– di Roberto Callipari –
La band abruzzese lancia il quarto album, mettendo in luce tutte le complessità di un presente che sa punire, ma che ci deve anche far riflettere su quello che siamo e su cosa stiamo facendo di noi stessi in questo mondo.
L’arte del kintsugi come sottotesto al disco, come anima di chi è a pezzi ma deve andare avanti a tutti i costi, cercando di valorizzare il trauma, il dolore. Così, il piatto frantumato viene saldato nuovamente con una colatura d’oro, perché non c’è nulla di più bello e peculiare dell’imperfezione, del cammino personale e singolare che ha portato quelle cicatrici che ora, splendenti, sono un vanto, una forza, qualcosa che ci fa dire “sì, siamo arrivati qui con le nostre forze”.
E con le loro forze i Voina si fanno strada fra mille peripezie, da sempre, in una scena che è cambiata e che ha visto mille ere dalla loro partenza con Noi non siamo infinito nel 2015, ma che non li ha smembrati, magari solo un po’ scalfiti, lasciandoli comunque, nell’animo, sempre gli stessi.
Kintsugi è infatti un disco fedele alla poetica di Ivo Bucci e compagni, che non disdegnano il loro passato ma anzi, lo prendono, lo valorizzano, e lo rendono qualcosa di nuovo, di altrettanto impattante. La coerenza è la parola d’ordine di un disco nel quale è bello immergersi per ritrovare lo stesso malessere in forme nuove, da direzioni diverse: non più tutto chiuso in se stesso, ma consapevole e attento osservatore di un mondo troppo spesso alla deriva, nel quale muoversi attraverso il dolore che lo pervade molto spesso è difficile. E allora via nelle canzoni, nella musica, per picchiare una chitarra e perdere la voce su un microfono, sottopalco, per sfogare un po’ di rabbia, e magari un po’ di paura, per tutto quello che è, per tutto quello che sarà.
Autenticamente rock, autenticamente indie, autenticamente incazzati, i Voina spingono nei testi quanto nei suoni, che non sono pettinati, anche se potrebbero permetterselo, ma anzi, sono anche più sporchi, più grezzi, mai lo-fi, ma sempre attenti a rispettare quella tradizione italiana di band che ci hanno davvero spettinato nel corso degli ultimi anni, e che mai si sono piegate a un sistema di gratifiche basate più sul numero che non sulla passione del pubblico.
Chapeau, Voina, per la sincerità, per la voglia, per la rabbia e la frustrazione che porta a tutto questo. Perché in tanta bellezza artefatta, in tanta perfezione ostentata e comprata, fare schifo non solo è un diritto, ma un dovere morale. Perdere se stessi per ritrovarsi davvero, magari non migliori, ma probabilmente con qualche idea più chiara, o almeno scarichi, con più voglia di ricominciare: questo è il kintsugi. E questo è Kintsugi: un nuovo passaggio, una nuova cicatrice della quale andare fieri, alle cene, con gli amici, da mostrare alle persone amate per raccontare come siamo davvero e cosa ci rende davvero unici.
Kintsugi è il quarto album in studio dei Voina, band di Lanciano che dell’indie ha il vero spirito, la vera attitudine. Il nuovo disco esce il 23 febbraio per V4V, e rappresenta un viaggio in nove tracce di esplorazione della complessità dell’umano nella realtà presente, le sue mille sfaccettature, le sue rotture e le sue capacità di recupero.