ghost” I’m Not a Blonde cantano di una relazione finita. I due corpi si distaccano così tanto e uno dei due, quello che soffre più la separazione, prende le sembianze di un fantasma.
I’M NOT A BLONDE CI GUIDANO IN UN VIAGGIO SONORO
NELL’UNIVERSO OSCURO DI NOI STESSI
“Welcome Shadows” porta allo scoperto un insieme di emozioni negative, che da personali diventano collettive ed estremamente condivisibili. Forse, le vedremo superate nel secondo capitolo “This is Light”.
In queste canzoni ci ritroviamo immersi in un racconto di speranze perdute, sogni infranti, pur non perdendo la tenacia di reagire al presente.
È un EP che si appresta ad un ascolto serale, notturno, purché sia solitario. È l’incontro con i propri demoni interiori e la sfida giornaliera con le ombre onnipresenti.
L’ascoltatore si ritrova in bilico, in una transizione continua, e non può né tornare indietro, né andare avanti. Si è bloccati in una fase di passaggio, ma si hanno le armi giuste per affrontare la battaglia. Almeno fino a quando non si conoscerà il seguito di questa storia.
Così, ci si sente al buio. Questo, è ciò che si nasconde dietro i riflettori. Approcciarsi a “Welcome Shadows” di I’m Not a Blonde è stato come fare i conti con se stessi e con il vuoto interiore, impossibile da riempire.
Non ci resta che goderci questi cinque brani malinconici, prima che la luce ci travolga.