– di Riccardo De Stefano
ph. copertina di Paola Panicola –
Roma è una città strana, complessa, che solo se ci sei nato e l’hai vissuta la puoi capire. E cantare. Il Muro del Canto quella Roma contorta, storta, sporca, che ti fotte quando può e se ne fotte se può, l’hanno vissuta e cantata a lungo. Forse mai però come con questo nuovo L’amore mio non more entrano dentro i tanti volti di questa Roma che sembra sempre cliché e diventa ogni volta scoperta, mistero e verità celata, apparenza e storia.
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Le canzoni della band si muovo sul solco della tradizione per esplorare il folk capitolino, contamindandolo di elettricità, unendo la fisarmonica alle chitarre in levare di Al tempo del sole, mostrando l’anima sporca nello storytelling di Roma maledetta e la tragedia umana di chi in carcere non potrà mai vederla più, la Città Eterna, di Cella 33.
Ma è una Roma che la propria Grande Bellezza non l’ha mai realmente conosciuta, se non tramite la Dolce Vita estetizzata nei film e mai reale per quel popolo che ancora cerca il riscatto da un Novecento che l’ha visto solo vittima.
Il Muro del Canto fa del folk la propria arma, della voce di Daniele Coccia lo spirito guerriero di chi non si accontenta mai, delle storie di Alessandro Pieravanti la voglia di raccontare, per un album che ci mostra orgogliosamente come la band abbia un proprio stile unico e riconoscibile – che come la Roma Capitolina cambia sempre per non mutare mai realmente – in un Mondo che sembra per forza di cose voler ricercare il ritornello semplice o l’espediente alla moda.
Le canzoni del Muro del Canto riescono nella difficile impresa di diventare atemporali – nonostante l’umano Tempo perso – finestre su una città che si fa Mondo, su di un passato quanto mai presente e quotidiano, su storie che è meglio raccontare a chi non le ha mai sentite, o ricordare per chi pensa che non ci sia più bisogno di ascoltarle.
L’amore mio non more è più di un disco, più di un omaggio a una città, più di un viaggio: è un manifesto – o un testamento – di un modo di vivere la vita, il sociale, affrontando senza distacco l’impotenza del Potere e della Rassegnazione che questa Città ha da sempre rappresentato. Ma che solo se ci siete nati potete davvero capire.