– di Assunta Urbano –
I primi anni Novanta sono stati un periodo di straordinario fermento musicale, sia in Italia che nel panorama internazionale. Proprio nel nostro Paese, in quei giorni, prendeva il via una nuova immagine, quella delle cosiddette “posse”.
Il termine fa riferimento alle gang, talvolta con sfondo criminale, fino a riguardare gruppi di persone militanti nei centri sociali. Lungo la Penisola, tante sono le realtà formatesi da questo scenario: gli Assalti Frontali, gli Africa Unite e, soprattutto, i 99 Posse.
A Napoli, il 10 maggio di esattamente trent’anni fa nasce il centro sociale occupato autogestito “Officina 99” e il 9 ottobre, sempre del 1991, si forma il gruppo partenopeo. Ancora oggi, quel luogo continua ad essere fucina di cultura e arte. Qui, Luca Persico (‘O Zulu), alla voce, Marco Messina (Kaya Pezz8), dub master, e Massimo Jovine (JRM), basso, hanno inciso il loro nome nel mondo reggae, hip hop e raggamuffin.
Numerosi artisti hanno collaborato con i tre membri principali dal 1991 fino ad oggi. Tra cui troviamo, in particolare, la storica voce di Maria Di Donna (Meg), che ha abbandonato i 99 Posse nel 2001.
“Curre curre guagliò”, “Ripetutamente”, “Quello che” sono solo alcuni dei brani che hanno segnato generazioni di ascoltatori di tutti i tipi, uniti sotto le stesse note.
Il 2021 segna l’arrivo di due nuovi singoli da parte del gruppo:“Comanda la gang”ed il più recente “Nero su Bianco”. Abbiamo interrotto il lavoro in studio di Marco Messina, storico componente dei 99 Posse, per farci raccontare le novità.
Ad un anno dalla tragica scomparsa di George Floyd, il 25 maggio i 99 Posse pubblicano il pezzo “Nero su Bianco”. Parliamo di questo brano?
Stavamo lavorando ad alcuni pezzi ed è arrivata in studio Tamika Mallory, attivista afroamericana del Black Lives Matter. L’avevamo conosciuta tramite un video di un suo discorso, ha un flow pazzesco, che forse neanche un rapper può vantare. Io pensai di campionare la sua voce e questo, ovviamente, ha portato alla nascita del testo. Infatti, nell’intro e nell’outro di “Nero su Bianco” c’è proprio la Mallory. Così come l’attivista, è piombata violentemente in studio la crisi di governo e per tale motivo è uscita prima “Comanda la gang”.
Anche se il protagonista del brano è George Floyd, nel testo vengono citati Cucchi, Aldrovandi, Mastrogiovanni, Uva e Bianzino, cinque uomini vittime della stessa atroce crudeltà.
Ci sono alcuni casi che spesso diventano una sorta di emblema, ma purtroppo non si tratta di situazioni isolate. Non riguardano soltanto il colore della pelle, ma soprattutto la condizione sociale. E il tutto dipende dal capitalismo, anche se la parola sembra fuori moda. È un argomento a cui siamo da sempre legati. Oggi, da insegnante, vedo i giovani d’oggi combattere più battaglie di quante pensiamo, tra il clima e l’inclusività. Temi fondamentali che non saranno mai affrontati senza una giustizia sociale.
Quanto è importante, secondo te, trasmettere messaggi attraverso la musica?
Lo ritengo così tanto importante che cerco di portarlo sempre nella mia vita quotidiana, non solo nella musica. In questo momento, la mia generazione ha un grosso compito e non so se riusciremo a portarlo a termine. Se i giovani di oggi hanno lacune, è ovviamente colpa nostra.
Messaggi, musica e immagine. Per l’artwork del brano avete chiamato Jorit, uno degli street artist più conosciuti del panorama. Perché avete scelto proprio lui?
Quando stavamo lavorando a “Comanda la gang”, abbiamo deciso di affidarci ad un artista per fare la copertina: Davide Toffolo. Ci sembrava logico proseguire sulla stessa scia. Luca [‘O Zulu, ndr] ci ha mostrato un murales di Jorit, che sembrava già la cover perfetta per “Nero su Bianco”. Fortunatamente, lui ha accettato ben volentieri di farlo.
Si conserverà ugualmente per il futuro questa unione tra icone e musica?
Sono pezzi che fanno parte di un ciclo, abbiamo iniziato un percorso. Quindi, sì, è un po’ una nuova fase e una nuova faccia dei 99 Posse.
L’abbiamo nominata più volte. Prima di “Nero su Bianco”, è uscita il 2 aprile “Comanda la gang”, una critica alla situazione politica italiana.
Il pezzo è ironico, proprio perché la condizione ci sembrava assurda. È una fotografia della situazione politica attuale, fatta con un sorriso amaro. Ma non solo, anche una visione di quello che ci circonda, così come un certo tipo di stampa marcia. Tutto questo influenza, purtroppo, l’ambiente culturale, da cui si pretende che sia tutto sempre gratis. Ed è un grosso problema.
Siete conosciuti per il vostro racconto “scomodo” del mondo circostante. Secondo i 99 Posse, in che modo il governo dovrebbe dare importanza al panorama culturale e artistico italiano?
Istituendo prima di tutto un canale Rai dedicato alla cultura, che tra l’altro già esiste. Bisognerebbe mettere a disposizione uno spazio per promuovere il proprio progetto, che sia musicale o più genericamente artistico. Iniziare ad intervistare non solo le persone più note, ma allo stesso modo chi c’è dietro le quinte.
Quando accendevo la televisione da piccolo, trovavo tante curiosità. Musicalmente si passava da Raffaella Carrà ai Clash fino ai Kraftwerk. Questo perché chi lavorava dietro ai palinsesti televisivi, cercava di includere i suoi gusti musicali e dare una scelta più ampia. Oggi è un piattume: tutti guardano gli stessi film, le stesse serie TV e ascoltano la stessa musica. Di conseguenza, tutti producono la medesima musica e chi viene da un mondo diverso trova sempre meno spazio. Far vedere che esiste dell’altro è rivoluzionario.
Un’altra proposta molto interessante che si sta avanzando a Napoli è offrire ai più giovani due biglietti al mese, rispettivamente per concerti, cinema e teatro, dai quindici ai venticinque anni. Forse a fine pandemia, per far capire che sono stati i più colpiti da queste chiusure.
Alziamolo di qualche anno il range, così non rischio l’esclusione.
Certo, l’importante è tornare a dare luce a queste realtà, dato che è diventato raro andare al cinema o al teatro.
Attualmente, dal tuo punto di vista, stiamo vivendo nella peggiore Italia che avete incontrato nel vostro percorso?
Mi sentirei di dire di no. È la stessa cosa che dicevamo per altri “personaggi”, che oggi quasi siamo arrivati a rimpiangere. Stiamo vivendo un periodo tristissimo, ma io penso che il peggio debba ancora arrivare. I cattivi sono, come sempre, unitissimi. I buoni sono l’opposto e si lasciano accecare da finte e inutili battaglie.
In questa società del “produci, consuma, crepa”, perché si è smesso di lottare?
Quella canzone [“Morire” dei CCCP, ndr] è uscita in un momento storico, gli anni Ottanta, in cui la situazione era migliore rispetto ad oggi. In primis, non si combatte più perché non c’è un collante ideologico. Poi, stando a contatto con i miei studenti dell’Accademia di Belle Arti, noto che le nuove generazioni non sognano, hanno perso giusti punti di riferimento e d’ispirazione.
Questo 2021, ad ottobre, i 99 Posse festeggiano trent’anni di carriera e di “resistenza al potente”. Cosa significa per voi questo punto di arrivo?
Festeggiare trent’anni significa che siamo diventati vecchi [ride, ndr]. Abbiamo deciso di non celebrarla guardando indietro, ma avanti, facendo cose nuove.