– di Riccardo De Stefano –
Metti un Sanremo a caso, quello di quest’anno, il 70esimo del Venti-Venti. Quello delle polemiche (qui il nostro articolo sugli attacchi a Junior Cally), di Fiorello vs. Tiziano Ferro, delle donne un passo indietro uno avanti uno di lato e un movimento sexy movimento sexy.
Metti Junior Cally che sembra Salmo, Salmo che diserta, Anastasio che sembra nero ma è rosso di rabbia, dei duetti perfetti e degli incidenti pazzeski.
Che rimane, ora che le canzoni le conosciamo e siamo in attesa di sapere chi vincerà?
Sicuramente le canzoni. E le performance.
Se Achille Lauro è l’unico capace di far parlare di sé (ne abbiamo parlato anche noi qui), la migliore sorpresa viene però da un’altra band. La band “più indie di questo Sanremo” (cit. Amadeus).
I pinguini tattici nucleari, anche per merito visto l’ultimo anno di successi conseguiti, viene chiamata per portare l’aria più fresca e giovane su quel palco, e il rischio di essere la brutta copia de Lo Stato Sociale. Ma a differenza delle gag stantie e della band bolognese che – oltre una melodia incerta e insopportabilmente leggera – ha dovuto portare sul palco la famosa vecchia che balla per vincere in effetto simpatia, i Pinguini fanno quello che sanno fare meglio, e infatti lo fanno bene.
“Ringo Starr” (qui il video dell’esecuzione a Sanremo) è un piccolo gioiellino pop, scritto interamente da Riccardo Zanotti senza altri 30 autori a metterci mano (caso più unico che raro oggi), che risulta vincente sotto ogni punto di vista. Gli arrangiamenti sono radiofonici senza esser triviali e le tante citazioni interne (eredità degli Elio e le storie tese) rendono il brano un piccolo puzzle da ricostruire. Toto e “Africa”, Batman e How i Met your mother, Ringo Starr e Pete Best (“i migliori” che se ne vanno), Eleanor Rugby, sono tutti piccoli dettagli di un brano che non si vergogna di suonare bene, ma ci prova a fare quel qualcosa in più del semplice lavorino di strofa-e-ritornello catchy.
E il medley nella serata delle cover? Una sorta di storia alternativa del Festivàl che fila liscia come se quei brani fossero pensati per stare bene insieme fin dall’inizio.
E poi Zanotti regge il palco meglio di chi sta nel giro dell’Ariston da decenni. Salta, si muove, corre, si diverte, flirta con il violinista dell’orchestra e regala mimose a CR7.
Insomma, i Pinguini hanno carisma. Sanno scrivere canzoni e non hanno nessun timore reverenziale di quel palco, mostrandoci come i grandi artisti, quelli che i palchi li hanno fatti a centinaia (vero Elettra?), alla prima occasione buona mangiano in testa a tutti.
Saranno i Pinguini a vincere Sanremo? Non so, non credo, anche se la storia ci dice che il secondo posto non è impossibile.
Da domenica però nessuno potrà far finta di non conoscerli e “Ringo Starr” la sentiremo per tanto tempo in radio.
Se i Pinguini sono la band più indie del Festival, questo ci dimostra quanto sia finita l’epoca dei talent e degli artisti usa-e-getta. La gavetta e l’impegno nel corso degli anni sono ancora oggi quello che rende dei ragazzi che si divertono a suonare insieme un gruppo capace di conquistare il pubblico dell’evento più nazionalpopolare del nostro Bel Paese.
Il Festival di Sanremo lo hanno già vinto, e con merito.