– foto di Sarah Rubbera –
Ce la sentiamo di dirvelo. La scena di Milano sta cambiando, e anche di molto, e tutta l’energia che vedevamo muoversi in posti come l’Ohibò o il Serraglio, oggi si disperde in numeri e algoritmi. Manca quella connessione tra artisti, tra ascoltatori ed artisti. È come se ciò che troviamo su Spotify non abbia più effettivamente un riscontro con ciò che troviamo nel mondo reale. Ed è qui che un luogo come la Corte dei Miracoli, un localino in centro a Milano pieno di libri e di tappeti, acquista un valore particolare: qui dentro i progetti e le persone si intrecciano, si scopre musica nuova fuori dalle dinamiche della distribuzione digitale, si respira quell’aria che Milano aveva prima del Covid, quando uscire era un piacere per vedere una band che non avevamo mai sentito nominare. Il vino giusto, il jazz, i ragazzi della Civica di Milano (e non, ovviamente!) che mischiano generi ed influenze, creando progetti che non si possono definire nè incastrare.
In questo contesto, in questo freddo di gennaio meneghino, in una serata come tante, abbiamo conosciuto i Not My Value. Loro sono un duo, e “Not My Value”, come potete intuire non è solo un nome, è un vero e proprio manifesto di resistenza musicale. Con questa scelta, Lisa e Claudio hanno voluto sottolineare l’importanza di andare oltre la musica. “Non il mio valore” è un promemoria per loro stessi di non identificarsi esclusivamente con la loro arte, ma di riconoscere la propria umanità e i propri valori al di là della creazione musicale. Questo distacco terapeutico ha permesso loro di approcciarsi alla musica con una maggiore libertà e sensibilità.
Il loro live? Un tunnel sonoro ossessivo senza interruzioni, dove è impossibile non uscirne lucidi: sarete tormentati, ipnotizzati, dove la voce di Lisa vi accompagnerà in un viaggio anche visivo che forse avrebbe apprezzato anche David Lynch, pace all’anima sua. I Not My Value spaccano il muro delle influenze musicali, che nono più solo musicali, e non è un caso che il loro ultimo singolo, dal titolo “Silence”, sia un brano e un mantra musicale, ispirato al film “La zona d’interesse” (di Jonathan Glazer). Guardando il film durante la lavorazione di “Silence”, il duo di stanza a Milano si è trovato a riflettere su quanto il male possa diventare normale, invisibile sia agli occhi di chi lo compie, sia a quelli di una società che preferisce non vedere. Questa riflessione ha gettato le basi del brano, esplorando l’immagine del muro – fisico e metaforico – che costruiamo ogni giorno, anche rifugiandoci dietro i nostri schermi e telefoni.
A proposito di “Silence” la band ha commentato così:
Abbiamo creato Silence come una pausa consapevole, un invito a guardare oltre i muri che ci costruiamo. La parte musicale del brano è nata quasi per caso, evolvendosi da un pezzo completamente diverso su cui stavamo lavorando. Un giorno, durante la preproduzione, abbiamo isolato i cori e ascoltato in solo. Ci hanno colpito profondamente: sembravano evocare qualcosa di misterioso e potente, un richiamo lontano. Da lì è nato Silence: quei cori sono stati modificati, pitchati e stretchati fino a diventare il cuore pulsante del pezzo, dando vita a un sound meditativo e profondo che incarna perfettamente il suo significato.
Abbiamo registrato il brano in studio da Lele Battista e abbiamo scelto di non usare molto riverbero sulla voce principale, per mantenerla nuda ed essenziale, sussurrata ma al tempo stesso presente. Ascoltando attentamente, si può percepire che la voce principale è sostenuta da una voce pitchata all’ottava bassa, quasi impercettibile, ma che dona forza e sostegno. L’ambiente musicale e la voce pitchata sono oscuri, in contrasto con la voce principale, eterea e leggera. Metaforicamente, questa voce delicata si fa spazio in un mondo in rovina per denunciare la situazione. Solo fermandosi e ascoltando attentamente, si percepisce la voce pitchata, proprio come solo fermandosi nella nostra quotidianità possiamo renderci conto di come rischiamo di diventare insensibili a ciò che ci circonda, continuando a vivere nel nostro piccolo mondo senza accorgerci che, poco lontano, accadono cose che non dovremmo ignorare.
Un mondo oscuro, di quelli di resistenza a turbamento, che vale la pena frequentare, se non si vuole rimanere avvinghiati alle dinamiche tossiche di numeri, playlist e algoritmi, commentando dietro ad uno schermo. I Not My Value sono il nostro movimento.
- FOTO (di Sarah Rubbera)