– di Martina Rossato –
I Giuditta sono una band nata a Brescia nel 2020. Il 18 novembre hanno pubblicato il loro (omonimo) EP di esordio: un primo lavoro già maturo e ben strutturato. In cinque tracce riescono a dipingere la loro identità, ruotando attorno a idee e colori che, a partire dall’immagine di Giuditta, parlano di un processo di crescita e liberazione.
Francesco Regazzoli, il chitarrista dei Giuditta, mi ha raccontato qualcosa in più su questo nuovo progetto.
Siete un progetto nato nel 2020. Generalmente si pensa al 2020 come a un anno piatto, come mai siete nati proprio in quel periodo?
L’idea è nata nel 2019 da Francesca, la cantante, e Ludovico, il bassista. Loro hanno iniziato a scrivere insieme e deciso di chiamare anche me alla chitarra e Yuri alla batteria, per concretizzare il progetto. Prima abbiamo stabilizzato i pezzi e li abbiamo resi definitivi, poi li abbiamo portati in giro. Siamo nati appena prima dello scoppio della pandemia, in un periodo ancora non del tutto sospetto. A dire il vero abbiamo suonato per la prima volta tutti insieme proprio il giorno in cui Conte è comparso sugli schermi degli italiani. Ci siamo detti: o è il destino che ci consiglia di mollare tutto o è il destino che ci chiede di essere ancora più forti di prima. Abbiamo scelto la seconda.
Devo dire: che gran fortuna!
No, veramente! È andata così… che poi è stato deprimente anche perché il primo caso di Covid nel bresciano era stato proprio nel paese in cui abita il batterista. Meglio di così non si può [ride, ndr]!
Mi ha fatta molto sorridere leggere che parlate di Ludovico come di una guida spirituale. Come sono le vostre dinamiche interne?
Sono abbastanza complesse, direi. Abbiamo ormai un ruolo ormai sedimentato: Ludovico è quello con più esperienza e più organizzazione mentale. Penso di non aver mai visto tanta organizzazione in nessun altro essere vivente, quindi è lui che ci dirige sia a livello di composizione che di promozione. A livello di creazione musicale invece è Francesca che porta i testi e da Ludovico partono gli arrangiamenti. Ognuno coi propri strumenti sviluppa poi l’idea. Si parte da un’idea iniziale che man mano si evolve in maniera completamente diversa. Ma quando ci troviamo a suonare, siamo assolutamente soggetti al volere totalizzante di Ludovico [ride, ndr]. Lui è colui che amiamo e temiamo.
A proposito dell’EP: mi è sembrato molto maturo. Non so se sia tutto merito di Ludovico, ma non penso.
Intanto grazie per questa impressione! Penso sia derivata dal fatto che tutti quanti noi abbiamo avuto altri progetti prima. Io vengo dalla musica popolare e folk, Yuri dal metal, Ludovico è jazzista e Francesca viene dalla musica classica. Questi mondi si sono uniti dopo essere stati esplorati da ciascuno di noi, quindi siamo arrivati con un’idea abbastanza precisa. C’è molta ricchezza da parte dei singoli, anche se è la prima uscita dei Giuditta.
Tra l’altro l’EP è composto da soli cinque brani, ma è chiaro che avete molto di più di dire.
Sì, a parte quei cinque brani che abbiamo fatto uscire come EP, ne abbiamo altri: alcuni sono conclusi e si potrebbero già sentire – magari a qualche live. Altri sono ancora delle bozze. Abbiamo scelto di non metterli nell’EP perché ci sembravano meno appropriati come “biglietto da visita” ma sono già pronti per la prossima occasione.
Qual è l’idea di fondo che vi ha fatto scegliere proprio questi brani al posto di altri?
Di sicuro un’idea sonora. L’EP ha una struttura abbastanza precisa, con un ingresso, uno sviluppo centrale e una conclusione. Sia a livello di contenuto che di costruzione, c’è sempre alla base la comunicazione di un’immagine su cui poi si gira attorno. È un percorso che in maniera compressa dà un’idea completa e senza distrazioni di quello che vogliamo comunicare.
Vi rifate anche al Bestiario di Capossela, quali sono le vostre influenze?
Capossela è uno dei preferiti di Francesca e in particolare abbiamo fatto riferimento al “Testamento del porco”. In generale veniamo da percorsi molto diversi e di fatto abbiamo pochissime influenze comuni, per questo cerchiamo di sfruttare la diversità di input. A livello di suoni c’è qualche influenza dal mondo anglosassone, nelle linee melodiche e nel modo di cantare c’è molto della canzone italiana e dal rock italiano classico.
Anche il singolo “Pece” ha questo connubio, con qualcosa che richiama anche un mondo più britpop. È strano che ci siamo trovati a fare rock di questo tipo perché nessuno di noi lo aveva mai fatto prima, ma sembra sia il contenitore – quello dell’alternative rock – in cui tutti possiamo esprimerci al meglio.
A proposito di “Pece”, come mai lo avete scelto come singolo?
Perché a livello di comunicazione è quello che in maniera più completa dà un’immagine di quello che siamo. A livello di testo affronta l’idea del percorso interiore di ciascuno, che va alla ricerca di sé partendo da una situazione di disagio. Si parte dal buio che c’è dentro di noi per poi liberarsi. A livello personale è quello che è il messaggio di Giuditta: partire da una situazione pesante, in cui ci si sente oppressi, per andare verso la liberazione. È il nucleo dell’EP, infatti: si trova al centro delle cinque tracce.
Avete anche un nome molto evocativo. Sentendo “Giuditta” viene subito da aggiungere “e Oloferne”, ma se dovessi descrivere il gruppo con un’immagine o un colore quale sarebbe?
Come colore, a me viene in mente il rosso. Mi richiama l’immagine di Giuditta che uccide Oloferne per liberare il suo popolo. Il rosso richiama la lotta, la volontà di eliminare l’oppressore. Per noi l’oppressore tante volte non è una persona ma un concetto, un modo di vivere. Poi io vedo il rosso come il colore del testimone: macchiandosi del sangue di Oloferne, Giuditta non è solo colei che ha compiuto l’atto ma colei che lo comunica.
Parlando di immagine, è Francesca che si occupa dell’aspetto visivo?
Sì, Francesca cura e dirige tutto l’apparato visivo. È una brava disegnatrice e con l’aiuto della nostra social media manager e del nostro fotografo lavora sulla rappresentazione iconica della band. Per ora uno degli obiettivi è stato di riportare i colori di “Pece” anche sui profili social. Ormai passa quasi prima quello che si vede e poi quello che sia ascolta. Non saprei dire se si tratti di una cosa positiva, ma bisogna pensarci.
Ti faccio un’ultima domanda: parlavi di inediti che suonerete live. Avete qualche concerto in programma?
Per ora abbiamo in programma il 2 dicembre un live a Messago, una serata di festa in cui presenteremo dal vivo l’EP. Il 17 novembre invece lo abbiamo presentato in live a Radio Popolare.