– di Giuditta Granatelli –
Il Cavallo di Torino, pseudonimo di Nando Fiorino, nasce a Marsala e comincia a fare musica nel garage dei suoi genitori, dando vita nel 2014 alla sua prima creazione, Stanza 1616, che verrà però pubblicato solo nel 2021. Già a una prima veloce lettura del comunicato stampa mi colpisce il suo alias, che si ricollega a un evento piuttosto singolare, che ha a che vedere con l’ultima fase della vita di Friedrich Nietzsche. Sull’orlo del crollo psichico, il filosofo tedesco vede un vetturino, esasperato, frustare brutalmente il suo cavallo, che rifiuta di muoversi. Ferito dall’efferatezza dell’atto, Nietzsche abbraccia l’animale, piange, lo bacia. Cade poi a terra in preda alle convulsioni.
Già dal nome dell’artista si evince il filo conduttore del suo operato: la follia. Da questo stato di alienazione mentale Il Cavallo di Torino è ossessionato: in positivo per via dell’interesse e degli stimoli artistici che esercita su di lui, in negativo perché si tratta di un interesse che va a scavare nei meandri più oscuri dell’animo umano.
Io, che da bambina rifiutavo l’idea che la mente umana avesse dei limiti, che a quattordici anni avevo una sorta di fissazione con il raccogliere informazioni sugli effetti delle varie droghe e sulle diverse condizioni psichiatriche, dopo aver letto poche righe di comunicato mi trovavo già in sintonia con quest’artista e con il suo bizzarro progetto.
Intrigata, dunque, ascolto un primo brano riprodotto casualmente da Spotify, “Psicoserpi” (che rimane tuttora il mio preferito), e ne rimango incantata. Allo stesso modo mi affascinano anche le altre cinque tracce. Se la release ha molto a che vedere sia con la musica elettronica che con quella sperimentale, “psichedelico” è il termine che continua a proiettarmisi nella mente. E psichedelico per eccellenza è questo EP, perché riesce a creare nella mente di chi ascolta immagini, scenari, ricordi (veri o ricostruiti). Il musicista è abilissimo nel creare questi brevi sogni ad occhi aperti, questi viaggi in una particolare dimensione che ogni fruitore può fare sua, senza rinunciare a nuove esperienze sensoriali ma anche mentali. È il pensiero che viaggia, in nuovi posti fatti di luoghi conosciuti e non.
Stanza 1616 è una piccola perla di diversità (vera) in mezzo a un mare di copie, imitazioni, produzioni commerciali. Un EP che mette in connessione con la mente e l’anima de Il Cavallo di Torino, con le sue ossessioni, le sue energie. Si tratta sicuramente di un’opera di genere, ma che forse, alla fine, chiunque può apprezzare, perché geniale nella sua singolarità.