Frank Bramato “abbandona” il pop italico e si dirige in America con un disco crudo, essenziale, esistenziale come sempre e come sempre socialmente velenoso, utile a sradicare il politicamente corretto. Artista di protesta ma forse, meglio a dirsi, di romantica consapevolezza che alla musica non chiede intrattenimento ma quel modo attento di essere svegli e non dormienti. “Suoni Crudi” non la manda a dire. Punto e a capo… anzi no: aspetto il vinile 10 pollici come sempre!!!
La canzone critica, socialmente utile, politica anche… oggi ha ancora un peso?
Bella domanda! Basta dedicare cinque minuti di una giornata qualsiasi alla visione di reel o video di un qualsiasi contenitore social. Infiniti individui che “si replicano” in una sorta di gara a chi è più stupido, alimentati da altri (infiniti) individui che incoraggiano i primi ad andare avanti creando un vuoto che diventa sempre più incolmabile. Premesso che tutti facciamo parte di questo sistema malato, si può ancora affermare che la canzone socialmente utile, critica, politica ecc. abbia ancora un senso? Ci sono due risposte a questa domanda: SI perché ho sempre creduto nelle alternative, alla resistenza, all’arte come anticorpo dei sistemi malati!
NO è cambiato tutto così in fretta, in ogni campo dell’esistenza, che questa enorme favola ha perso i suoi archetipi ed ognuno interpreta ogni ruolo generando un caos dove la comprensione viene annullata. Senza comprensione non può esistere alternativa, lotta o resistenza! Mi esplode la testa.
Hai sempre avuto un taglio simile… posso chiederti perché? Anche quando canti dell’amore in fondo lo fai per denunciare le abitudini…
Le parole più maltrattate in questi ultimi anni sono creatore e contenuti. Così li chiamano gli artefici del nulla: creatori di contenuti. Collegandomi al discorso di prima non esistono né “creazioni” (dunque creatività) né contenuti. Ogni artista ha la possibilità di scegliere se diventare parte di questo gioco perverso o cercare un’alternativa, anche solo per se stesso. Io tendo a trattare tutti gli argomenti con la stessa rabbia che mi spinge ancora a scrivere, rabbia che provo anche nei confronti di me stesso, un disagio che si traduce molto spesso in forti scompensi psicofisici e che da lo stesso “taglio” a tutto ciò che scrivo.
E tu personalmente come ti rapporti alle omologazioni e alle abitudini?
Abituarsi equivale a morire! Ovviamente questo è il mio punto di vista che può non contare nulla (come dice la mia psicologa). Il lavoro che cerco di fare quotidianamente fa parte di un percorso che non ha mai avuto riferimenti particolari. Detto questo, bisogna anche essere onesti. Venire alla luce è il primo atto di omologazione, tutto quello che viene dopo è solo un adattarsi a un sistema che volenti o nolenti ti inghiotte. Provo solo, attraverso
l’arte, a sfuggire di tanto in tanto a questa diabolica e santa routine e lo faccio attraverso la scrittura…poi però arriva la pubblicazione, gli store digitali, la comunicazione ed eccoci di nuovo nel girone infernale degli omologati.
Paradossalmente questo disco è molto più omogeneo del precedente. C’è meno varianza di stili e di scrittura. C’è molto TexMex e tutto quel che ne deriva. Perché? Mi sarei atteso cose trasgressione da Frank Bramato…
Avevo chiuso il secondo album alla fine di novembre dello scorso anno. Un album che seguiva in pieno le orme sonore e del testo di quello precedente. Alla fine di un concerto poco prima di Natale è nata una discussione tra colleghi; la solita accolita di rancorosi che sputavano sulla musica moderna, su quello che aveva generato a livello sociale e sulla totale mancanza di alternative. Così, dopo l’ennesimo bicchiere ho deciso che avrei accettato la scommessa di scrivere un album fresco, solare, da far uscire in estate che mantenesse però intatto il messaggio di denuncia indorando la pillola con motivetti facili da ascoltare. Ho chiamato Luca Nutricati, un genio solitario con il quale scrivo e completo ogni mio lavoro e gli ho proposto questa sfida. Dal giorno dopo eravamo al lavoro esplorando generi come il surf e il country, trovandoci stranamente a nostro agio. L’unico obiettivo era quello di sposare l’analogico cercando di creare sonorità fedeli alla musica “che è stata”. Del primo album rimangono due analogie: i testi e il fatto che il disco si apre con uno spoken word e si conclude con un omaggio. Ritornando ai miei problemi, questo per me rappresenta un enorme atto di trasgressione è stato come tradire se stessi ma nel modo più romantico. Ecco Suoni Crudi!
In chiusa: l’elettronica? Il futuro per te che sono ha o che suono dovrebbe avere?
Sul concetto di “elettronica” si potrebbero aprire centinaia di capitoli differenti. Dagli anni ottanta è in continua evoluzione, talvolta apre scenari incredibili e altre volte si riduce a una tavola piatta. Non ho una risposta a questa domanda, mi auguro solo che il suono del futuro sia in grado di regalare emozioni e che ognuno possa trovare il SUO.