– di Giacomo Daneluzzo –
Lo scorso ottobre è uscito Reorder, un EP dolce e aggraziato, in lingua inglese, realizzato dal gruppo indie folk romano Delta Del Rio. L’EP è stato anticipato dal singolo When My Demons Walk, che è anche accompagnato da un videoclip animato. Il brano è anche la traccia d’apertura dell’EP ed è un invito a riappacificarsi con i proprio demoni: è il primo passaggio di un processo di cura e riparazione dell’anima di cui il trio vuole renderci partecipi con questa release. Seguono 10000, brano reso particolare soprattutto per la presenza di un doppio contrabbasso (uno suonato con l’arco e l’altro strimpellato), Ghost, in cui i fantasmi diventano la metafora dei rapporti umani che, per il dolore che hanno causato, tormentano il presente e allontanano le persone, e infine White Shining Halo, chiusura “luminosa” dell’EP che saluta gli ascoltatori lasciando loro la speranza che anche dietro le nuvole di un cielo grigio si nasconda il sole.
In quest’EP i tre membri del gruppo Miriam Sirolli, Ester Sampaolo e Gianleonardo Gentile – quest’ultimo autore di musiche e testi di tutte le canzoni – cantano per curare e rasserenare, raccontano storie universali esprimendo la propria passione per un genere musicale che da sempre ha una funzione di catarsi dell’animo: non a caso il titolo Reorder esprime proprio questo, l’idea di riordinare, rimettere a posto, di partire dal caos che avvolge l’esistenza e provare a ristabilire l’ordine delle cose, in particolare l’equilibrio della propria vita interiore. Reorder è un lavoro con una componente riflessiva e spirituale accentuata, sicuramente controcorrente rispetto alla maggior parte della musica di quest’epoca.
In uno dei miei film preferiti, Inside Llewyn Davis (in italiano A proposito di Davis) il protagonista, spiegando al suo pubblico che cos’è il folk, pronuncia questa frase: «If it’s never new and doesn’t get old, it’s a folk song» («Se non è mai stata nuova e non invecchia mai, allora è una canzone folk»). È una definizione che si può applicare al lavoro dei Delta Del Rio, che in poco più di un quarto d’ora riescono a trasportare l’ascoltatore nel loro mondo musicale, fatto di chitarre acustiche e voci calde e cullanti che raccontano storie di tutti e di nessuno, proprio come i folksingers americani a cui si rifanno.