– di Asja Castelli –
A prima vista Fuori dall’Hype potrebbe risultare un ossimoro bello e buono: ma come, titolano un disco così proprio quando, dopo anni di etichette minori, entrano in una major?
Eppure ciò che i Pinguini Tattici Nucleari hanno tirato fuori con il loro quarto disco aderisce perfettamente alle aspettative del titolo.
Il loro sistemarsi fuori dall’hype è una forte presa di posizione, coraggiosa in un’epoca in cui ai termini si può dare il significato che si desidera, purché giustificato come “personale e intimo”
Vedasi Punk per Gazzelle o Rockstar per Sfera.
Significa aver trovato il proprio posto nell’industria musicale, magari più provinciale e meno sfarzoso, ma difeso con orgoglio.
Lo spettro del “commerciale” come in molti hanno gridato appena vista l’infausta dicitura Sony (che poi, davvero, ancora di questo siamo capaci di lamentarci?) non ha niente a che fare con ciò che si respira ascoltando con attenzione questo fatto di testi con il marchio di fabbrica Zanotti impresso a fuoco sopra.
Tra questi c’è Antartide, che subito fa immergere nel vissuto quotidiano di chi vuole scappare ma non lo fa mai veramente, o la folkeggiante Lake Washington Boulevard: testi semplici, che si avvicinano molto a quelle auto produzioni della prima ondata indie della penisola, ma con una consapevolezza tutta diversa, di una band unita come poche, capace ed esplorativa come ancora meno.
È qui che si gioca lo stacco (e anche lo smacco) rispetto a tantissimi altri progetti solo in superficie collegati e raggruppati da un algoritmo di Spotify.