– di Roberta Staffieri –
L’alternative rock è un genere che si infila tra le pieghe, che ha portato alla luce tanti colori e mischiato tonalità differenti, prendendo in prestito soluzioni dal rock come dal post-rock, dal pop, dall’elettronica, e via dicendo. Ogni ascoltatore che voglia farsi stuzzicare e mettere alla prova musicalmente parlando incappa in un gruppo alt-rock, apprezzandone la creatività ma anche a volte l’arroganza di sperimentare, andare contro corrente e sovvertire i sistemi semplici imposti, come le canzoni da TikTok. Ne sono un esempio i Ricche le Mura, band emergente alt-rock valtellinese che lo scorso giovedì 11 maggio ha fatto il suo esordio con “INIZIO TURNO FINE”, un album etereo fatto di paesaggi sfuggenti.
“INIZIO TURNO FINE” (La Tempesta Dischi) è l’album con cui i Ricche le Mura si presentano ufficialmente, aprendo le porte nel loro mondo fatto di immagini evocative sciolte in contaminazioni jazzy ed elettroniche. Il risultato è un folk-rock cantautorale, ma rinfrescato e rinvigorito da una forte vena sperimentale e un’attitudine post-rock.
Dopo i due singoli estratti “Lusso” e “Volpi”, arriva un disco intimo e sfaccettato, una piccola gemma d’autore che spicca nel nuovo sottobosco alt-rock italiano. Ma per i Ricche le Mura questo debutto in società ha anche un valore emotivo di crescita e cambiamento.
Li abbiamo incontrati per conoscere più da vicino il loro progetto e il loro album.
Nel vostro sound c’è molta ricchezza e sicuramente molti ascolti. Quali sono le vostre radici?
I nostri background musicali sono molto eterogenei, essendo il gruppo nato non tanto per gusti musicali affini, quanto più per per forza di cose, abitando noi in Valtellina, un luogo composto solo da paesini abbastanza isolati tra di loro.
Di conseguenza la musica che ascoltiamo tutt’ora è ancora abbastanza diversa. Dall’hip hop al metal estremo, dal folk al jazz. Ovviamente passando molto tempo assieme ci sono molte influenze reciproche nei nostri ascolti, e alcuni punti comuni imprescindibili come King Krule, Kendrick Lamar, Black Midi, I black Country New Road o Yves Tumor.
Il genere rock-alternative è un mondo che va sicuramente riscoperto in Italia, che a livello mainstream viene un po’ sommerso dalla continua proposta di generi più popolari, ma non è sempre stato così nel nostro Paese nei decenni passati. Cosa ne pensate?
Di sicuro negli ultimi anni i generi di punta sono stati altri, ma l’interesse (quantomeno dal basso) sta sicuramente crescendo. A tal proposito abbiamo notato una certa divergenza tra l’alt-rock degli anni 00, e questa specie di nuova corrente alternativa; molto molto influenzata dall’elettronica, dal pop, e da mille altre cose. In fondo se 20 anni fa avevamo crossover e grunge come generi forti ai quali ispirarsi, ora abbiamo trap e reggaeton. Se in passato generi più duri e complessi sono arrivati al grande pubblico è stato sia merito degli investimenti fatti in certe direzioni, ma soprattutto del pubblico stesso più recettivo verso certe sonorità e tematiche. Ora il mercato è controllato da TikTok, è la funzione stessa della musica ad essere cambiata. Sinceramente non vedo come probabile un ritorno nel mainstream di generi meno “comfort”, ma mai dire mai!
Parliamo di “INIZIO TURNO FINE”. Come sono andati i lavori di scrittura? Avete un metodo standard per scrivere le canzoni?
“INIZIO TURNO FINE” è stato un disco interamente registrato nel nostro studio/sala prove. Dopo un nostro pre mix è stato preso in mano da fight pausa, che, lavorando a contatto con noi, è stato capace di conferire una coesione sonora all’album.
Il processo creativo è stato molto lungo e con un lavoro di rifinitura infinito, anche se all’ascolto può sembrare quasi grezzo in alcune sue parti. Alcuni pezzi arrivano direttamente dalla soffitta in cui provavamo nel 2018, come Stralis. Altri invece sono nati da canzoni chitarra e voce di Carlo e riarrangiate tutti insieme; altre ancora da riff di chitarra o basso. per tutti i pezzi poi, dopo il lavoro in sala prove, c’è una grossa parte di lavoro al computer. In particolare per quanto riguarda batterie elettroniche e sintetizzatori, abbiamo provato a sperimentare con suoni e scelte stilistiche non direttamente collegate con quello che potrebbe essere il nostro genere di riferimento.
Se doveste scegliere il brano che vi rappresenta di più del disco, quale sarebbe?
L’essenza del disco secondo me potrebbe stare nelle due canzoni “Macchie gialle” e “Sulla pelle nera”, che nascono come una singola canzone poi divisa. In particolar modo per quanto riguarda i temi trattati è il brano maggiormente in contatto con lo spettro della nostra dimensione artistica.
Oltre alle isipirazioni alt, il jazzy può essere una caratteristica che può definire l’album quasi “fusion” non nel senso del genere in sè per sè ma forse nel senso più originale del termine, una “fusione”. Da dove nasce l’idea di fondere così tanti aspetti di voi e della vostra musica?
Come abbiamo accennato prima, ciascuno di noi ha un background e delle passioni musicali molto diverse. Penso che la commistione di generi che abbiamo racchiuso in Inizio/Turno/ Fine sia in realtà un sottoprodotto delle limitazioni del trovarsi a suonare in un ambiente come la Valtellina. Mi spiego meglio, ultimamente siamo veramente felici di notare quante più persone “compaesane” stiano dedicando tempo alla propria musica, ci piace pensare che possa essere l’inizio di una piccola scena locale. Tuttavia, quando abbiamo iniziato a suonare insieme tutti e cinque lo abbiamo fatto “per necessità” di fare musica con qualcuno, non tanto per una congruenza di gusti, quanto più perché conoscevamo pochi circa coetanei con questa passione.
Riuscire a fare convivere tutte le diverse influenze non è stato affatto semplice, abbiamo scritto diverse canzoni che puntavano in dieci differenti direzioni diverse e non andavano da nessuna parte. Con il tempo tuttavia abbiamo imparato a fare convivere le diverse inclinazioni che ci caratterizzano e, lavorando anche su pezzi originariamente scritti diverso tempo fa, siamo riusciti a giungere a un risultato che pensiamo sia non solo rappresentativo delle nostre diverse influenze, ma anche autoconsistente e coeso.
Domanda fuori contesto (o forse no). Il più bel concerto a cui siete stati?
TOMMASO: Recentemente ho visto al Fabrique i Nu Genea e sono rimasto profondamente colpito dall’espressività del loro live. In generale, musica arrangiata con estremo gusto, suonata da musicisti estremamente talentuosi e che al contempo fa sculettare come niente altro.
ISACCO: Iosonouncane Bologna Arena Puccini, emozionante, quasi piango.
ALESSANDRO: Più bel concerto in assoluto direi King Gizzard And The Lizard Wizard all’Alcatraz a Milano; unico concerto dove ho fatto crowd surfing. Il pogo era l’unica ragione di esistenza quella sera.
CARLO: Andrea Laszlo al serraglio nel 2019.
ALBERTO: Idles al Carroponte 2022.