Talenti ore 15.00. Alla massima periferia di Roma nord est, con la Nomentanache ti attraversa e il raccordo a pochi minuti da casa, ci si ritrova ad un piccolo gazebo di un infelice bar insieme a Ludovico Lamarra, bassista della band. Lui, ormai quasi quarant’enne, è calmo e pacato, ma nasconde sotto l’aspetto adulto un ragazzo appassionato e vitale come un adolescente; ci si parla molto piacevolmente e di tante cose, non solo la band. Fuma il sigaro e, con un caffè nel mezzo, si inizia a parlare. Un nuovo album Fiore de Niente, presentato il 4 marzo a Roma e che ha portato quasi 2.000 persone all’Atlantico Live. Un successo simile non passa inosservato e fa nascere molta curiosità sul ritorno de Il Muro del Canto.
Parliamo del nuovo album, Fiore de Niente: innanzitutto perché questo nome?
La possiamo mettere in questi termini, L’Ammazzasette è stato un disco molto intimista, per cui, di tutto quell’immaginario romano a cui noi ci rifacciamo, siamo andati a ripescare sopratutto le tematiche dell’amore, della gelosia, quindi storie d’amore e de coltello per intenderci. Con Ancora Ridi ci siamo aperti ancor di più sul sociale, c’è stata un’attenzione maggiore ai temi del lavoro, del potere e a questo tipo di riflessioni. Se vogliamo Fiore de Niente racchiude entrambi gli ambiti che si sono andati a toccare nei due dischi precedenti. È un’elogio dell’inconsistenza e al fatto che la nostra generazione si è trovata e si trova tutt’ora a seminare, coltivare e dedicarsi a un qualcosa che quando sboccia in realtà non porta frutti; porta un fiore che è una rappresentazione alle cui spalle non c’è nulla di concreto.
Effettivamente che cosa è cambiato artisticamente dal vostro secondo album fino ad adesso? Cosa è cambiato e cosa voi volevate mettere dentro quest’album?
Da un punto di vista compositivo non è cambiato molto, poiché noi siamo un gruppo a tutti gli effetti e in virtù di questo continuamo a scrivere le canzoni nelle nostre sale prova, quindi siamo ancora un gruppo da cantina, se vogliamo metterla in questi termini. E, questo disco è stato a differenza degli altri, più ragionato, ma non perché ci siamo messi a tavolino e abbiamo detto “facciamo questo pezzo, non facciamo quest’altro”, più che altro perché ci siamo dedicati più tempo per registrare bene, per ascoltare più mixaggi, per fare anche un lavoro grafico differente da quelli fatti in passato; è stato più curato da questi punti di vista, anche perché il terzo disco, è un disco importante e secondo noi era necessario dedicare più tempo e più energie a fare in modo taleche uscisse un lavoro di un certo tipo e di un certo livello. C’è mancato ovviamente in questi cinque mesi di break forzato la dimensione live, perché poi tra l’altro è la nostra dimensione preferita e nella quale riusciamo a esprimerci al meglio, per il legame che c’è con il nostro pubblico e l’energia, come quella che c’è stata all’Atlantico per la presentazione del disco. Sono stati a parte tutto cinque mesi importanti, in cui abbiamo avuto l’opportunità di rallentare e abbiamo potuto dedicarci con attenzione al disco.
In questi anni avete avuto tantissime collaborazioni, molte anche importanti. Alcune come quella per esempio con gli Assalti Frontali, hanno partorito su Blob uno speciale molto interessante. In che modo queste collaborazioni vi hanno aiutato a crescere e cosa vi ha portato?
Certo! Ogni collaborazione getta sempre un seme. Nel caso degli Assalti Frontali e il pezzo de Il Lago che Combatte è stata un’esperienza particolarissima e molto forte per tutti noi perché ci siamo ritrovati a entrare dentro a tutto quel movimento di uomini e donne, tra quartiere Prenestino e Portonaccio, da anni portavano avanti questa rivendicazione affinché il lago dell’Ex Snia fosse inserito nell’ambito di un parco pubblico; quindi aver contribbuito, suonando, affinché questa lotta del lago avesse un eco più vasto e riuscisse a rompere e ad irrompere anche nel dibattito cittadino è stato per noi un’esperienza speciale. Però questo si è verificato nei confronti di tutte le persone che abbiamo incontrato nelle nostre collaborazioni, come Tommaso Piotta, i Colle del Fomento con i quali abbiamo suonato insieme in diverse occasioni, per non parlare di Chef Rubio e Zerocalcare, che hanno prestato il loro volto per il video di Figli come Noi, o le Bestie Rare con i quali siamo andati a suonare al Primo Maggio di Taranto. Sono stati incontri, ed è l’aspetto più importante da considerare, che non si sono mai ridotti a quel fine unico di fare una canzone insieme o suonare insieme ad un concerto, ma sono diventati veri e propri compagni di strada.
A proposito dei live: mi hai appena detto che avete suonato al Primo Maggio di Taranto, e mi chiedevo come un genere come il vostro, molto specifico e che rappresenta una città nel particolare, fuori da Roma come viene avvertito?
Fuori da Roma c’è curiosità, perché per quanto può essere vero che il romano, proprio come calata, come dialetto, ovviamente circoscrive l’immaginario a Roma, è pur vero che le tematiche che affrontiamo sono universali. Per cui quando andiamo a suonare fuori Roma c’è una curiosità mista a divertimento. Magari noi siamo abituati a Roma ad avere un certo tipo di reazioni, magari fuori Roma quelle reazioni arrivano su passaggi diversi, per noi diventa un momento particolare perché ci rendiamo conto di come magari quella stessa canzone possa suscitare reazioni differenti a seconda del contesta in cui si suona. Però non ci sono mai state situazioni nelle quali il pubblico è rimasto indifferente, anzi, siamo sempre riusciti a coinvolgerli e ad avere quello stesso tipo di impatto che abbiamo avuto magari a San Lorenzo o in altre zone di Roma.
L’impegno, o comunque l’interesse che dir si voglia, politico ne Il Muro del Canto, è sempre stata una cosa definita oppure no ed è venuta fuori successivamente? C’è stato magari qualche attrito da parte del pubblico e avete visto un cambiamento all’interno di esso? Questo perché spesso un genere popolare rispecchia il luogo dov’è nato e in questo caso una città molto grande ed estremamente eterogenea.
Intanto sottolineo che Il Muro del Canto non è un gruppo musicale politico. È inevitabile però che raccontare una città problematica come Roma e mostrarne le contraddizioni, che non soltanto a Roma ci sono, rispetto al lavoro, rispetto ai diritti, rispetto ad una serie di questioni è naturale in certi momenti prendere una posizione ed è anche inevitabile. Non ci sono mai state discussioni interne al gruppo; le scelte che abbiamo fatto quando ci siamo schierati o ci siamo espressi attraverso i nostri testi su un tema, sono sempre state comuni e spontanee. Credo che anche chi non la pensa come noi, su un determinato tema o su un determinato testo, ci riconosce però una purezza, se così vogliamo chiamarla, che è quella di un gruppo che non specula su certe tematiche per farsi pubblicità, ma un gruppo di persone che sente di dover dire la sua o di dover prendere la posizione su determinate questioni.
Tornando a parlare dell’album invece. In Fiore de Niente, c’è un pezzo che come band avete sentito come vostro, su cui, per esempio, la parte di songwriting o anche proprio quando lo siete andati a provare e a suonare, vi ha veramente preso molto?
Qui si entra anche in un terreno anche più personale, perché poi ognuno ha le sue preferenze, ognuno sente più vicino un pezzo rispetto ad un altro e così via. Sicuramente tutto il gruppo ha avvertito sensazioni più particolari quando abbiamo iniziato a scrivere Scende la Notte che è un pezzo che è molto più vicino al primo disco che al secondo e ci ha ricordato quelle stesse situazioni che provammo quando scrivemmo Luce mia, che è stato il nostro primo singolo. Personalmente posso dirti che Figli come Noi è un pezzo che sento incastonato in una esperienza che non dimenticherò mai che è proprio quella della realizzazione del video, con la quale abbiamo cercato di sostenere A.C.A.D., l’associazione contro gli abusi in divisa e grazie al quale ho avuto la possibilità di conoscere da vicino le famiglie coinvolte, di poter parlare con loro e di poter condividere anche quei momenti di serenità che sono conseguiti all’uscita del pezzo che abbiamo anticipato alla maratona in memoria di Stefano Cucchi, che si è svolta quest’estate a Roma, così come ad altre situazioni. Un’altro pezzo che a me piace molto, perché musicalmente rappresenta qualcosa di nuovo, è Venerdì, che se vuoi è un pezzo più scanzonato e meno in linea con quell’atmosfera cupa che contraddistingue il Muro del Canto; è un brano che presenta sonorità più western, più tirate, con un basso e una chitarra che vanno all’unisono e tutta una serie di passaggi che a me stuzzicano particolarmente.
E adesso? Per il futuro che cosa si prospetta?
Fortunatamente abbiamo diverse date, diversi concerti in giro, non solo a Roma. Stiamo preparando il tour estivo e ritorniamo finalmente a quella dimensione live che noi preferiamo.
Finita l’intervista ci si ferma ancora a chiaccherare un po’, del più e del meno e poi ci si separa per le rispettive strade.
Davide Cuccurugnani