– di Michela Moramarco –
Giuse The Lizia è un cantautore ventenne dall’attitudine distruttivamente autentica, che si pone in modo diretto davanti alla propria condizione di disagio, condivisibile e sincera. Condizione che viene abilmente trasposta in musica: ed è così che nascono le “Parole peggiori”, ovvero il nuovo singolo dell’artista Giuse The Lizia. Si tratta di un brano di stampo soft-rock che non rinuncia a creare un’atmosfera pop, a rendere il brano molto potente. Ne abbiamo parlato con Giuse The Lizia e lui ci ha raccontato del suo nuovo brano e del suo percorso artistico.
Parliamo del tuo nuovo singolo “Parole peggiori”. Come è nato?
Il processo creativo di questo brano è legato ad un periodo non proprio felice della mia vita: il messaggio direi che è quello di portare fuori da me quel tipo di stato d’animo provato in quel periodo e credo di essere riuscito a ricreare quelle vibes e a trasmetterle.
Quindi parli di un periodo della tua vita non propriamente felice e allora vorrei chiederti: come ti poni verso la narrazione del disagio, ovvero un tipo di narrazione molto diffuso in questo tempo, portato avanti prevalentemente dalla generazione Z?
In effetti è una narrazione molto diffusa, ma perché il disagio lo è. Molti della mia generazione non stanno bene e attraversano dei periodi non proprio felici. Per quel che riguarda la mia narrazione, io cerco di partire sempre da me, quindi da quello che ho vissuto io e da quello che provo. Spesso scopro, quando la canzone prende vita, che parlo anche di cose che riguardano molte altre persone. Credo che il malessere ormai sia generalizzato.
Ma è difficile raccontare questo disagio trasponendolo in musica? Mi dici che trovi un riscontro anche abbastanza condivisibile per i tuoi brani, quindi, come ti poni verso il processo in cui metti i tuoi sentimenti nei testi e nella musica?
Sicuramente è un processo coraggioso, si tratta di capire prima sé stessi e cosa si vuole dire: ci vuole un momento in cui si mettono in ordine i pensieri. Dopodiché, quello che si vuole dire e il modo in cui si comunica diventa questione di autenticità.
E se è l’autenticità che permette l’immedesimazione di un ascoltatore, come si trova questa autenticità?
Secondo me l’autenticità si trova dicendo quello che senti, quindi senza cercare le parole che ti renderebbero più cool, ma trovando quelle che senti davvero. Il bacino da cui attingo per i miei testi è l’esperienza vissuta. Questo è un mio modo per essere autentico.
Il tuo EP ha riscosso ottimi riscontri nella critica e tu sei molto giovane. Cosa consiglieresti ad un coetaneo che si sta avvicinando alla musica o che vorrebbe avviare un progetto proprio?
Gli consiglierei di non avere una visione di qualcosa che va già oltre la propria musica e quello che si vuole comunicare. Gli direi di non fare i conti a livello di ascolti o a livello di cosa funziona. Il segreto è prendere il meglio di quello che si ha e di quello che si è e di metterlo in musica. Ritorniamo al discorso dell’autenticità.
A questo proposito, qual è il tuo rapporto con i social per la comunicazione con il pubblico?
Inizialmente non mi trovavo benissimo nell’utilizzo dei social, ma adesso capisco quanto mi possa essere utile nel mio percorso di artista, semplicemente perché si tratta di avere un rapporto più immediato o forse anche più stretto con chi ascolta. Si tratta di avere un rapporto più vero con le persone che ti seguono.
Parlando di percorso artistico, quali sono gli artisti con cui vorresti collaborare?
Parlando proprio da fan, ti direi Frah Quintale, che è uno dei miei punti di riferimento a livello musicale, quindi per l’uso delle parole e della metrica. Ma anche la scena dei miei coetanei spacca: ho già collaborato con Novelo, ma stimo tantissimo anche Memento, come anche gli PSICOLOGI. Lavorare con altre persone è sempre molto produttivo e stimolante per un artista e non mi limiterei da questo punto di vista.
Vorresti quindi continuare a dare valore a questa Generazione Z che ha voglia di spaccare il mondo, nonostante il proprio disagio?
Nonostante o forse grazie al proprio disagio, potremmo dire, un disagio che non è sempre capito, sicuramente perché non tutti lo vivono, o magari non tutti allo stesso modo.
Come credi che la tua musica sia percepita da un ascoltatore un po’ più adulto?
È una domanda interessante che in realtà non mi sono posto per un motivo molto semplice: a parte le persone adulte della mia vita, non ho un riscontro da molti altri adulti. Ti dico anche che nei miei ascolti c’è anche della musica “vecchia”, come il cantautorato italiano ma non vorrei risultare irriverente: il mio modo di scrivere è tale che anche una persona più adulta forse può trovare delle cose che sente più vicine. Suppongo.
Se si parla di autenticità, si può dire che questa scavalchi il concetto di generazione, o no?
Io credo che quando si dicono le cose che veramente ti appartengono e non forzi la mano, è possibile risultare davvero autentici.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Adesso stiamo lavorando ad un altro EP che uscirà prima dell’estate sicuramente e poi prevedo tanti live per questa estate: voglio suonare quanto più possibile.