– di Martina Zaralli –
Lèggere di concerti annullati e rimandati è diventato praticamente il triste ritornello della musica negli ultimi due anni, ma per (Il) Concerto Annullato organizzato da Management Russo sappiate che andremo in tutt’altra direzione. E per fortuna. In arrivo ci sono infatti due appuntamenti al Wishlist Club di Roma (via dei Volsci, 126) in cui si esibiranno tutti gli artisti del roster di famiglia, tra rock, punk, elettronica, pop. Un’unica rassegna divisa in due volumi: il vol. 1 di venerdì 11 marzo con Danilo Ruggero, Dinosauro, L’ultima Fila e Nabìr, e il vol. 2 di venerdì 25 marzo con Biba, Diamarte e gli special guests EDY e Le Larve. Management Russo, da dieci anni al fianco dei progetti musicali emergenti più interessanti, torna ad animare la scena romana: ne abbiamo parlato con il suo cuore e la sua mente, Ludovica Russo, che al telefono ci racconta dell’idea de (Il) Concerto Annullato, del suo lavoro nella discografia e di come mettere in circolo buona musica.
Cosa è (Il) Concerto Annullato?
(Il) Concerto Annullato è la rassegna che avrei voluto fare da due anni a questa parte per far esibire tutti gli artisti del mio roster, e che nel frattempo sono anche cambiati. La scelta del titolo è stata azzardata, rischiando di non essere compresa ed avere un effetto boomerang. In realtà, è stato poi tutto il contrario: sicuramente è stata una scelta di marketing, ma dettata dalla volontà di racchiudere, umanamente parlando, il mondo della musica degli ultimi due anni, soprattutto per il settore emergente. (Il) Concerto Annullato è sicuramente una festa per ritrovarci tutti: da chi suonerà sul palco, al pubblico, passando per gli uffici stampa e tutti gli addetti ai lavori che saranno presenti. Sarà un’occasione per incontrarci di nuovo con tutti i cambiamenti che la pandemia ci ha portato.
Dopo due anni di concerti annullati e rimandati, che sensazioni ti dà tornare alla musica live e a organizzare un evento?
(Il) Concerto Annullato doveva essere a gennaio, ma con l’aumento dei contagi è stato spostato a marzo. La riflessione da fare sull’organizzazione di un concerto non è soltanto da un punto di vista di fattibilità concreta dell’evento. C’è infatti tutto un discorso da fare proprio sull’elemento umano: cioè per il mettersi in gioco in prima persona dentro ritmi frenetici che prima del Covid erano considerati normali. Se vogliamo, adesso lo slancio, la prontezza, deve essere maggiore, perché non solo la pandemia ha rallentato un po’ tutti, ma anche perché sono stati due anni emotivamente altalenanti, nei quali – io personalmente – ho rielaborato il lavoro fatto fino ad ora, per capire dove arrivare, come arrivare. Mi sono chiesta moltissime volte se volessi davvero continuare: la risposta è stata sempre “sì”, e con più consapevolezza e professionalità. Se devo essere sincera, non so come me la sto vivendo questa ripresa dei live, perché purtroppo si percepisce ancora la sensazione di essere delle molecole che fluttuano separate nello stesso contesto. Siamo bloccati in un presente incerto e senza fervore, ma penso che ci saranno cambiamenti, anche se adesso non li percepiamo. La nostra generazione dovrà guardare ai giovani, alle nuove realtà musicali e farsi affascinare dalla loro tanta energia, la stessa che ci ha indotto tempo fa a scegliere di lavorare nella musica. Le fusioni sono sempre positive se viste con gli occhi del futuro.
Cosa vuol dire per te lavorare nella musica?
Mi sono avvicinata alla musica molto presto: ascoltavo i dischi dei miei fratelli maggiori per conoscere sempre cose nuove per poi ritrovarmi da adulta ad aver un bagaglio culturale musicale molto grande rispetto ai miei coetanei. In realtà, non avevo mai pensato di lavorare nella musica. Diciamo che è stata una convergenza di energie, iniziata circa dieci anni fa quando frequentavo Serenate Acustiche, il format che poi diventerà Spaghetti Unplugged. Durante quelle occasioni, ero ogni volta colpita dal legame che veniva a crearsi tra le persone che lavoravano nel settore della musica e quindi mi sono detta di voler farne parte. Lavorare nella musica per me vuol dire sicuramente tanto amore. Tanta cura. Gli artisti affidandoti i loro progetti, ti affidano i loro obiettivi, la loro identità artistica. È anche tanta responsabilità, ma anche tanta condivisione per fare insieme le cose al meglio possibile.
Scena romana emergente e gender gap: cosa puoi dire del confronto con i tuoi colleghi uomini?
Sì, nella scena romana emergente non ci sono altre manager donna e quindi mi confronto sempre con uomini. Siamo purtroppo molto indietro a livello culturale: c’è ancora l’idea che la donna non sia adatta a molti tipi di lavori e, per quello che riguarda la musica, vive la convinzione di una maggiore aderenza della donna ad altri ruoli, sicuramente non manageriali, o di un approccio alla professione con minor coscienza. La grande soddisfazione è invece quella di rendersi conto che spesso facciamo dieci passi avanti rispetto ai colleghi uomini, e secondo me ciò avviene per skill tipicamente femminili, tra cui l’estrema attenzione e cura, oppure la gentilezza. Questo nostro successo è impagabile. Ovviamente, in numerose occasioni ho lavorato molto bene con i miei colleghi uomini e, al contrario, è giusto rilevare che ci sono delle problematiche insite invece tra colleghe donne che rendono il mondo del lavoro estremamente competitivo, ma in senso negativo.
Tra gli obiettivi di Management Russo c’è quello di mettere in circolo buona musica: che consiglio daresti a un emergente per fare buona musica?
Per fare buona musica bisogna innanzitutto crederci. Ciò non vuol dire essere arroganti, perché c’è sempre un nuovo miglioramento da segnare: chi vuole rimanere nella storia della musica, non può pensare di sentirsi arrivato, ma anzi deve stare nel cambiamento. Come dire, l’unico traguardo da tenere ben presente è quello di chiudere il disco a cui si sta lavorando.