Allo Stadio olimpico più di 40mila persone per un evento da cui Gazzelle non può tornare indietro (nel bene e nel male)
– di Riccardo De Stefano –
“What a long strange trip it’s been” avrebbe chiosato Jerry Garcia una cinquantina di anni fa.
Ma per rimanere in qualcosa che ha almeno un po’ di contesto, potrei riportare il commento, ancora assonnato, di un mio amico romano che vive in Svezia da tanti anni, che nel suo vocale sbadigliante dice “Ma che davero Gazzelle ha fatto… l’Olimpico?”
Perché sì, pensiamoci un attimo, Flavio Pardini in arte Gazzelle ha suonato allo Stadio Olimpico, lì dove qualche anno fa si ritirava Il Capitano, teatro delle finali di Coppa Italia e di tante altre cose.
GAZZELLE ALL’OLIMPICO
Se fosse ancora il 2018, beh, mi farebbe strano, a pensarci. Ma d’altronde proprio nel 2018 un altro eroe dell’indie andava proprio negli stadi: Calcutta non aveva perso tempo e già 5 anni fa si era appropriato dello Stadio di Latina e dell’Arena di Verona.
Ma 5 anni sono tanti, e di mezzo c’è stato il Covid. Unico superstite di quella stagione musicale pre-20’s è stato proprio Gazzelle, che ha saltato i Sanremi e le ospitate inopportune ed è sopravvissuto anche all’Indie, grazie, probabilmente, anche a una gestione oculata e intelligente da parte del management, che non lo ha spremuto e buttato via come fatto con tanti altri suoi colleghi.
Roma, 9 giugno 2023.
Gazzelle all’Olimpico ci è arrivato a piccoli passettini, che hanno visto, almeno a Roma, prima riempire il Palasport, poi il Rock in Roma (con buona pace dei boomer) e infine, in un’unica super-mega-data solitaria l’Olimpico.
Chiaro che poi, forse, il sold out non c’è stato e che in qualche modo, se lo vuoi, lo riempi, ma le 47mila persona presenti ieri al concerto diciamo che non erano ignari passanti.
Il colpo d’occhio di vedere uno stadio pieno è abbastanza impressionante già di suo, e Flavio ne è giustamente emozionato.
Come i grandi concerti richiedono, il palco gigante e la band allargata ce lo promettono immediatamente: più che un concerto sarà una grande festa, una grande celebrazione.
Per quasi due ore e mezza infatti Gazzelle canta e fa cantare il pubblico attraversando la sua discografia in lungo e largo, supportato dal perenne coro che non si lascia scappare una sillaba. Ma in fondo, se il rischio del “concertone karaoke” era inevitabile, l’effetto finale – in un luogo adatto e giusto, e anche contestualizzato – è stato, per una volta, persino godibile. Il connubio umano e artistico di Flavio e del suo pubblico diventa allora una vera e propria simbiosi, uno scambio umano per cui, se Gazzelle è il tuo artista preferito, quello di ieri diventa possibilmente il tuo “concerto della vita”.
TUTTI GLI OSPITI DELLA FESTA
A ben donde, d’altronde. In questa sorta di abbraccio collettivo non potevano mancare gli ospiti, cartina tornasole di dove Flavio vuole trovarsi: dopo il medley piano-e-archi, sale sul palco Marco Mengoni, accolto da un’ovazione che fa tremare lo stadio, e canta insieme a Flavio “Il meno possibile”, riuscendo a ritagliarsi il suo ruolo senza schiacciare (o meglio “annichilire”) vocalmente il suo collega più giovane.
Non c’è il tempo dei saluti che parte “Tuttecose”, con l’inevitabile apparizione di Mara Sattei, mentre qualche canzone dopo lo raggiugono gli amici macisti Mobrici (in “Sette”) e Fulminacci (“Milioni”), andando quindi a rimarcare ancora più l’appartenenza identitaria con la sua etichetta Maciste Dischi e il suo amore – più volte dichiarato – per Antonio “Gno” Sarubbi, suo manager, per Federico Paniccia suo assistente e amico e per Federico Nardelli, produttore.
I brani di Gazzelle continuano, con il loro intimismo disagista in minore sferzato ogni tanto da qualche uptempo, mentre Flavio si ritaglia il suo spazio personale alla Ed Sheeran dove si presenta solo chitarra e voce per cantare insieme allo Stadio.
È il preludio all’ultimo atto finale dello show che ha un’ultima grossa sorpresa. Gazzelle con le parole non cantate non ci fa molto, limitandosi a qualche rapido commento e saluto (“daje regà”, oppure “fate un cazzo di casino”, ma a fine concerto si commuoverà), eppure spende qualche parola in più per introdurre la sua prima cover, “L’amore conta”, domandandosi se, da qualche parte Ligabue lo sta sentendo.
E ovviamente a cantarla con lui sale proprio Luciano Ligabue – sempre più intenzionato a ingraziarsi il pubblico più giovane – per un duetto riuscito ed efficace, ideale passaggio di consegne tra due generazioni di artisti.
DALL’OLIMPICO NON SI TORNA INDIETRO
Mentre il concerto sfuma nel bis, e torno a casa, non posso che pensare a quanto sia cambiato tutto quanto. Fare lo Stadio Olimpico è uno step forse inevitabile ma rischioso, specialmente in un momento dove le produzioni costano cifre esorbitanti e i biglietti salgono di prezzo ogni giorno.
Un’unica super data per giocarsela, riuscendo nel risultato e segnando un punto fermo in questa stagione di live (pre-) estivi, e forse mettendo un palo da cui non si torna indietro. Certo che Flavio annuncia la nuova stagione di live 2024 nei palazzetti, ma dall’Olimpico non torni indietro, se non con una vittoria.
Che sia un punto di arrivo o di partenza, ultimo o primo Stadio della sua carriera, non lo sappiamo. Quello che è certo è che il Concertone è stata una grande celebrazione di una carriera che non ha mai prolassato nell’hype ingiustificato, che mantiene una direzione e una scrittura coerente e costante (forse troppo costante, chissà) e la passerella di amici e collaboratori come ospiti ci fa presagire dove vuole essere davvero Flavio, tra gli autori e cantanti che rimangono (come Mengoni e Ligabue), tra amici (come Masa, Fulminacci e Mobrici) e non tra le mode passeggere del momento, tra quei cantanti che tra 3 anni non sapremo più che fine hanno fatto.
Perché Flavio, Gazzelle, 6 anni fa c’era, e a quanto pare c’è ancora, per restare. Fan ed hater sono avvisati.
SCALETTA
- MEGLIO COSÌ
- VITA PARANOIA
- PERÒ
- SBATTI
- NERO
- E PURE…
- QUALCOSA CHE NON VA
- È ANDATA COME È ANDATA
- UNA CANZONE CHE NON SO
——— Entra il pianoforte Medley (piano archi e cori)
- NON MI RICORDI PIÙ IL MARE
- BLU
- COLTELLATA
- MELTINPOT
———
- IL MENO POSSIBILE (ft. Mengoni)
- TUTTECOSE (ft. Mara Sattei)
- FOTTUTA CANZONE
- ZUCCHERO FILATO
- SOPRA
- FLAVIO
- SETTE (ft.Mobrici)
- MILIONI (ft. Fulminacci)
- NON LO DIRE A NESSUNO
- SETTEMBRE
- COPRIMI LE SPALLE
——— Momento chitarra e voce : solo Flavio
- ORA CHE TI GUARDO BENE
- BELVA
- SCINTILLE
———
- SMPP
- LA PRIMA CANZONE D’AMORE
- SCUSA
- IDEM
- L’AMORE CONTA(ft. Ligabue)
- PUNK
- TUTTA LA VITA
———
BIS:
- QUELLA TE (chitarra e voce con Claudio Bruno alla chitarra)
- DESTRI
- NON SEI TU