Nuovo disco per Davide Geddo, nuovo percorso nella musica pop d’autore italiana, nuova vicinanza alla vita e ai suoi tanti attori. Si intitola “Fratelli” uscito a Giugno per la Music FC e vede una collaborazione fitta di amici e colleghi e, pensando all’istinto di queste canzoni e alle tematiche di questo disco, trovo che abbiano più le sembianze di condivisioni più che mere collaborazioni lavorative. E ci troviamo dentro Fabio Biale, Paolo Bonfanti, Roberta Carrieri, Sergio Cocchi, Lorena De Nardi, Nico Ghilino, Folco Orselli, Michele Savino, Federico Sirianni, Rossano Villa e Alberto Visconti. Un disco di aria buona, di pelle, di ruvidità lasciate in carne e ossa, di felicità e di energia umana che non cerca la perfezione delle super produzioni. “Fratelli” è un disco davvero dylaniano, nelle intenzioni pulite più che nello senso “americano” dello stile. Diamo un valore ai sogni: un imperativo che apre questo disco e che teniamo stretto nelle tasche di tutti i giorni.
“Fratelli”, un modo per celebrare gli incontri d’arte e di vita o ci sono altre ragioni dietro un titolo simile?
Il fatto è che questo nuovo lavoro viene dopo la pubblicazione nel 2017 di “Alieni” che rappresentava un disco sulla difficoltà ad avere una comunicazione di qualità, sull’alienazione, sul non sentirsi parte di qualcosa. “Fratelli” invece rappresenta il lavoro complementare rispetto ad “Alieni”. Ricerca la somiglianza, la sintonia, il riconoscersi simili di fronte a un’emozione. Solo in seguito viene naturale celebrare l’incontro e un disco come Fratelli lo rivendica con orgoglio.
La voce di questo disco è randagia, spesso fuori tono, libera, cruda in un senso bello e vero del termine. Che cosa volevi raggiungere?
Volevo che uscisse il sangue, volevo che arrivasse il cuore dei pezzi; è un album più caratterizzato, più rotto, più pronto ad infilzare; proprio per dimostrare che la fratellanza, la resistenza, l’emozionarsi non sono purtroppo concetti di per se armoniosi ma spesso il risultato di lotta e di una indomita volontà.
Artisticamente questo disco segue molto con coerenza e stile il tuo modo di fare canzoni. Hai mai pensato a qualche rivoluzione?
Cerco di mantenere un rapporto naturale con la composizione, non voglio fare rivoluzioni tanto per farle. Tra l’altro ho una scrittura fin troppo eterogenea che anzi spesso vanifica la riconoscibilità dei miei pezzi. Se mi verrà naturale cambiare lo farò senza problemi. Ho tante, troppe idee. Vediamo, al mio livello è inutile adottare strategie comunicative o promozionali che prescindano dall’evoluzione dei miei percorsi.
Un disco simile mi arriva più come un momento per tirare le prime somme che come un attestato di trasformazione. Sbaglio?
In realtà per me ogni disco è stato un tirare le somme. E questo più degli altri. Tutto nasce dalla consapevolezza sempre maggiore di aver comunque in qualche modo tracciato un percorso personale ed artistico. Il cammino di per se implica l’andare oltre ma anche in qualche modo vedere se tutto questo andare stia lasciando qualcosa. Non saprei immaginare un futuro se i dischi che realizzo non mettessero un punto su alcune questioni.
A chiudere: quante ragioni buone oggi ha un cantautore per credere ancora nei dischi?
Il cantautore deve pensare a produrre buone canzoni e a realizzare un buon spettacolo basato su di esse; è un imperativo che si basa sulla fede in quello che fai e tutto il resto non conta. La modalità di vendita, il pubblico, internet, il covid e tutto il contorno sono aspetti che tu non devi calcolare perché se sei un artista devi fare l’artista, 24 ore su 24, vivendo in modo ricettivo e ricercando forme e sostanza delle tue canzoni in quello che vivi, in come lo vivi e nelle riflessioni che elabori.
Se poi per buone ragioni intendiamo ragionamenti economici lasciamo perdere.