C’è poco da dire dietro un disco meraviglioso come quello con cui fa il suo esordio CHARLIE Risso: si intitola “Ruins of Memories”. Americano, anzi appalachiano, anzi fuori tempo massimo per i talent show del presente digitale, per quanto anche Charlie nel suo presente musicale non si risparmia nell’uso dell’elettronica: sottile, trasparente, inesistente, a volte efficace. Ma per il resto sono corde e pelli e sudore e musica suonata, intima a acustica, epica, musica folk. Una voce che da più parti fanno ricondurre alla nostalgia dei Cramberries di Dolores O’Riordan: un sound che delle volte è didascalicamente antico, western, folk, da banjo e saloon, altre volte è psichedelico e industriale, indie, a tratti fitto di nebbia e polvere. L’ultima canzone “The Road” sembra uscita da un futuristico scenario di rinascita. Charlie mi ha stupito anche nei video. E non diciamo altro se non darle il benvenuto su ExitWell:
Vorrei iniziare questa breve chiacchierata con una riflessione. Erroneamente citiamo come FOLK una genere a se stante. Che poi alla fine dei giochi era questa la vera musica pop del tempo…
Beh il Folk nasce proprio dalla musica folklorica Dell’Europa trasferita poi in America gli strumenti che avevano erano quelli popolari quindi il violino e il banjo le chitarre il contrabbasso eccetera. Se pur i contenuti dei testi non fossero necessariamente delle opere di poesia ma trattassero di storie comuni e di un semplice vissuto quotidiano, non mi sento al 100% di classificarlo come pop dell’epoca. Perché poi il discorso è complicato prendi ad esempio i Beatles che erano certamente ritenuti i Take That dell’epoca ma oggi se analizziamo i brani dei Beatles e se proviamo a suonarli ci rendiamo conto della loro grande complessità. Per come lo intendiamo noi oggi dunque accostare il termine pop rischia di essere davvero un po’ sminuente nei confronti di un folk fiero, come quello di Dylan ad esempio.
Quindi se ti dicessi che Charlie fa musica pop…tu che mi rispondi?
Che nonostante mi divertano alcuni brani pop in realtà Charlie fa musica folk/rock
“Ruins of Memories”: come nasce questo disco, questa linea di condotta, questa immagine artistica e sonora?
Ruins of memories nasce da me, dalle sonorità che amo, dal mio modo di suonare e di raccontarmi ed é certamente il risultato dei miei ascolti di una vita. Sono un appassionata del genere e Folk, del Rock psichedelico e hard, ma anche punk, alcune cose metal, adoro Harry Belafonte… Credo che si arrivi ad un certo punto ad una maturità musicale, un percorso personale che fa sì che la propria impronta sia ben definita.
Hai pensato (o magari l’hai fatto in passato) di far arrivare questo suono a qualche grande nome che ha fatto la storia di questo genere musicale?
Certamente quasi tutti giorni. Sono una sognatrice ma anche piuttosto pratica. Credo che tentar non nuoccia mai. Seppur con discrezione. Non c’è nulla da perdere!
E nella vita di tutti i giorni…Charlie Risso in che età e in quale regione del mondo vive? In altre parole questo disco è solo un costume di scena o è un prolungamento di quello che sei?
Questo disco è molto vero é reale, non è solo una traduzione degli ascolti musicali ma è una traduzione dei viaggi, della voglia di confrontarmi e di conoscere il mondo. Se pur vivendo a Genova ormai da diversi anni (quasi 10) non mi sono mai negata il lusso di poter viaggiare appena possibile e così facendo ho conosciuto diverse persone, scambiato opinioni, vissuto magnifiche esperienze musicali e in alcune occasioni condiviso splendidi ed emozionanti palchi! Da ragazzina ho vissuto a Milano cinque anni per studiare arti grafiche successivamente mi sono trasferita a Londra per altri tre anni durante i quali ho lavorato, scritto canzoni e studiato la lingua. Insomma una vita in movimento. RoM Mi rispecchia moltissimo.
E per chiudere: alla fine il disco è anche molto attuale nei suoni…non hai pensato di lasciarlo più aderente ad un certo tipo di sonorità?
Quando abbiamo arrangiato il disco con Tristan Martinelli è stata una magnifica alchimia che ha funzionato da subito perché lui ha compreso esattamente l’intenzione che volessi dare ad ogni singolo brano. Se prendiamo the road che é la più psichedelica e si discosta leggermente da altri brani come Ash and Arrow che in realtà è molto più legata al mondo del folk, immaginiamo la strada di Cormac Mccarthy e le sue atmosfere da disastro post amico, accompagniamo il tutto con il suono della mia Gibson, non poteva mancare quel pizzico di psichedelica che richiama vagamente i Radiohead (altra band da me amata moltissimo sopratutto nella loro prima metà di carriera)e Tristan ci é entrato dentro perfettamente. Ha compreso l’intenzione ed arricchito magnificamente il brano con i suoi splendidi virtuosismi sonori. Non ci siamo posti delle regole dunque.