– di Naomi Roccamo –
Sono le 21 e 30 del 7 aprile 2021 e mi accingo a partecipare al mio primo concerto live streaming della vita. Anche in questo periodo a quanto pare c’è spazio per le prime volte. Mi chiedo subito: sarei andata a un concerto della Dark Polo Gang in presenza? Probabilmente sì, se fosse stato il 2018. Oppure probabilmente no e qui sta il bello. Mi accorgo di essere arrivata in ritardo, ovviamente, ma è il 2021 e c’è modo di recuperare tutto, o almeno tutto ciò che c’è di “tecnologico”.
L’evento è gentilmente ospitato da LIVENow MUSIC una delle pseudo resistenze musicali ai tempi del Covid che ci permette di godere ancora degli eventi “live”, anche se non si tratta di una vera e propria diretta e anche se i tempi di esibizione sono molto più brevi. La sezione dell’evento è Italian Graffiti, che aveva già ospitato i live di Mille (progetto da solista della cantante dei Moseek) e della dj siberiana Anfisa Letyago.
Si parte con “Sportswear” e le recenti “Dark”, seguiti da “Amiri Boys”, di cui Wayne Santana porta fieramente la maglietta, per arrivare alla vecchissima e intramontabile “Cono Gelato”, circondata da una scenografia piena, chiaramente, di coni gelato. Si chiude con “Taki Taki”.
La parte live più corposa è preceduta da un’intervista/intermezzo di Max Brigante, una certezza che rimango ad ascoltare volentieri. Peccato per i problemi di microfono che fanno somigliare le risposte di Tony Effe, Dark Pyrex e Wayne Santana a tratti a delle pernacchie. Ma i tre non si prendono così tanto sul serio, pur dimostrando sempre una certa sicurezza, legittimata dal loro stile deciso. In fondo non hanno nemmeno 30 anni e lo sanno bene. Iniziano però a dire di sentirsi un po’ vecchi con tutta la recente concorrenza giovanissima, Blanco, Madame etc. Nulla a che vedere con i loro esordi, in cui erano giovani, sì, ma non così tanto e soprattutto non così spaventosamente consapevoli.
Indubbiamente la DPG si è guadagnata un posto importante in quell’anno decisivo per la musica che è stato il 2016 (il momento di The Dark Album di Pyrex), ma anche fra le influenze italiane degli ultimi 5 anni; Tony, a nome del trio, parla di aver dato uno slang e una sfera melodica e non melodica, Santana di aver creato qualcosa non di gusto ma forte, aver dato alla gente modo di dire “non sono il più forte ma ci provo”, Pyrex sempre di coraggio e un uso diverso dei social, del sapersi promuovere su di essi in un anno di cambio generazionale.
Erano gli anni dei videoclip geniali a pochissimo budget, gli anni di “Bibbi” e di “Quanto cazzo sono british”, gli anni del “Triplo Sette Everywhere”. Gli anni degli effetti di tutto ciò sui liceali in cerca di definizioni ma anche di quelli sugli universitari che sapevano stare al passo con questo mood. C’è chi si ricorda Roma inglobata dalla leggerezza della prima trap italiana, quando si poteva passeggiare tutto il giorno per poi finire alla prima serata disponibile massacrati da un mix di indie e DPG, perchè è così che è andata per un po’ di tempo.
In DARK BOYS CLUB, definito un tape da club inter nos , fuori dalle interviste e dalle promozioni itineranti, il rione Monti della Dark Polo Gang incontra gli scalini trasteverini della LOVE GANG, gli altri occhi della Roma contemporanea. Questo è visibile in “DARK LOVE GANG” con Ketama 126, una collaborazione “coi cugini del liceo” arrivata anche troppo tardi, adesso che la musica è cambiata ed è diventata più versatile e quindi è più facile. Immancabili i Colle Der Fomento e il Truceklan se vogliamo parlare di romanità e crescita musicale e infatti vengono citati subito dopo. Ma c’è spazio anche per i Club Dogo.
Dopo la visione di una serie di meme e giochini, in cui si parla dello slang che i Beatles hanno portato al mondo, del lifestyle di Guè Pequeno, dei Sex Pistols a cui dicono di essersi ispirati durante il primo periodo e della collana che Tony ha copiato a Offset, riprende il live e Tony Effe torna in scena con il suo North Face.
Lo scudetto con scritto 777 e il Colosseo è sempre lì al centro, in mezzo a uno sfondo psichedelico. “Sex On The Beach”, la uso e la getto, “Gang Shit”, “SPEEDRUNNER” e “si può avere un the in sala, per favore?”, perchè è partita “British”.
Sento un “BELLA PE TUTTI I PISKELLETTI DARK” e penso ” non è nemmeno mezz’ora di live, impossibile che sia già finito”.
Tutto è veloce, essenziale, mirato. Non so come funziona coi live adesso, so che alla fine ci si sente come alla fine di una call su Zoom, come al cinema quando lo schermo diventa nero. Sarà perchè una volta per uscire dai concerti ci impiegavi il tempo che impiegavi a entrarci (l’era delle file per me è terminata) e invece adesso ti ritrovi da solo, molto probabilmente a letto, molto probabilmente triste. La fine non ha postumi, non ha strascichi, finisce nel momento in cui finisce.
Vedo i diamanti che rotolano via dalla scenografia, parte “Cambiare Adesso”. Ok, ora è davvero finito.