– di Giuseppe L’Erario –
“The Glamour Tapes” è il titolo dell’ultima raccolta di registrazioni degli Aparticle. Le sezioni sono nate come improvvisazioni del quartetto jazz con venature rock e fusion, composto da Cristiano Arcelli al sax, Michele Bonifati alle chitarre, Giulio Stermieri alle tastiere ed Ermanno Baron alla batteria.
Il messaggio armonico-melodico che gli Aparticle trasmettono con questo disco è ben definito, sinuoso e fascinoso, proprio come indica il titolo dell’album, dal valore intrinseco e quasi subconscio.
La prima suite dei tapes si apre con “Seedsman”, una divertente frenesia sonora di Bonifati e Stermieri. L’intro di questa primissima parte di improvvisazione ricorda lo stile compositivo dei Gentle Giant di “Free Hand”, a cavallo tra il jazz-rock e il progressive; al minuto 03:34 si interrompe lo schema legato principalmente allo stile progressivo per dar spazio alla pura esternazione estemporanea.
Al termine di questo passaggio è il momento, come si suol dire, di “muovere” gli “Upper Limbs”. L’atmosfera voluta dal quartetto pennella un quadro che appare sempre più velleitario e ramificato; il tessuto sonoro si allarga sempre di più per dar spazio al profondo senso di instabilità che arriva attorno al sesto minuto (05:52 per la precisione) con “Labile” che, come dice il titolo stesso, è destinato all’imminente dissolvimento. Il brano sfocia poi nella “calma piatta” di “Not Even Equal” dal minuto 11:02, un passaggio caratterizzato da un bordone che riallaccia il tema all’incipit della suite chiudendo la prima parte dei tapes.
La seconda parte comincia con un evidente richiamo alla tradizione sud-americana attraverso la trasposizione di una cellula ritmica simile al Baião brasileiro. L’atmosfera è mistica e introspettiva, proprio come nei gialli e nei polizieschi anni Settanta. Il “crime jazz” e la fusion scelti come generi chiave di questa serie ricordano le registrazioni del celeberrimo album “Head Hunters” di Herbie Hancock, disco cruciale per la carriera del noto artista afroamericano.
La terza parte è a tutti gli effetti la coda di queste “fascinose registrazioni”. Guidata da un continuo flusso di coscienza sviluppato su un riff di sax baritono che fa da intro insieme alle percussioni e alle tastiere, crea un’atmosfera di sospetto; con un andamento quasi ossessivo e strutturalmente dilatato, si conclude la riflessione creativa della band.
Gli Aparticle, attraverso attraenti sonorità, mettono in discussione le strutture, le rendono eteree e assorbono la dinamicità risultante dalla commistione di più generi e la fanno propria. Il gioco di contrapposizioni sonore che il quartetto adotta nei “The Glamour Tapes” favorisce un risultato concreto ed affascinante, che garantisce efficacia a un lavoro degno di nota.