– di Riccardo De Stefano.
Ph. Sara Rinaldi –
Alla fine del 2019 c’è da dire che si può chiedere poco al pop italiano. La strada è stata tracciata e le innovazioni sono rimandate al prossimo decennio. Se quello dell’indie pop/itpop non è più una nicchia, ma un vero e proprio linguaggio, un genere a sé, Gionata lo attraversa in tutte le sue sfumature.
Gionata con “America” è, infatti, perfettamente in scia con tutto quello uscito in questi anni: ben arrangiato, pensato e mirato, specificatamente per un certo tipo di pubblico e di “sensazione”. Tutto richiama i fratellini più grandi, come Cani, Calcutta, Gazzelle, perfino Giorgio Poi.
Se la critica principale è quella di non essere poi così “diverso”, non si può certo rimproveragli di aver fatto un disco “brutto”.
“L’America” di Gionata è un prodotto di godibile pop easy listening, non particolarmente provocatorio, ma di certo piacevole. Potrebbe essere il perfetto compagno delle vostre faccende domestiche, o il sottofondo perfetto di una serata tra amici. Per dire, ascolterei “8-bit“, lo strumentale, in loop senza lamentarmene.
Mettete su “L’America” e date una chance a Gionata. “Vans” è un buon brano che non ha molto in meno dei nomi suddetti, e “Frigorifero” (così come “Dinosauri“, “Male che vada” e compagnia cantante) prova a ergersi a piccolo inno del disagio generazionale.
Laddove il disco manca forse di coraggio – nell’osare qualcosa in più – riesce però nel raccontare un certo modo di vivere generazionale, e il cui unico difetto è di essere arrivato in ritardo, perché il Gionata songwriter non è inferiore ai mostri sacri dell’itpop.
Ascolta “L’America” qui: