Filippo Gabbi, in arte Gabber, scrive, da forma, ricerca il suono e ne fa melodia sfruttando non solo i cliché che dal pop di matrice digitale sfociano in diluite intenzioni R’n’B, ma ricerca… fa tanta ricerca modellando il suo personalissimo concetto di libertà. Si intitola “Luna” questo lavoro a cui perdoniamo anche l’ingenuità delle prime opere ma che ad ascoltarlo oltre il simbolismo del singolo di lancio, scavalca anche le belle attese e le normali soluzioni, almeno quelle maggiormente prevedibili. Lo mettiamo in circolo cercando di capirne di più…
Esordio discografico di grande impatto emotivo ma anche stilistico. Su questi piani che traguardi avevi da raggiungere?
Per quanto riguarda il lato emotivo, la cosa a cui maggiormente tenevo era esprimere me stesso, sia dal punto di vista delle strumentali sia dal punto di vista dei testi che raccolgono storie che mi hanno colpito e in dose molto più massiccia esperienze e interazioni con altre persone che porto dentro di me. Dal punto di vista stilistico invece volevo rappresentare con questo disco un Pop quanto più personalizzato possibile, non ho lesinato sulla ricerca della melodia che, per questo progetto, ho ritenuto fondamentale.
E li hai raggiunti col senno di poi o pensi che ci siano cose da cambiare nel prossimo futuro?
Nel cd tutto quello che si sente è voluto. Nel futuro invece, sicuramente cambierò il modo in cui rappresentare la mia musica, come ho fatto in passato. Sto già scrivendo cose nuove diverse da quelle che si sentono nel disco siccome che ho già in mente, almeno in parte, dove vorrei spingermi con la prossima musica che uscirà. Tuttavia sarà una cosa che richiederà tempo perché voglio lasciare spazio a Luna in questo momento.
La solitudine mi sembra che sia un tema circolare, che torna e che ritrovo spesso. Sbaglio?
No, non sbagli. Tutto il lato malinconico della musica di Luna è parte integrante del mio modo di essere. All’inizio quando scrivevo canzoni cercavo di contrastare questa mia parte perché non volevo dare questa impressione di me. Adesso sono molto più tranquillo a riguardo invece, quello che c’è nel mio carattere viene rappresentato nella mia musica e non c’è motivo di nasconderlo. Quello a cui tengo è che questo mio modo di essere non tenda a far diventare monotematiche le mie canzoni ma non penso proprio sia un problema al momento perché tutte le mie tracce sono ben distinguibili tra loro.
E forse dalla solitudine si passa al “Buio”, alla notte, alle ore scure in cui ritrovarsi. Anche questa è una mia impressione… che mi dici?
Dico che se potessi dormire di giorno ed essere produttivo la notte sarebbe più facile per me ma sfortunatamente il mondo funziona al contrario. Mi trovo a mio agio la sera, sicuramente la mia parte creativa trova più spazio, molto del disco è stato scritto in quelle ore, penso che si senta parecchio.
Dal vivo Gabber?
Stiamo mettendo giù degli eventi dal vivo per l’autunno/inverno adesso che sta riprendendo il normale funzionamento dei concerti, tengo le dita incrociate perché volevo portare Luna con un bellissimo format sui palchi.