Da Sanremo a Castrocaro, passando per tantissime collaborazioni musicali e teatrali. Chi è Silvia Conti lo sapranno certamente gli amanti e i reduci dei meravigliosi anni d’oro della musica italiana, gli anni delle rivoluzioni studentesche, gli anni della creatività che metteva semi in ogni dove, dalle strade di tutti i giorni ai grandi palazzi del potere. Anni irripetibili (forse), ce lo dice anche lei con un pizzico di nostalgia. Silvia Conti torna in scena oggi con un suo lavoro personale che intitola “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)” pubblicato oggi da RadiciMusic (una label toscana attentissima alla filosofia dei progetti che sposa) e guidato dalla produzione artistica di Roberto Mangione, compagno di vita della cantautrice toscana. Un disco pop, un disco sociale, un disco che per molti versi non la manda a dire. Gioca con quel fare americano per certi modi di concepire le chitarre elettriche, con quel sapore africano nel dosare le percussioni e i colori di scena. In rete il video ufficiale. Beh non c’è altro da dire: bentornata Silvia.
Un ritorno in scena. Probabilmente il primo ritorno in scena da cantautrice in tutto e per tutto. Come ti senti e come lo vedi questo rimettersi in gioco?
Lo vedo molto positivamente. È stato divertente e mi sento bene. Ho avuto la fortuna di incontrare fantastici compagni di viaggio che hanno saputo interpretare alla perfezione quello che desideravo. Mio marito Roberto Mangione è stato fondamentale nell’arrangiamento e non meno importante è stato per me poter lavorare con Gianfilippo Boni, un gigante nell’ambito musicale. Il contributo poi di musicisti di alto livello ha fatto il resto.
In questi anni non sono mai stata ferma ma avevo veramente voglia di fare qualcosa di mio, che mi appartenesse davvero e ci sono riuscita.
Restando sul tema: rimettersi in gioco a piedi nudi, cioè senza costruzioni e senza maschere?
In realtà è una specie di auto citazione: un modo di prendermi in giro dal momento che i miei piedi sono sempre multicolori, come si vede dalla foto di copertina. Però è vero che quando siamo a piedi nudi siamo a contatto con la terra, siamo più “selvaggi” e quindi, probabilmente, più veri.
Quanto colore, quanta “Africa” e quanta attualità in questo nuovo disco. Che disco senti d’aver scritto oggi?
L’Africa è presente, si percepisce molto bene (anche grazie alle percussioni di Dario Castiello). È anche il nostro luogo di origine, il luogo di partenza di tutto, anche della musica. Mi piace che si senta quest’atmosfera ma non credo sia la “colonna sonora” del disco, ne è solo una parte. Volevo che si sentissero tutti e quattro gli elementi, acqua, aria, terra e fuoco, mescolati con il gioco e l’ironia.. Credo di aver fatto un disco positivo, che fa stare chi lo ascolta come ha fatto stare bene me nel farlo.
Guardando indietro nel tempo, a quella Silvia Conti un po’ “figlia dei fiori” (se mi concedi la parola). Oggi chi sei diventata?
Sono sempre quella, non sono cambiata poi molto e credo che ascoltando il disco si senta. Le mie radici umane, culturali e musicali appartengono alla irripetuta (per ora) stagione degli anni ’60/’70 e mi stupisco per come il mondo si sia evoluto con moto retrogrado. Ciò non toglie che il mio presente sia ora e continuò ad assorbire il più possibile ciò che di buono trovo intorno a me.
“A piedi nudi” è un disco di denuncia o un disco di semplice presa di coscienza?
Sono presenti entrambi gli aspetti, ne è un esempio “Il canto della scimmia”; io lo sento però più come un disco vitale, divertente, estremamente vario, uno di quei dischi che ascolti volentieri durante un bel viaggio in macchina .
Parafrasando il titolo del primo singolo estratto: alla fine hai avuto ben chiara la direzione da intraprendere? Questo disco dove ti ha portato o dove ti ha fatto arrivare?
Si. Si senza esitazione. “Tom Tom” è un inno alla vita, è la catarsi di un evento drammatico, molto difficile, vissuto in prima persona in tempi assai recenti che io ho cercato di affrontare alla mia maniera, facendo “spallucce” e voltando pagina: sono fiera di questo brano e non è un caso che lo abbia scelto come primo video. Non so dove mi porterà questo disco ma non è importante: quello che conta è il viaggio.