– di Assunta Urbano –
Il viaggio musicale degli /handlogic inizia a Firenze, nel 2016, come progetto experimental pop. Nel 2019, la band esordisce con l’album “Nobodypanic”, firmato Woodworm Label, e ottiene buoni consensi da pubblico e critica.
Il 2023 segna un grande cambiamento per il gruppo con l’uscita del primo disco in italiano. Il lavoro è nato grazie all’incontro con Pioggia Rossa Dischi e ADA Music e sarà disponibile all’ascolto nei prossimi mesi primaverili.
Nell’attesa, è uscito il singolo “Libera (esseri umani perfetti)” e ci siamo fatti raccontare da Lorenzo Pellegrini, voce e chitarra degli /handlogic, di questo brano e molto altro.
Venerdì 24 febbraio è uscito il nuovo singolo degli /handlogic e si tratta del primo brano della band in italiano. Qual è il motivo di questo cambiamento? Avete sentito la necessità di trovare un altro modo per esprimervi?
Negli ultimi concerti del tour di “Nobodypanic”, avevo iniziato a sentire una grande distanza con il pubblico, una sensazione di barriera dovuta alla lingua inglese. Come se non riuscissi ad esprimermi come avrei voluto, una frustrazione data anche dal fatto le parole potessero arrivare alle orecchie delle persone come suoni privi di significato. Inoltre, per anni la scelta di cantare in inglese era stata dettata più dall’inerzia, dal fatto di aver “sempre fatto così” e aver ascoltato per tutta la vita musica quasi esclusivamente anglofona.
Se poi ci si aggiunge che durante l’isolamento per la pandemia ho provato a mettere in musica ciò che usciva fuori dai diari – parole di analisi e di terapia – passare alla lingua madre è diventata una scelta necessaria e obbligata.
Si chiama “Libera (esseri umani perfetti)” ed è sicuramente un titolo che si presta a molte interpretazioni. Come presenteresti il brano agli ascoltatori?
“Libera” è per noi una specie di manifesto, la nuova direzione in cui vogliamo andare con questa musica. È una celebrazione gioiosa della complessità imperfetta delle cose e di noi stessi, un’affermazione orgogliosa dei propri desideri e di cosa significa essere umani.
L’ho pensata come un viaggio per l’ascoltatore, dove può chiudere gli occhi e andare attraverso diversi stati emotivi, tra luminosità esplosiva, chiaroscuri sussurrati, oscurità violenta. È un viaggio sonoro, per questo impossibile in fondo da spiegare con parole precise.
Per realizzare il singolo vi siete posti la domanda “Che suono ha la libertà per me?”. Che risposta ti sei dato con gli altri componenti degli /handlogic?
Libertà è chiedersi: cosa ho bisogno di sentire in questo momento della canzone? Che suono ci deve essere? Cosa voglio dire? Come voglio che si sviluppi e dove deve arrivare?
E libertà è rispondersi: dovunque è necessario che vada, qualsiasi cosa io voglia per questa canzone, sarà la cosa giusta e perfetta e va bene così.
Può sembrare ovvio e scontato il fatto che quando si produce musica si voglia sentire un senso di realizzazione profonda e di piacere, ma in certi momenti può non esserlo affatto.
Liberare il processo creativo dalla paura del giudizio esterno – e quindi del proprio giudizio – è un percorso difficilissimo che richiede un ascolto costante e attento di se stessi (e la disintossicazione dai social e dal confronto ossessivo con il mondo esterno per un periodo può aiutare moltissimo).
A un certo punto per questo nuovo ciclo di musica ho provato a tornare un bambino che ascolta nella pancia della madre, un adolescente che scopre e scrive per la prima volta la musica che lo fa innamorare, e ho cercato di riprodurre quella sensazione nel mio io adulto.
La copertina del singolo prova a raccontare proprio quella sensazione.
Chi sono gli “esseri umani perfetti” a cui si fa riferimento? Nella società attuale esistono, secondo te?
Nel brano, “esseri umani perfetti” è un riferimento alla coda, quando c’è un cambio improvviso e brusco nel mood e nell’arrangiamento. È come se fosse una versione negativa e megalomane di me stesso che parla in quel momento, in un delirio di onnipotenza; il desiderio di libertà portato all’estremo può generare mostri, il lato oscuro della canzone. Se posso sentirmi libero allora posso essere Dio, posso essere meglio di tutti, posso essere amato da tutti, e allora lo voglio e la musica segue questa sensazione.
Il tema degli esseri umani perfetti sarà presente prepotentemente in altri pezzi, per questo per il momento mi taccio e tornerò sull’argomento a tempo debito!
A maggio uscirà il primo lavoro degli /handlogic completamente in lingua italiana. Senza fare spoiler, mi diresti tre aggettivi con cui lo descriveresti e perché?
Epico, perché è concepito come un lungo viaggio immersivo. Intimo, perché racconta di alcuni temi estremamente personali. Violento, perché vuole presentarsi senza chiedere il permesso, senza chiedere scusa: per chi sceglie di ascoltarmi, questo sono io.
Uno dei momenti più emozionanti del vostro percorso fino ad ora sarà stato sicuramente fare da opening act ai Verdena all’Alcatraz di Milano. Occasione che si ripeterà al Palazzo dello Sport a Roma in questa primavera. Cosa rappresenta la storica band nella tua vita musicale e personale?
I Verdena sono per me e tantissimi altri un simbolo di cosa significa fare musica libera in Italia, sono un modello assoluto di riferimento di integrità artistica e creatività visionaria, e soprattutto, sono ciò che sono perché non possono essere altro. Davanti ad artisti che condividono la propria verità in maniera così pura e gioiosa non c’è che da imparare.
Suonare prima di loro è semplicemente un sogno che diventa realtà.
Nel panorama musicale odierno, cosa significa, dal tuo punto di vista, essere liberi? È possibile? Ti senti libero di poter fare arte nel modo che preferisci con gli /handlogic?
Penso che la libertà totale sia una chimera, una fantasia infantile, e come tale, sia degna di essere coltivata e sublimata come tensione nell’arte, ma impossibile da realizzare concretamente nella società capitalistica.
Siamo schiacciati da un mercato musicale che non permette in nessun modo di esprimersi liberamente e di godere dei frutti del proprio impegno e lavoro. Siamo tuttora vittime di una delle più grandi bugie dei nostri tempi, lo slogan del “Just do it”, che in altre parole è l’idea del “se vuoi, puoi farlo”. È un rigurgito del sogno americano che ci ha inculcato sin da quando abbiamo memoria che con il duro lavoro si può ottenere tutto ciò che desideriamo, e che se non lo ottieni è solo per colpa tua.
La verità è che quasi nessuno ce la fa (qualunque cosa voglia dire!), il duro lavoro e il talento c’entrano relativamente rispetto alle condizioni materiali di nascita e al puro caso.
Per quanto mi riguarda mi sento in qualche modo libero di fare arte nel modo che preferisco perché ho il privilegio di poterle dedicare tempo e risorse, e l’obiettivo, come dicevo prima, è quello di ricordarsi il perché si fa una certa cosa e il perché ci si vuole esprimere.
Un motivo di liberazione per me è stato scollegare il progetto ⁄handlogic da ciò che per me è lavoro in senso stretto, separare nettamente i due ambiti, ciò che è espressione creativa e ciò che mi paga le bollette, perché al momento non vedo possibilità di risoluzione nel far combaciare una pura espressione artistica con le regole del mercato.
Detto questo, a una visione abbastanza scura e apocalittica del presente e del futuro non posso fare a meno di sentire una profonda e quasi irragionevole fiducia negli esseri umani e nel potere della comunità e dell’arte. Le persone hanno il potere di resistere a questo grande male, e credo ancora che fare canzoni e condividere suoni e parole sia uno degli strumenti più potenti che abbiamo.
/handlogic tour
10 marzo| Bologna | Covo Club
17 marzo | Modena | Kalinka Club
31 marzo | Roma | Palazzo dello Sport (w/@verdena_official )
6 aprile | Milano | Arci Bellezza
14 aprile | Genova | Pioggia Rossa Fest (@lsoa.buridda )
4 maggio | Roma | Wishlist
5 maggio | Salerno | DISSONANZE