– di Angelo Andrea Vegliante –
Siete pronti a scommettere sui Flat Bit? La nostra risposta è sì. E non per partito preso, sia chiaro. Ma perché qualcosa lo stanno dimostrando. Cosa? Beh, ad esempio, tempo addietro ci hanno detto che loro “sono un cantiere aperto”, caratteristica abbastanza riscontrabile nel loro operato. “Il giorno dopo”, il nuovo disco della band di Montefeltro, racchiude proprio le essenze principali di questa formazione: sperimentazione, spavalderia, presa di coscienza, coerenza, lungimiranza artistica.
Anche perché, dall’ascolto del disco, balza subito all’orecchio lo strapotere musicale messo in campo dal quintetto: una fluidità espressiva nel riuscire a spaziare da un tipo di sonorità all’altro, ‘acchittando’ ogni volta un design sempre nuovo alle proprie sonorità. Pop, rap, elettronica, indie, qualche spruzzata rock, un potenziamento della ritmicità dance: c’è un po’ di tutto, ma con il giusto dosaggio. Nessun pastrocchio, non c’è la presunzione di chi vuole fare tutto e subito, mischiando il più possibile. C’è però la voglia di osare. Ascoltare per credere, ad esempio, “Opinione”, un brano completamente fuori dagli schemi rispetto a quanto fatto finora dai Flat Bit, tuttavia padroneggiato con completa disinvoltura.
Un tipo di coraggio che fuoriesce non solo nell’impianto musicale, ma anche in quello testuale. Nonostante fossimo abituati ai Flat Bit sbarazzini di “2000 mode” e “Tutti i giorni sorridente”, l’approccio adesso è più complesso, ragionato, introspettivo. E riflette i pensieri di una provincia che si svuota dei propri coetanei, gli stessi che magari si realizzano con una famiglia, aumentano le proprie responsabilità (volenti o nolenti), raggiungono determinati scopi. Mentre noi, incerti sul nostro destino, ‘zoppichiamo’ in un limbo autogenerato alla ricerca di una risposta, o anche semplicemente di un aiuto (“Luci Spente”).
Un’immagine multiforme e articolata, uno spaesamento emotivo che crea un nodo alla gola difficile da sciogliere. Banalmente, è la raffigurazione del turbamento che ci opprime alla fine di una serie televisiva tanto amata. Arriviamo a scavarci nel nostro quadro interiore, tanto da chiederci a che punto siamo con la nostra esistenza, e come stiamo approcciando con essa. Dubbi eloquenti che i Flat Bit fanno emergere nei diversi brani, in relazione anche ai tempi attuali, dove i sentimenti sembrano sempre più aridi e sintomatici di un’epoca dedita al protezionismo egocentrico (qui ascoltate “Macerie”). La risposta, forse e in parte, è contenuta in “Fuori dal coro”, nello sbandierare la speranza di essere sempre coerenti con se stessi. Tuttavia c’è anche il ripudiare l’omologazione forzata e di provare a vestirsi di una propria dimensione, con se stessi e in relazione agli altri (“Riparto da me” e “Ventitrè”) e il recuperare una sorta di sprezzante spensieratezza (“Occhiali da sole”). In questo contesto, riecheggia un’unica domanda: qual è “La Cosa Giusta”?
Una prova con se stessi che si racchiude in quel giorno dopo dai molteplici significati: qualcosa da affrontare rimandato da troppo tempo, un problema di cui bisogna affrontare le conseguenze, la presa di coscienza di un futuro positivo o la malinconia di un passato che ha chiuso un ciclo. Una liquidità concettuale – a cui ognuno può dare il proprio significato – che rende il nuovo album dei Flat Bit adatto per diverse caratterizzazioni personali.
Potremmo definire la nuova opera dei Flat Bit un album ‘ponte’ per chi sta ancora prendendo delle scelte, dedicato a chiunque sta muovendo nuovi passi inaspettati (e, alle volte, rischiosi) nel proprio piccolo mondo, dove noi siamo i protagonisti. Una cartolina corredata di aspettative e auspici, densa di emozioni contrastanti per la propria condizione di persona, uomo o donna che sia, ancora in lotta con se stessa, che guarda a “Il giorno dopo” come a una soluzione possibile, immaginabile, concreta. Pura.