La lirica de I Malati Immaginari di certo non si fa schietta e diretta, non cerca le soluzioni ovvie ma in qualche modo tiene da conto anche un certo gusto poetico per l’estetica finale. Parliamo di società, inevitabile. Ma parliamo anche di quel rapporto personale con se stessi, quel bisogno di emancipazione, di reagire. E questa “bambola”, questo simbolo infantile, questa evidente figura dedita all’immobilità ma anche al condizionamento (ad una bambola facciamo fare e dire quel che vogliamo)… d’improvviso diviene “parlante”. Ecco il cuore di tutto: all’improvviso la rinascita o quello svegliarsi da un torpore che è alla base della comunicazione sociale di oggi. Tutto questo anche nel bellissimo video de I Malati Immaginari: dove l’elettro pop di sfacciate tinte inglesi si fa rock, si fa italiano, si fa quasi new-wave.
Nuovo estratto in questo percorso con cui esordite nella nuova scena indie. Eppure dalla scena indie prendete molto o sbaglio?
Cos’è indie oggi? Forse lo streaming di massa ci sta riportando a un concetto primitivo di indie, ovvero indie-pendente. O forse a noi piace pensarla così. Ci rifacciamo all’indie, sì, se per indie intendiamo tutto ciò che non è etichettato come mainstream. In questo senso ascoltiamo molta musica, soprattutto quella che non trova spazio nei canali media “di superficie”, e questa serie di influenze la mescoliamo con la nostra sensibilità emotiva e musicale.
E restando nel suono penso molto alla scena elettro-pop inglese. Forse tra tanti mi viene alla mente quei Tears for Fears di quando si rendono sospesi e distopici…
Ti ringraziamo per la generosità nel paragone, e sì, sicuramente i Tears for Fears sicuramente hanno influenzato il nostro percorso, anche probabilmente perché i loro suoni ci riportano a quando avevamo l’età dell’innocenza. In realtà il nome della scena elettro-pop che ci ha influenzato di più è quello dei Depeche Mode, tra i nostri maestri e colonna sonora della nostra vita. Rimanendo su lidi più attuali, durante i nostri viaggi in macchina ascoltiamo spesso i TR/ST. Ci piace molto il loro modo di “sporcare” i synth e il mood oscuro e romantico che si respira nei loro pezzi.
La maschera. Altro elemento portante per voi vero?
Lo è per tutti, anche se non lo ammettiamo mai. Tutti noi Indossiamo la nostra maschera quotidiana, una maschera invisibile, anzi,indossiamo cento maschere al giorno a seconda del contesto e dell’interlocutore. I motivi possono essere tanti, ma di fondo l’unico comune è che è difficile accettarsi e mostrarsi per ciò che si è. Noi la nostra maschera l’abbiamo scelta e la vogliamo mostrare. La nostra maschera racconta ciò che siamo. Le nostre maschere nascono da un’unica maschera spezzata in due, due metà separate di uno stesso volto. E noi Malati Immaginari siamo appunto la nostra maschera. Un unico spirito che a questo giro terrestre ha avuto un bisogno di due corpi separati per portare a termine la propria missione mortale.
E su tutto anche le oscurità, le poche luci, richiami ad un certo immaginario horror… perché?
Semplicemente perché ci piace. Siamo sempre stati appassionati di horror e cinema espressionista. Non dimentichiamo mai che tra le funzioni primarie dell’arte vi è l’intrattenimento. E l’horror è il genere di intrattenimento per eccellenza, sicuramente il più longevo e il più prolifico. E il nostro videoclip è anche un omaggio a ciò che di extra musicale ha accompagnato le nostre vite. Ringraziamo la nostra costumista e truccatrice Gaia Colonna, per una volta anche nostra regista, che ci ha immersi in queste atmosfere horror e claustrofobiche. Se poi aggiungi che la canzone non è proprio un inno alla gioia, né musicalmente né testualmente…
“Bambola parlante” sembra davvero un brano sociale. Un inno di speranza contro l’omologazione e il deperimento culturale del quotidiano… chi sono oggi le bambole secondo voi?
La musica è bella perché pochi minuti di canzone evocano sensazioni e riflessioni sempre diverse in base a chi ascolta. Ci colpisce che lo leggi come brano sociale, e in parte può esserlo sicuramente. Di fatto noi raccontiamo emozioni che abbiamo vissuto realmente sulla nostra pelle, e soprattutto raccontiamo i rapporti umani, anche quando diventano tossici e ce ne liberiamo, come nel caso di “Bambola Parlante”. La Bambola per noi rappresenta la rinascita, così come I Malati Immaginari ci hanno fatto venire al mondo per la seconda volta. Poi sulle bambole sono state prodotte tonnellate e tonnellate di letteratura, cinema, musica, arti visive che è impossibile definire chi o cosa sono le bambole. Tutti siamo un po’ bambola. C’è chi non se ne accorge e vive la propria vita da bambola inconsapevole, e chi decide di iniziare un percorso verso l’umanità. Che oggi sembra non appartenere più al genere umano.