E poi c’è Ghita, una giovane donzella che con la sua fidata chitarra acustica ci regala dieci composizioni di uno spessore inaspettato…
“Per quello che sono” è il suo debutto sulla lunga distanza, un cd autoprodotto, frutto di anni di passioni, studi prima ed insegnamenti poi, ed esperienze live (il gestore di un noto locale romano l’ha definita una delle proposte live più interessanti e coinvolgenti della capitale). Uscito lo scorso aprile si presenta sicuramente come una delle più affascinanti releases del panorama italiano tout court, caratterizzato da commistioni funk e blues che declinano la canzone d’autore italiana in una creazione ricca di autenticità. È proprio l’autenticità ciò che Ghita trasmette: qui non c’è spazio per il plasticoso fashion di Nina Zilli o la sterile saccenza degli Acustimantico, tutto è autentico e sincero come la sua voce urgente o sospesa, come richiede l’occasione. Sincero come qualche imprecisione nell’esecuzione degli strumenti o qualche difettuccio nel missaggio, ma poco importa perché quando Ghita ci racconta le sue suggestioni ci porta direttamente lì sul posto tra mulini a vento, girotondi e tempi passati di moda.
Quello che più colpisce dell’intero cd sono le idee chiarissime circa gli intenti della nostra Ghita: dieci canzoni, dieci storie – se escludiamo la cover “Come pioveva” di Armando Gill aka Michele Testa – che entrano dirette nell’anima, dieci percorsi di cui è autrice di testi e musica, attraverso i quali ci accompagna per mano della sua voce, o per voce della sua mano con strabiliante ironia.
Non mi piace fare l’elenco dei titoli e analizzare canzone per canzone, quindi fate vostro questo cd e gioite.
E poi Ghita è anche bella.
Umberto Sartini