– di Lucia Tamburello –
Gli anni ’20 del 2000 non saranno gli anni d’oro del «grande Real», ma del post punk sì. La miccia accesa negli anni ’70 non si è mai spenta, anzi, a livello nazionale, con particolare audacia, si potrebbe affermare che stia esplodendo veramente solo negli ultimi anni. Nonostante ci siano delle notevoli differenze a livello sonoro tra i gruppi che hanno dato origine al genere e le band che attualmente lo stanno riprendendo e contaminando, dando vita ad una new wave della new wave, grazie a queste ultime, i più giovani stanno guardando al passato. Bologna sembra abbracciare particolarmente questa tendenza, lo dimostra la nascita di band come i Leatherette o i Komarov Magnificent Backflip, ma soprattutto il calore con il quale il pubblico accoglie la “vecchia guardia”.
Il 19 gennaio al Locomotiv Club, ad attendere i Diaframma, c’erano gli stessi volti disomogenei ed entusiasti presenti ai live dei giovani artisti della città dall’attitudine dark. Ventenni e cinquantenni hanno pogato insieme sotto al palco avvolti dalle sensazioni contrastanti che solo questo stile ed una penna come quella di Federico Fiumani sanno dare. Amore e ribellione, la descrizione del dolore e la sua esorcizzazione hanno condiviso lo stesso spazio fisico e temporale.
On stage, invece, si è presentata una formazione particolarmente lontana dall’immagine di una band storica logorata dall’alternarsi di turnisti e incentrata sulla figura del leader carismatico. Era visibile come Fiumani, Edoardo Daidone, Luca Cantasano e il nuovo batterista, Tancredi Lo Cigno, volessero dare un’idea di coesione e far divertire sin da subito i propri fan. Senza indugi, hanno dato inizio all’esibizione con i brani più popolari dei Diaframma.
In ordine sparso, Gennaio, L’odore delle rose, Siberia, Diamante grezzo e una dedica ai Television con See no Evil hanno infiammato immediatamente la situazione. Gli album più recenti e i brani un po’ più lenti sono passati in secondo piano per lasciare un posto in prima fila ai pezzi più distorti e movimentati. A tratti vicino a sonorità rock anni ’60, il concerto sembrava voler ribadire ad ogni nota che, indipendentemente dal passare del tempo e dei cambiamenti che ne derivano, i Diaframma non saranno mai una carovana di artisti svogliati che va in giro per i locali solo per tirare a campare.