di Valerio Cesari
Quando ascolto questo Carne la prima cosa che mi viene in mente è una serie di disservizi – vissuti in prima persona – a bordo di un Cotral o di un vagone Trenitalia: questo perché Giancane ha il merito, tra altri pregi, di riuscire a mettere nero su bianco quel sano cinismo quasi reazionario che non può che renderti simpatica la sua musica. In un’epoca in cui, specie nel nostro settore, ci si inventa e ci si fregia di titoli e categorie per lo più fuori dalla grazia di Dio, tanto vale definirsi “cantautori di merda”: l’espressione più bella e sincera che io abbia mai sentito da tanto tempo a questa parte. Carne, lo premetto, è un disco piacevole e senza troppe pretese: che a dispetto di una veste sonora molto scarna (ma intelligentissima), sovverte nei contenuti e nelle intenzioni la quasi totalità dei luoghi comuni che agitano il nostro quotidiano. Come uno stornello continuo, una parodia omogenea che non fa vittime o prigionieri dei suoi bersagli, scelti con astuzia e sapienza: quando non Giancane stesso, che ha deciso forse di prendersela con molti (tutti) nell’attesa di diventare anche lui un “vecchio di merda”. Nove brani di pura pancia che scavano nel presente e nel passato di un artista, che nella sua semplicità dimostra comunque una certa urgenza narrativa: quella ovvero di mettersi a nudo di fronte al suo uditorio immaginario, tanto che i singoli brani sembrano istantanee sì differenti ma dello stesso discorso. Ed il punto di forza di questa proposta credo stia modestamente proprio nella sincerità e nell’irruenza di fondo che la caratterizzano: aldilà delle esagerazioni, degli improperi e del rapporto, non proprio sanato, col creatore. Ed è difficile, veramente difficile, aggiungere altro: forse perché senza volersi soffermare oltremodo su qualche sfumatura, non c’è altro da dire se non che Carne è per lo meno un disco da ascoltare e del quale, per quanto magari non ci si innamorerà nel tempo, rimarrà comunque un segno. Un piccolo bignami sul come poter (e dover) far musica al giorno d’oggi: senza la pretesa di essere necessariamente originali, divertendosi e facendolo arrivare agli altri e con la convinzione di non dovere per forza di cose stupire il prossimo. A volte la linearità, anche lampante, è la più grande arma di sovversione. Parola di Giancane.