“Madreperla” è il terzo e nuovo album di Francesca Palamidessi, il primo anche in veste di producer per la cantautrice romana
– di Roberto Callipari –
Ascoltare per la prima volta un disco come questo richiede uno sforzo. È un album diverso da molta altra musica che abbiamo ascoltato nell’ultimo periodo, è un disco che è anche difficile da inserire in un panorama prettamente italiano, soprattutto come produzione. L’opera è il risultato di anni di esperienze che l’artista nativa di Roma ha collezionato in formazioni collettive come compositrice e cantante.
Sono presenti eco lontane di molti artisti provenienti dalla sperimentale, magari non per forza come contenuto ma, quantomeno nell’intenzione, abbiamo davanti il lavoro di chi ha ascoltato approfonditamente (o almeno questo è quello che “Madreperla” mi fa venire in mente) Aphex Twin tanto quanto Bjork, ma anche Arca o Caroline Polachek, con una lista infinita che, probabilmente anche a causa dell’autonomia che contraddistingue la lavorazione del disco, potrebbe arrivare fino ad Okay Kaya.
Potremmo definire l’album di Francesca Palamidessi allora come un sophisti-pop un po’ dreamy, assolutamente contemporaneo e molto curato, non certo primo di qualche cliché più puramente pop, ma di certo interessante ed appassionante, fin dalla prima traccia.
Potremmo anche dire che “Madreperla” è una lunga corsa, una rincorsa. Al terzo album, l’artista originaria di Roma decide di mettersi in proprio anche nella produzione, arrivando a confezionare le sue perle, personali e private, per chiunque abbia voglia di infilarle nella propria vita.
Proprio come l’ostrica, Francesca Palamidessi lavora col suo vissuto, lavora col suo passato per tirarne fuori qualcosa di bello, qualcosa che si voglia raccontare agli altri, nella speranza di non essere mai soli nel nostro viaggio.
Le anime a convivere nel disco sono molte e varie, proprio perché quando si cerca di comunicare qualcosa non lo si fa solo per se stessi, ma c’è la voglia di coinvolgere il più possibile. Magari è per questo che nel disco coesistono avant-pop e jazz, sperimentazione, glitch e tanta voglia di andare oltre i generi, oltre le categorie.
“Madreperla” ne risulta un disco stratificato e compatto, ma non imperturbabile o inaccessibile, comunque non semplice e banale, ma di ricerca, per l’artista tanto quanto l’ascoltatore, con quest’ultimo che dovrà operare uno sforzo, almeno iniziale, per entrare nelle categorie logiche del disco. Ma c’è molto spazio.
Un progetto in grado di portare il cantautorato nel pop, nella sperimentazione, alla ricerca di mondi alternativi da esplorare.
Francesca Palamidessi è un’artista romana classe ’91. Studia pianoforte fin da piccola, poi scopre il violino e si avvicina ad un’orchestra giovanile. Scopre il canto, il jazz, studia in Italia e in Belgio, sviluppando un grande interesse per la ricerca e la sperimentazione. Si interessa in particolare alla composizione, cercando di unire la complessità della sperimentazione all’immediatezza della canzone. Dal 2018 è corista per Calcutta e di Elisa dal 2022. Oltre alla musica, coltiva lo studio delle arti visive, del video e della grafica.