Sopravvivere a una bomba atomica o a una storia finita, a una società senza ideali e drogata di Sanremo? Si può, la prova sono I vivi de Il fieno. Dopo un paio di EP, torna il quartetto lombardo con una co-produzione curata da Paolo Perego: Gabriele Bosetti, Gianluca Villa, Alessandro Viganò e Paolo Soffientini ci riprovano dopo un passato di piccoli successi coronati dalla critica.
Un lavoro indie pop a tutto tondo: il basso , chitarra elettrica e un drumming intenso creano un sound coerente e riconoscibile in ogni brano. Traccia dopo traccia è come ripercorrere un viaggio nel nord Europa raccontata con suoni freddi, decisi e crudi. Apre “Poveri stronzi”, il pezzo più ritmato dell’album con un intro a base di chitarra elettrica e batteria: una sferzata di energia per iniziare il viaggio tra i vivi.
“Non mi serve niente sai , se tu non mi ami più” si canta nella struggente “Hiroshima”, una preghiera d’amore che racchiude tutti i canoni di una ballad moderna. “Addosso la paura che abbiamo avuto sempre” racconta “Oslo” con rimandi iniziali al punk rock anni’80. Dal mare norvegese una “Maelstrom”, potente onda d’urto che crea immagini suggestive e potenti. Non manca nell’album una cover con “T’immagini Berlino”, tributo ai 100 motels. Chiudono “Del conseguimento della maggiore età”, un viaggio a ritroso nel tempo dove la maturità è essere se stessi e non cercare sempre di “guardare il mondo succhiandolo a fondo”. “Vuol dire crescere….non la so vivere ma so solo scrivere”: è la fine de “I vivi”. Si abbandona l’ascia di guerra con una ballad che segna sin dalle prime battute la chiusura di un album completo, che si farà notare.
Francesca Ceccarelli